Dopo più di sei mesi dalle elezioni, la Serbia finalmente ha un nuovo governo. Senza grandi spiegazioni il presidente serbo Aleksandar Vučić ha già annunciato che il nuovo esecutivo durerà solo due anni e sarà guidato per la terza volta consecutiva da Ana Brnabić
A tutt’oggi non è ancora chiaro perché si sia aspettato che passassero più di sei mesi dalle elezioni dello scorso 3 aprile per formare un nuovo governo. Anche il nuovo parlamento si è insediato solo tre mesi dopo le elezioni. Il presidente Vučić solo alla fine di agosto ha annunciato di voler riconfermare la premier uscente Ana Brnabić per un altro mandato, che però, come ha sottolineato Vučić, “avrà una durata ridotta e nel 2024 ci saranno alcuni cambiamenti all’interno del governo”. Il presidente ha motivato tale decisione col fatto che tra due anni dovrebbero tenersi le elezioni amministrative, senza però spiegare cosa c’entrino queste ultime con gli organismi di potere a livello nazionale.
Sopravvivere all’inverno
Pur trattandosi di un compito spettante alla premier in pectore, è stato il presidente Vučić ad annunciare, lo scorso 23 ottobre, la composizione del nuovo esecutivo. Qualche giorno dopo, il 26 ottobre , i ventotto ministri del nuovo governo hanno prestato giuramento davanti al parlamento. La nuova compagine governativa è composta, oltre che dal Partito progressista serbo (SNS) che guiderà la maggior parte dei dicasteri, anche dal Partito socialista serbo (SPS), da Serbia unita (JS), dal Partito dei pensionati uniti della Serbia (PUPS) e da tre partiti delle minoranze nazionali: il Partito democratico del Sangiaccato (SDP), il Partito di giustizia e riconciliazione (SPP) e l’Unione democratica dei croati della Vojvodina (DSHV). Otto ministri del nuovo esecutivo non sono membri di alcun partito politico.
Presentando il programma del suo governo, la premier Ana Brnabić, giunta al suo terzo mandato consecutivo, ha affermato che il settore energetico sarà una priorità assoluta del governo, aggiungendo poi che la guerra in Ucraina “è diventata quasi l'unica questione di politica estera”. La premier ha poi ribadito che la Serbia non introdurrà sanzioni contro la Russia, ma che al contempo continuerà il suo percorso verso l’adesione all’Unione europea. Brnabić ha infine sottolineato che il dialogo finalizzato alla risoluzione della questione del Kosovo rimarrà una delle priorità del suo governo.
Il discorso della premier ha suscitato però molto meno interesse rispetto all’affermazione di Vučić, secondo cui “in queste circostanze, abbiamo cercato di creare un governo capace di sopravvivere all’inverno davanti a noi, forse anche a quello dell’anno prossimo, tutto qui. Poi avverranno alcuni cambiamenti sostanziali, dai vertici di governo in giù”.
Pur avendo menzionato le elezioni locali e la guerra in Ucraina, Vučić non ha mai fornito alcuna spiegazione convincente della sua decisione di ridurre il mandato del nuovo esecutivo. Si specula sulla possibilità che uno dei motivi alla base di tale decisione sia legato alle elezioni amministrative a Belgrado. Vučić ha infatti discusso con Dragan Đilas, uno dei principali esponenti dell’opposizione e leader del Partito di libertà e giustizia (SSP), della possibilità di anticipare il voto nella capitale. Le recenti mosse di Vučić sono in piena sintonia con la sua politica, focalizzata sin dal 2012 – quando il suo partito è salito al potere – su un’incessante campagna elettorale, rimpasti di governo e elezioni anticipate.
Dall’altra parte, è innegabile che le pressioni per portare a termine i negoziati sulla questione del Kosovo si stiano intensificando, tanto che lo stesso Vučić ha iniziato a parlare apertamente della richiesta di adesione del Kosovo alle Nazioni Unite. Questo è uno degli argomenti affrontati nell’ambito dei negoziati tra Belgrado e Pristina che dovrebbero portare ad un’intesa che impegnerebbe i due paesi a non ostacolarsi a vicenda nel percorso di adesione alle organizzazioni internazionali. Un eventuale raggiungimento di tale intesa significherebbe implicitamente che la Serbia riconosce l’indipendenza del Kosovo. Quindi, per preparare il terreno ad un simile scenario, Vučić continua a portare avanti la sua perenne campagna elettorale, cercando di riconfermarsi come leader indiscusso del paese. Le elezioni sono uno dei meccanismi utilizzati da Vučić per convincere i cittadini che la Serbia sta progredendo, che le condizioni di vita sono sempre migliori e che siamo ad un passo dall’entrare in “un’epoca d’oro”, obiettivo che Vučić ha promesso di raggiungere anni fa.
