Belgrado, Serbia. Proteste dopo il voto (30.12.2023) © Milos Todorovic/Shutterstock

Belgrado, Serbia. Proteste dopo il voto (30.12.2023) © Milos Todorovic/Shutterstock

Migliaia di irregolarità e brogli alle elezioni serbe dello scorso dicembre, ma per il presidente Vučić sono state le elezioni più regolari della storia serba. L’opposizione chiede l’annullamento della tornata nella capitale Belgrado. A rischio la democrazia del paese

24/01/2024 -  Antonela Riha

In estrema sintesi l’esito delle elezioni anticipate in Serbia dello scorso 17 dicembre sarebbe il seguente: nonostante le migliaia di denunce di irregolarità e brogli elettorali, è stato ufficialmente dichiarato che a vincere la tornata elettorale è stato il Partito progressista serbo (SNS), con il presidente Aleksandar Vučić capolista.

L’SNS ha conquistato 129 seggi sui 250 complessivi del parlamento serbo , contro i 65 dell’opposizione filoeuropea riunita nella coalizione “La Serbia contro la violenza”. Al terzo posto il Partito socialista serbo (SPS) con 18 seggi, mentre la coalizione conservatrice NADA e una lista della destra filogovernativa denominata “Noi – Voce del popolo” hanno ottenuto 13 seggi ciascuna. I restanti seggi sono ripartiti tra i partiti delle minoranze nazionali (ungherese, croata e bosgnacca) e una lista che si autodefinisce “Partito russo” e che è riuscita ad entrare in parlamento presentandosi come minoranza nazionale.

Lo scorso 17 dicembre si è votato per il rinnovo del parlamento nazionale e di quello della provincia autonoma della Vojvodina. Lo stesso giorno si sono tenute anche le elezioni amministrative in 65 municipalità e comuni: tra questi anche la capitale Belgrado dove la formazione del nuovo consiglio comunale resta ancora incerta. Stando alle parole del presidente Vučić, l’epilogo della situazione a Belgrado dipenderà da Branimir Nestorović e dalla sua lista “Noi – Voce del popolo”, in cui molti vedono un fenomeno politico artificiosamente creato dal regime. A seconda dell’intensità delle pressioni esercitate dall’opposizione e dalle istituzioni internazionali riguardo alle prove di brogli elettorali, sarà quindi Vučić a decidere se a Belgrado si insedierà una nuova giunta oppure il voto verrà ripetuto.

Elettori fantasma

L’ong CRTA, che si occupa del monitoraggio delle elezioni, ha documentato una serie di brogli nei seggi elettorali in tutta la Serbia. La maggior parte delle manipolazioni ha riguardato l’elenco degli aventi diritto in cui sono stati iscritti migliaia di elettori fantasma, ossia di persone – provenienti dalla Republika Srpska, dalla Croazia, dal Kosovo, ma anche dai comuni non interessati dal voto – che hanno dichiarato una residenza falsa.

Residenze sono state dichiarate in luoghi occupati da capanni, garage, uffici dell’Azienda idrica della Serbia, persino in una centrale telefonica . A Belgrado, in un edificio incompiuto e abbandonato sono stati registrati ben 129 aventi diritto. Di questi il 96% non aveva la residenza anagrafica a Belgrado, quindi non poteva nemmeno votare alle amministrative nella capitale.

Un altro caso emblematico – emerso da un’analisi dell’elenco degli aventi diritto condotta da CRTA – è quello di un uomo con un cognome insolito, Riković, il quale, insieme ai suoi sette familiari, è stato iscritto in ben sei seggi elettorali in tre città diverse.

Le analisi di CRTA, come anche quelle condotte dai partiti di opposizione, sono piene di informazioni su massicci spostamenti di elettori. Stando alle stime dell’opposizione, solo a Belgrado circa 40mila persone hanno dichiarato una residenza fittizia.

Per Raša Nedeljkov, direttore di CRTA, le manipolazioni rivelate sono solo la punta dell'iceberg . Un’analisi preliminare ha riscontrato gravi irregolarità nel 10% dei seggi elettorali a Belgrado e nel 5% dei seggi alle elezioni parlamentari. CRTA ha individuato i meccanismi di spostamento organizzato degli elettori nel 14% dei seggi.

