Metropolita Amfilohije Radović (foto Media Centar Belgrado)

Metropolita Amfilohije Radović (foto Media Centar Belgrado )

Una nuova legge sulla libertà religiosa in Montenegro ha innescato una serie di tensioni tra Podgorica e Belgrado. Al centro del contendere questioni identitarie, religiose ma anche politiche

14/01/2020 -  Dragan Janjić Belgrado

La nuova legge sulla libertà religiosa, recentemente approvata dal parlamento montenegrino, ha fatto salire la tensione tra Belgrado e Podgorica. Le autorità montenegrine hanno accusato Belgrado di alimentare le proteste contro l’approvazione della nuova legge e di voler in tal modo intromettersi negli affari interni del Montenegro. La leadership serba, dal canto suo, ha respinto tali accuse, sostenendo che il governo di Podgorica sta cercando di reprimere i diritti dei serbi in Montenegro.

Alcuni esponenti dell’opposizione serba speculano sulla possibilità che la polemica sia stata creata artificiosamente dal presidente montenegrino Milo Đukanović e dal suo omologo serbo Aleksandar Vučić allo scopo di distogliere l’attenzione dagli scandali di corruzione che li vedono coinvolti. Resta tuttavia il fatto che le autorità di Podgorica e Belgrado si sono lasciate andare a un duro scambio di accuse, compromettendo in tal modo i rapporti bilaterali tra i due paesi. C’è stato un tentativo di scambio di note di protesta tra i due governi, ma sia l’ambasciatore serbo a Podgorica sia l’incaricato d’affari dell’ambasciata montenegrina a Belgrado hanno rifiutato di ricevere le note, ritenendole infondate.

Durante le proteste contro la nuova legge sulla libertà religiosa che ormai da settimane si svolgono in diverse città del Montenegro, compresa la capitale Podgorica, ma anche durante le manifestazioni organizzate a Belgrado e in altre città serbe a sostegno della Chiesa ortodossa serba (SPC) in Montenegro, si è parlato della necessità di proteggere “il martoriato popolo serbo” che vive al di fuori della Serbia. Una retorica che ha ricordato quella del regime di Slobodan Milošević e, come atteso, ha spinto le autorità di Podgorica a continuare ad accusare la Serbia di voler intromettersi negli affari interni del Montenegro.

A protestare contro la nuova legge sulla libertà religiosa sono soprattutto la Chiesa ortodossa serba (SPC), molto influente, che ha organizzato diverse manifestazioni di massa, e alcuni partiti di filo-serbi del Montenegro, attualmente all’opposizione. Quest’anno in Montenegro si terranno le elezioni politiche e la controversa legge sulla libertà religiosa potrebbe trovarsi al centro della campagna elettorale, rischiando di polarizzare ulteriormente la società e di approfondire la crisi istituzionale in Montenegro, dove ormai da quattro anni non c’è quasi alcun dialogo tra governo e opposizione, che non riescono a raggiungere un accordo sulle condizioni necessarie per lo svolgimento di elezioni democratiche.

Visita

Quando, alla fine dell’anno scorso, in Montenegro è iniziata a salire la tensione a causa dell’annunciata adozione della nuova legge sulla libertà religiosa, il governo serbo si è tenuto in disparte. Quando poi le proteste contro la legge hanno cominciato a intensificarsi, i tabloid belgradesi e altri media vicini al governo serbo hanno riportato la notizia che il presidente Vučić avrebbe espresso il desiderio di recarsi in visita privata in una delle città nel nord del Montenegro alla vigilia del Natale ortodosso (che, secondo il calendario giuliano, si celebra il 7 gennaio). Poco dopo Vučić ha confermato la sua intenzione di visitare il Montenegro.

Le autorità montenegrine non hanno mai espressamente dichiarato di voler impedire l’annunciata visita del presidente serbo, ma alcuni esponenti del governo di Podgorica e i media filogovernativi hanno criticato l’intenzione di Vučić di recarsi in Montenegro alla vigilia di Natale, interpretandola come parte integrante dei tentativi da parte della Serbia di immischiarsi nella politica interna del Montenegro. Due giorni prima del Natale ortodosso Vučić ha reso noto di aver rinunciato alla visita in Montenegro. “Volevo andarci, ma dopo tutto quello che è successo non lo farò. Non voglio suscitare scontri. […] Ho capito, dalle reazioni di alcuni gabinetti [politici] in Montenegro, che la mia intenzione di venire come cittadino privato, senza tenere discorsi politici, senza far niente, solo di venire nella mia chiesa, non è vista di buon occhio dal regime montenegrino”, ha dichiarato Vučić.

