Alla commemorazione dei cento anni dall’armistizio della Prima guerra mondiale il presidente serbo si è dovuto accomodare in una posizione defilata rispetto ai principali leader mondiali. Una situazione percepita in Serbia come umiliante che reca con sé dei messaggi politici importanti
Durante la cerimonia di commemorazione del centenario dell’armistizio della Prima guerra mondiale, tenutasi a Parigi domenica 11 novembre, il presidente serbo Aleksandar Vučić è stato costretto a stare tra gli ospiti meno importanti, invece che nella tribuna d’onore destinata ai leader politici europei e mondiali, tra i quali c’erano anche altri capi di stato dei paesi dei Balcani. A margine delle celebrazioni inoltre il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato, stretto la mano, parlato brevemente e si è fatto fotografare con il presidente kosovaro Hashim Thaçi.
Questi due episodi potrebbero essere interpretati come sviste nel protocollo, oppure come conseguenza dell’avventatezza e della scarsa agilità della diplomazia serba, ma è difficile sottrarsi all’impressione che si tratti di messaggi politici che riguardano la posizione internazionale della Serbia e sui quali Belgrado dovrebbe riflettere seriamente.
Quanto avvenuto a Parigi ha messo in evidenza i principali punti di debolezza della politica estera serba e la sua inadeguatezza rispetto alla realtà. Mentre la Serbia, negli ultimi due decenni, ha strenuamente lottato – pur non avendo avuto alcuna reale possibilità di successo – per mantenere il Kosovo entro i propri confini, la situazione nella regione e nel resto d’Europa si è evoluta seguendo il proprio corso. La maggior parte dei paesi della regione ha già aderito, o sta compiendo grandi sforzi per aderire all’UE e alla Nato, mentre la Serbia rimane “sospesa” tra Est e Ovest (Russia e Occidente).
Da questo punto di vista, c’è qualcosa di simbolico nel fatto che Vučić sia stato praticamente l’unico leader balcanico a non aver assistito alla cerimonia di Parigi dalla tribuna d’onore, insieme ai presidenti degli Stati Uniti, della Francia e della Russia. Per di più, il presidente russo Vladimir Putin, che Belgrado considera il suo principale alleato nella lotta per il Kosovo, ha accettato un breve incontro con Thaçi, facendo intendere che la politica estera russa potrebbe diventare più flessibile.
La distribuzione dei posti alla cerimonia di Parigi può dunque essere interpretata anche come un chiaro messaggio, rivolto a Vučić, che il tempo sta finendo e che, dal momento che gli altri paesi della regione stanno avanzando a grandi passi sulla strada dell’integrazione euro-atlantica, la Serbia a breve dovrà scegliere tra la lotta per il Kosovo e la prospettiva europea.
Vučić è ben consapevole di tutto questo, e lo conferma il fatto che ha evitato di reagire in modo brusco all’assegnazione dei posti a Parigi e non ha abbandonato la cerimonia, sopportando con pazienza una situazione che ha indubbiamente vissuto come un’umiliazione della Serbia e un’umiliazione personale.
A Vučić non resta che impegnarsi per accelerare i negoziati sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, pur essendo evidente che Belgrado gode di scarso sostegno da parte della comunità internazionale, mentre Pristina dispone di un ampio spazio di manovra.
Paradossalmente, Vučić è il primo presidente serbo ad aver dichiarato apertamente che la Serbia deve trovare un accordo con il Kosovo, compresa una demarcazione definitiva del confine, e che il mantenimento dello status quo, su cui insistono la maggior parte dei partiti dell’opposizione e la Chiesa ortodossa serba, potrebbe rivelarsi fatale per il futuro della Serbia, motivo per cui è necessario un adeguamento della linea politica sul Kosovo.
Questo approccio è stato fortemente sostenuto dalla comunità internazionale, e il presidente serbo ha sfruttato l’appoggio ricevuto per mostrarsi agli occhi dell’opinione pubblica locale come un uomo politico che gode di grande reputazione internazionale. Ora da Vučić ci si aspetta che metta in pratica la politica proclamata, e quanto accaduto durante la cerimonia a Parigi dimostra che la comunità internazionale non è disposta ad aspettare ancora a lungo.
Russia
Il fatto che Putin abbia accettato di incontrarsi con Thaçi dimostra che la Russia capisce perfettamente la situazione nei Balcani e che sta cominciando a prepararsi al futuro, aspettandosi senza dubbio un rafforzamento dell’indipendenza del Kosovo. Mosca continuerà ad appoggiare la Serbia, ma penserà innanzitutto ai propri interessi.
Il giornalista e analista britannico Tim Judah ritiene che la Russia trarrebbe grande beneficio se il negoziato tra Belgrado e Pristina si concludesse con il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte della Serbia e con uno scambio di territori tra i due paesi. “La Russia potrebbe usare il precedente del Kosovo per tentare di assicurare il raggiungimento di simili compromessi per i territori secessionisti da essa controllati in Moldavia (Transnistria) e in Georgia (Ossezia del Sud e Abkhazia)”, ha dichiarato Judah all’agenzia Beta.
“Quando nel 2014 la Russia ha annesso la Crimea, Putin ha citato come precedente il caso del Kosovo. […] Quindi, è logico aspettarsi che anche in futuro userà il caso del Kosovo a vantaggio della Russia”, ha spiegato Judah. A suo avviso, l’incontro tenutosi a Parigi tra Thaçi e Putin è un chiaro segnale che la Russia è disposta ad appoggiare l’idea di uno scambio di territori tra Serbia e Kosovo.