La continuità
A giudicare dalla sua composizione, dal nuovo esecutivo non ci si può aspettare che adotti una politica nuova, ossia che assuma una chiara posizione rispetto alle direzioni strategiche perseguite dalla Serbia. Mentre a capo del ministero degli Esteri c'è Ivica Dačić, leader dell’SPS, considerato filo-russo, tra i ministri del nuovo esecutivo ci sono anche alcune figure che hanno sempre mantenuto, almeno finora, un atteggiamento filo-occidentale. Alcuni ministri del governo precedente, come Nebojša Stefanović, coinvolto in vari scandali, e Zorana Mihajlović, che si è più volte scontrata apertamente con alcuni colleghi, sono invece rimasti fuori dal nuovo esecutivo.
Resta ancora da vedere su quale posizione Vučić piazzerà il suo stretto collaboratore Aleksandar Vulin, leader del Partito socialista (PS) ed ex funzionario del partito JUL di Mira Marković, moglie di Slobodan Milošević. Negli ultimi anni, Vulin ha guidato vari ministeri, da quello per il Kosovo e Metohija a quello della Difesa, passando per il ministero del Lavoro. Nel governo precedente è stato ministro dell’Interno. Vulin è riuscito ad attirare l’attenzione su di sé con alcune affermazioni ostili nei confronti dei paesi vicini e con la sua propensione a promuovere la politica di Putin, ma anche a fornire un sostegno incondizionato a ogni decisione di Vučić. Pur essendo leader di un partito del tutto insignificante, Vulin continua a ricoprire incarichi istituzionali di massima importanza. Ora si specula sulla possibilità che venga nominato a capo dell’intelligence serba (BIA).
L'ex capo della BIA, Bratislav Gašić , è invece stato nominato ministro dell’Interno, e questa è probabilmente la più importante novità per quanto riguarda la composizione del governo che si è appena insediato. Gašić iniziò la sua carriera negli anni Novanta, quando, nel periodo in cui l’allora Jugoslavia era sottoposta a sanzioni internazionali, si era arricchito grazie all’importazione di caffè, per poi dedicarsi all’export-import di derivati del petrolio. È noto come uno dei principali finanziatori dell’SNS e uno dei fedelissimi del presidente Vučić.
Gašić è riuscito a “sopravvivere” a numerosi scandali, tra cui spicca un incidente in cui persero la vita sette membri dell’equipaggio di un elicottero militare che nel 2015 era stato impiegato per trasportare un neonato ferito. Una parte dell’opinione pubblica serba aveva criticato Gašić per aver ordinato al pilota di decollare a Belgrado, nonostante le condizioni meteorologiche avverse. Tuttavia, nessuno è mai stato chiamato ad assumersi la responsabilità per quando accaduto e col tempo l’intera vicenda è stata “dimenticata”.
Un’altra vicenda, che invece è tuttora attuale, riguarda la scoperta di una piantagione di cannabis nel villaggio di Jovanjica. Su un terreno agricolo di un’azienda nota per la produzione di ortaggi biologici sono state trovate 1,6 tonnellate di cannabis. Le indagini che ne sono seguite, il processo penale (ancora in corso) e alcune inchieste giornalistiche suggeriscono l’esistenza di stretti legami tra il proprietario della piantagione e Bratislav Gašić.
Qualche anno fa Gašić è stato destituito dall’incarico di ministro della Difesa dopo aver insultato una giornalista, dicendole, nel corso di una conferenza stampa, “amo le giornaliste che si inginocchiano facilmente”. Sull’onda delle proteste delle associazioni dei giornalisti e di una parte dell’opinione pubblica, rimasta sconcertata da tale atteggiamento sessista, Gašić è stato destituito, per poi essere subito nominato a capo della BIA. Negli ultimi giorni ha suscitato scalpore, soprattutto tra le associazioni femministe, la notizia secondo cui Gašić è stato nominato membro del Comitato di coordinamento per la parità di genere .
Quindi, sembra che il nuovo governo continuerà a perseguire la politica tracciata da quello precedente. Il presidente Vučić spera di riuscire a mantenere alta la sua popolarità, conquistata grazie al suo modo di governare autoritario, continuando a cercare alleati sia ad ovest che ad est. A causa della guerra in Ucraina, la Serbia deve stare molto attenta a come si comporta nei confronti della Russia, dalla quale dipende totalmente dal punto di vista energetico, ma anche per quanto riguarda la soluzione della questione del Kosovo, considerando il fatto che Mosca dispone del potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Allo stesso tempo, l’intera regione, compresa la Serbia, sembra sempre meno entusiasta nel perseguire il percorso dell’integrazione europea. Nella sua ultima relazione sui progressi compiuti dalla Serbia nel processo di adesione all’UE, la Commissione europea ha messo in guardia sul carattere sempre più autoritario della leadership di Belgrado, nonché sul peggioramento della situazione in alcuni settori, inviando così un chiaro messaggio a Vučić e al suo governo, che devono decidere come e in quale direzione guideranno la Serbia.