Nella parte settentrionale del Montenegro, confinante con la Serbia, l’opposizione filo-serba gode di un forte sostegno della popolazione, per cui la visita di Vučić avrebbe inevitabilmente assunto una connotazione politica, anche nel caso in cui il presidente serbo si fosse limitato ad assistere alla cerimonia di accensione del badnjak [legno di quercia], senza tenere alcun discorso. Vučić probabilmente avrebbe tratto vantaggio da una simile visita in un momento in cui si trova costretto a fare concessioni nei confronti di Pristina e ad affrontare le accuse provenienti dagli ambienti nazionalisti che gli rimproverano di non badare agli interessi dei serbi che vivono in altri paesi della regione.

Il fatto che Vučić sia stato costretto a rinunciare alla visita in Montenegro ha suscitato reazioni negative da parte di alcuni esponenti del governo serbo. Il ministro degli Esteri Ivica Dačić ha dichiarato che i montenegrini che possiedono la cittadinanza serba devono appoggiare la posizione di Belgrado, altrimenti potrebbero vedersi revocata la cittadinanza. Dačić ha precisato che questa non è la posizione del governo, bensì una sua opinione personale, ma ciononostante la sua affermazione ha suscitato, come atteso, forti reazioni da parte dell’opposizione serba, del settore non governativo e delle autorità di Podgorica.

Chiesa

Ci si aspettava che la Chiesa ortodossa serba invitasse Vučić a visitare il Montenegro, ma tale invito non è mai arrivato. Vučić ha reso nota la sua decisione di rinunciare alla visita dopo un incontro con il patriarca della Chiesa ortodossa serba Irinej che ha appoggiato l’idea di Vučić di recarsi in visita in Montenegro ma non è riuscito a convincere il metropolita montenegrino Amfilohije ad approvare la visita di Vučić. Nella gerarchia ecclesiastica ortodossa il patriarca è al di sopra dei metropoliti, ma la Chiesa ortodossa serba attribuisce grandi poteri decisionali a vescovi e metropoliti, motivo per cui il patriarca Irinej non ha potuto ordinare al metropolita Amfilohije di approvare la visita.

Quindi, si potrebbe dire che in questo caso sia il patriarca Irinej che il presidente Vučić hanno subito una sconfitta. Il metropolita Amfilohije e altri rappresentanti della Metropolia montenegrina insistono sul fatto che le proteste contro la nuova legge sulla libertà religiosa non devono assumere connotazioni politiche. L’impressione è che il metropolita Amfilohije – noto come strenuo oppositore di Aleksandar Vučić, ma anche del presidente montenegrino Milo Đukanović – abbia valutato bene la situazione e i rapporti di forza e che abbia fatto tutto ciò che era in suo potere per impedire che le proteste venissero politicizzate.

L’obiettivo del metropolita Amfilohije è quello di ottenere sostegno, nella sua lotta contro la nuova legge, da parte di tutti gli ortodossi in Montenegro – sia quelli che si dichiarano montenegrini che quelli che si dichiarano serbi – che non contestano l’indipendenza del Montenegro e ritengono che l’atteggiamento nei confronti della Chiesa ortodossa serba e della tradizione serba in Montenegro sia una questione identitaria che non può essere risolta con forza. Partendo da tali premesse, Amfilohije sta cercando di presentare se stesso e la Chiesa ortodossa serba, agli occhi dell’opinione pubblica montenegrina, come una forza positiva, anziché un fattore di disturbo, come alcuni esponenti del governo montenegrino definiscono la SPC.

L’intera vicenda è legata anche ai dissidi interni alla Chiesa ortodossa serba, ovvero al Sinodo [l’organo supremo della SPC]. Il metropolita Amfilohije fa parte della corrente radicale che si oppone al regime di Belgrado, mentre la corrente guidata dal patriarca Irinej intrattiene buoni rapporti con il governo serbo. Proprio grazie a queste differenze il metropolita Amfilohije è riuscito a incidere sull’andamento delle proteste e a opporsi all’arrivo di Vučić in Montenegro.