Già nel corso della giornata del voto, mentre i media raccontavano di autobus che trasportavano cittadini della Republika Srpska a Belgrado per votare, è diventato chiaro che era in corso una manipolazione. Se ne sono resi conto anche gli osservatori internazionali, denunciando pubblicamente quello che hanno visto. Alcuni membri del Parlamento europeo hanno chiesto un'indagine internazionale , invitando i paesi membri dell’UE a non riconoscere i risultati delle elezioni finché l’inchiesta non sarà chiusa.

Dopo un dibattito al Bundestag , alcuni parlamentari tedeschi hanno chiesto che le elezioni a Belgrado venissero ripetute. “Ci aspettiamo che un paese che ha avviato i negoziati di adesione all’UE nel 2014, sia capace di organizzare elezioni eque e libere. Sembra invece che le recenti elezioni in Serbia siano state sistematicamente manipolate dallo stato”, si legge in un comunicato firmato dai portavoce per la politica estera del gruppo parlamentare dell’SDP del cancelliere Olaf Scholz, dell’Alleanza90/Verdi e del FDP. I parlamentari tedeschi hanno anche invitato la Commissione europea a riconsiderare il suo atteggiamento nei confronti del governo di Belgrado.

La leadership serba ha respinto tutte le accuse e il presidente Vučić, reagendo alle critiche avanzate da istituzioni internazionali, ha dichiarato che quelle dello scorso dicembre sono state “le elezioni più eque della storia serba”.

La battaglia per Belgrado

La coalizione “La Serbia contro la violenza” ha incentrato la sua lotta politica post-elettorale su Belgrado, chiedendo che le elezioni nella capitale vengano ripetute. L’opposizione si è rivolta anche alla Corte costituzionale, dopo che la Commissione elettorale comunale (GIK) ha respinto tutte le denunce di irregolarità elettorali. Stando ai risultati definitivi resi noti dalla GIK, la lista guidata da Aleksandar Vučić ha ottenuto 49 seggi sui 110 complessivi del consiglio comunale di Belgrado, contro i 43 della coalizione “La Serbia contro la violenza”. A seguire la lista NADA (7 seggi), “Noi – Voce del popolo” (6) e i socialisti (5).

Fino a Capodanno le forze di opposizione sono scese in piazza ogni giorno per protestare contro i brogli elettorali. Alcuni esponenti dell’opposizione hanno fatto lo sciopero della fame, chiedendo l’annullamento delle elezioni e sporgendo denunce alle autorità competenti. Si è riusciti così a internazionalizzare la lotta contro i brogli, portandola all’attenzione non solo delle istituzioni internazionali, ma anche di alcuni media mondiali molto influenti.

Il fatto che la coalizione “La Serbia contro la violenza”, nonostante il controllo dei media da parte del regime e una campagna elettorale piuttosto breve, sia riuscita a ottenere un risultato migliore rispetto alle elezioni precedenti – conquistando 902.450 voti – la rende un attore importante nella scena politica serba (la lista di Vučić ha ottenuto 1.783.701 voti). Ciò che manca a questa coalizione è una chiara idea di quale strada ora intraprendere. Sembra che l’opposizione filoeuropea giochi la carta della ripetizione del voto a Belgrado, il mazzo però è in mano a un imbroglione.

Alle ultime elezioni Vučić ha indebolito il Partito socialista serbo (SPS) e ha letteralmente distrutto la destra che, non essendo riuscita a unirsi prima delle elezioni, non ha nemmeno superato la soglia di sbarramento. A quanto parte, Vučić ha appoggiato e ora continua a manipolare il partito della destra filorussa guidato dal dottor Nestorović. Così alle prossime elezioni amministrative che si terranno in primavera (quelle dello scorso dicembre sono state le elezioni anticipate e hanno interessato solo 65 comuni) potrà nuovamente far migrare gli elettori e gridare vittoria.

Per come stanno le cose oggi, se le elezioni a Belgrado non dovessero essere annullate, ogni nuova tornata elettorale sarebbe svuotata di qualsiasi significato e saremmo sempre più lontani dal principio fondamentale della democrazia per cui il potere non è mai illimitato e può passare di mano attraverso elezioni eque e libere.