“Putin ha detto che appoggerà qualsiasi accordo raggiunto tra Serbia e Kosovo. […] Se fosse contrario [a uno scambio di territori tra i due paesi] lo direbbe chiaramente, come ha fatto la Merkel, ma lui ha detto che appoggerà qualsiasi accordo tra Belgrado e Pristina”, ha affermato Judah.
Riassumendo, si potrebbe dire che Putin, accettando di incontrarsi con Thaçi, ha voluto mandare un messaggio a Vučić di continuare a impegnarsi nei negoziati su una demarcazione territoriale tra Serbia e Kosovo, facendo capire che la Russia non ostacolerà il raggiungimento di un simile accordo.
Dal momento che Vučić è fortemente favorevole al proseguimento dei negoziati tra Serbia e Kosovo e all’idea di una demarcazione territoriale tra i due paesi, la presa di posizione di Putin potrebbe giovargli e indurlo a iniziare a insistere di fronte all’opinione pubblica locale sul fatto che anche la Russia, come principale alleato della Serbia, appoggia fortemente la sua politica.
Tuttavia, questa situazione potrebbe anche avere conseguenze negative per la Serbia, perché sta diventando chiaro che la Russia è sempre meno restia ai contatti con le autorità kosovare, pur non riconoscendo l’indipendenza del Kosovo. Quindi, nel prossimo futuro Mosca potrebbe adottare un atteggiamento amichevole, finora riservato esclusivamente a Belgrado, anche nei confronti di Pristina, e questo inevitabilmente comporterà un indebolimento dell’appoggio russo alla lotta per mantenere il Kosovo entro i confini della Serbia.
L’opposizione serba, e soprattutto i partiti di orientamento nazionalista, potrebbero usare questa situazione come pretesto per accusare Vučić di aver deluso l’appoggio della Russia e di aver tradito il Kosovo. Tuttavia, questo non creerà necessariamente un grande problema politico per la leadership al potere, dal momento che Vučić è di gran lunga il politico più popolare in Serbia e che, secondo i sondaggi dell’opinione pubblica, la questione del Kosovo non rientra tra i problemi prioritari che la Serbia deve affrontare. Vučić è molto più preoccupato per il fatto che pian piano sta perdendo il suo status di principale leader politico nei Balcani, mentre gli altri paesi della regione stanno intensificando i propri sforzi per risolvere i principali problemi politici ed economici.
Francia
L’episodio riguardante l’assegnazione dei posti durante la cerimonia di Parigi è particolarmente doloroso per Belgrado, perché la Serbia ha compiuto un enorme sacrificio durante la Prima guerra mondiale, combattendo dalla parte giusta, come una fedele alleata della Francia, e questa alleanza storica, su cui si insiste ormai da un secolo, riveste grande importanza nelle relazioni tra i due paesi. Pertanto è comprensibile che quanto accaduto a Parigi abbia suscitato una certa confusione tra l’opinione pubblica e una parte dell’élite politica serba.
Per quanto le autorità di Belgrado si sforzino di sminuire l’importanza degli episodi legati al trattamento riservato alla Serbia durante la cerimonia di Parigi e per quanto l’ambasciatore francese a Belgrado Fréderic Mondoloni cerchi di riparare le cose e minimizzare i potenziali danni politici, resta il fatto che la Serbia è stata marginalizzata durante la cerimonia e questo non è sfuggito a nessuno.
Nella sua prima reazione alla distribuzione dei posti a Parigi, Vučić ha espresso forte insoddisfazione, al contempo facendo sapere di non aver avuto altra scelta se non quella di accettare le cose così com’erano. Il giorno successivo, in un’intervista rilasciata a Prva TV, l’ambasciatore francese in Serbia Fréderic Mondoloni ha definito l’assegnazione dei posti a Parigi come “una mossa molto maldestra”, dicendo di essere dispiaciuto per quello che è successo e chiedendo al presidente Vučić e al popolo serbo di accettare le scuse.
La leadership serba ha accolto con grande sollievo la dichiarazione dell’ambasciatore francese, cercando di sfruttarla per suggerire all’opinione pubblica locale che in realtà non è successo nulla di grave. Vučić ha subito replicato alle scuse dell’ambasciatore, ringraziandolo “per le belle parole e per il rispetto dimostrato nei confronti delle vittime serbe”.
Nel tentativo di minimizzare gli effetti negativi del trattamento riservatogli a Parigi, Vučić ha detto – rivolgendosi ai giornalisti al termine della cerimonia – che ha parlato e ha stretto la mano, ben due volte, al presidente statunitense Donald Trump. “[Trump] ha detto che i serbi sono un grande popolo e che io rappresento un grande popolo. Ne sono fiero perché egli, accanto a Putin, è la più grande star. Lo ha detto davanti a 25 persone”, ha affermato Vučić. Per poi aggiungere che ha parlato due volte anche con il presidente francese Macron, mentre con la cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato per 40 minuti. Questa retorica è indirizzata all’elettorato serbo scarsamente informato, che continua a credere che le autorità di Belgrado godano di un forte sostegno da parte della comunità internazionale.
La leadership serba riuscirà senza grandi difficoltà, e con l’aiuto del media mainstream sotto il suo controllo, a “sotterrare” l’episodio accaduto a Parigi, molto imbarazzante per Vučić. A suo favore gioca il fatto che a dicembre il presidente francese si recherà in visita ufficiale in Serbia. Sarà un’occasione per rilanciare il tema dell’amicizia e degli stretti rapporti che legano i due paesi. Tuttavia, il presidente serbo potrebbe subire danni politici. L’opposizione non è sufficientemente forte per poter inficiare seriamente la posizione del governo, ma in un prossimo futuro potrebbe sfruttare al proprio vantaggio la debolezza dimostrata dalla leadership al potere nell’affrontare la questione del Kosovo.