Marmotte © mhp/Shutterstock

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Il prossimo 24 aprile la Slovenia torna a votare: ancora una volta, come nell'eterno ripetersi nel tempo del film "Ricomincio da capo", il centrosinistra sfida il premier Janez Janša cercando volti nuovi da proporre agli elettori. Stavolta, tocca a Robert Golob

15/04/2022 -  Stefano Lusa

Dopo due anni di campagna elettorale durissima la Slovenia si prepara ad andare al voto. In queste ultime settimane il confronto è sembrato addirittura stagnante in quella che oramai è diventata la lunga attesa del 24 aprile, quando gli sloveni sceglieranno se continuare a seguire la strada tracciata da Janez Janša e dai suoi alleati o se tornare alla consueta gestione dei partiti di centrosinistra.

Oramai, come nel celebre film “Ricomincio da capo ”, di tornata elettorale in tornata elettorale si assiste nel perenne ritorno del Giorno della marmotta. Lo scenario è sempre lo stesso. Il centrosinistra incapace di elaborare un programma unitario per affrontare i problemi del paese, non può far altro che puntare sull’antijanšismo. Era accaduto nel 2008 quando Borut Pahor e i Socialdemocratici vinsero le elezioni dopo quattro anni di governo Janša. La riottosa coalizione non ci mise molto a litigare, tanto che si andò ad elezioni anticipate.

Nel 2011 per vincere si giocò la carta del volto nuovo. A scendere in campo fu il sindaco di Lubiana Zoran Janković. L’ex manager della Mercator, una nota catena di supermercati, era stato pregato in ginocchio dai maggiorenti del centrosinistra di scendere in campo. Conquistò la maggioranza relativa, ma non riuscì a formare il governo, visto che le logiche della politica nazionale slovena sono ben diverse da quelle con cui si gestisce il consiglio di amministrazione di una azienda. Le redini del paese andarono nuovamente a Janša, ma il suo governo si sgretolò in una serie di polemiche e di scandali che coinvolsero anche Janković, tanto che il bastone del comando non passò a lui, ma ad Alenka Bratušek, che proprio nella sua lista era stata eletta. In ogni modo si era aperta la stagione dei partiti personali, quelli dove l'unico programma sembra essere la figura del leader.

Rottamato Janković toccò a Miro Cerar. Il docente di diritto internazionale era stato subito presentato come l’erede naturale di Janez Drnovšek, lo storico leader della Democrazia liberale che aveva portato la Slovenia verso la Nato e l'Unione Europea. Era quello il periodo in cui si raccontava la transizione di Lubiana dal comunismo alla democrazia come la “storia di un successo”. Quella di Cerar fu una vittoria strabiliante, mai nessun partito aveva potuto contare su tanti deputati in parlamento. Il suo governo fu il solito disastro, tanto che si tornò nuovamente alle urne anticipatamente.

A quel punto la palla passò a Marjan Šarec un comico passato alla politica, che da anni, oramai, faceva il sindaco di Kamnik, una pittoresca località della provincia slovena. Lui era stato proiettato sulla scena politica nazionale dalla sua candidatura alle presidenziali, dove diede molto filo da torcere a Borut Pahor, che alla fine vinse con una maggioranza risicata. Anche per Šarec non mancò chi lo paragonò a Drnovšek. Non vinse le elezioni, ma considerato che nessuno (o quasi) voleva andare al governo con Janša, toccò a lui dar vita alla nuova coalizione di centrosinistra. Non durò a lungo. Prima la Sinistra (radicale) tolse il suo appoggio all’esecutivo e poi Šarec stesso ebbe la “brillante” idea di rassegnare le dimissioni. Il suo calcolo era quello di andare alle urne e di raccogliere i voti del resto dei partiti di orientamento liberale presenti in parlamento. A quel punto, di fronte alla prospettiva di sparire dalla scena politica, quest’ultimi non ci misero molto ad allearsi con Janša. In sintesi, la Sinistra e Šarec avevano fatto il miracolo: Janša era resuscitato e di colpo era diventato nuovamente l’unico uomo possibile a cui affidare il governo.

Adesso ancora una volta per il centrosinistra l’obiettivo è quello di fermare Janša. Il volto nuovo da proporre alla cittadinanza è quello di Robert Golob, che fino a ieri guidava una florida azienda a partecipazione statale che si occupa di distribuzione elettro energetica. La sua discesa in campo è apparsa inevitabile sin dal momento in cui non è arrivata la sua riconferma ai vertici dell’impresa. Un altro miracolo. Il governo di centrodestra ed i suoi alleati avevano scartato dalla loro mano la figura che serviva al centrosinistra. Dicono che potrebbe essere il nuovo Drnovšek. Quello che è certo è che raccoglierà tanti voti in quell’area indefinita del centro liberale sloveno, che dalla dissoluzione della Democrazia Liberale è in cerca di un punto di riferimento.

I sondaggi dicono che potrebbe essere il vincitore relativo delle elezioni e che potrebbe passare in pochi mesi dalla guida di un consiglio di amministrazione a quella di un governo. Dipenderà dai piccoli partiti, quelli che faticheranno a superare la soglia di sbarramento del 4%. Saranno proprio loro a decidere se Janša continuerà a guidare il paese o se la barra del timone dovrà essere affidata a Golob. Secondo le rilevazioni, la vittoria del centrosinistra non dovrebbe essere in discussione, ma non è detto che i sondaggi riescano ad intercettare il voto della Slovenia profonda, quella meno propensa a dichiarare pubblicamente le proprie preferenze politiche e quella più attaccata ai valori tradizionali. Sarà in ogni modo ancora una volta un voto contro. Lo schema potrebbe, però, non funzionare all’infinito.