Inde, Argo, Tovarna Rog: spazi comuni, di socialità, che non dipendono da logiche commerciali. Il mondo dei centri sociali in Slovenia è in fermento
Lubiana, Capodistria, Isola: la capitale e alcune città importanti della Slovenia hanno conosciuto, negli ultimi mesi, un notevole fermento per quello che riguarda i “centri sociali” e gli squat. Località diverse e storie differenti accomunate però da un comune denominatore: l’esigenza di disporre di spazi per la cultura e l’aggregazione autonomi e che non dipendano da logiche commerciali.
Ad aprire una nuova stagione di impegno sociale in questo senso è stata Capodistria nel febbraio di due anni fa, quando un gruppo di giovani ha occupato pacificamente una piccola parte di una fabbrica in rovina e abbandonata da anni, alla periferia della città, dando vita allo squat Inde, che significa “Inspired by destruction” (pensando ai ruderi dell’ex fabbrica occupata) ma richiama anche l’idea di “Independent”.
La sfida si è dimostrata subito vincente: sin dall’inizio Inde ha saputo coagulare intorno a sé tante energie creative, raccogliendo consensi e attenzione in un territorio piuttosto vasto come quello della costa slovena, che conta città importanti come Capodistria, Isola e Pirano, e centri turistici come Portorose, coinvolgendo e attirando pubblico anche dalla vicina Italia.
L’autonomia di finanziamento e di gestione si sono dimostrati strumenti vincenti in un momento storico come questo, in cui i finanziamenti esterni, sia pubblici che privati, vengono meno; un’altra caratteristica di Inde è stata il non volersi legare a singoli personaggi della cultura e dell’attivismo sociale, preferendo proporsi sempre come un collettivo.
Collettivo, autogestione, termini che ci riportano indietro nel tempo, ma le esigenze di ritrovarsi per fare musica, organizzare una mostra o un corso, vedere un film, o semplicemente poter stare insieme, al di fuori delle situazioni commerciali o istituzionalizzate, sono esigenze costanti, che ormai non toccano più solo i più giovani in senso stretto, ma riguardano un po’ tutti. Nei suoi due anni di attività, Inde ha organizzato un centinaio di iniziative, tra concerti, dibattiti, mostre, corsi di vario tipo, e si è dato da fare anche in campo sociale, con iniziative per i senza casa e i migranti.
L’esempio di Inde ha portato l’anno scorso alla nascita dello spazio Argo nella vicina città rivierasca di Isola, in quello che è un grande spazio industriale abbandonato, uno spazio che prima della Seconda guerra mondiale ospitava la fabbrica italiana Arrigoni. Fin dall’inizio lo squat Argo non ha avuto vita facile e ha da subito dovuto fare i conti con frequenti arrivi delle forze dell’ordine per lo sgombero del posto, motivato anche da problemi di sicurezza. Dopo l’ennesimo sgombero lo scorso gennaio Argo ha dovuto forzatamente interrompere la propria attività.
Mentre la costa viveva questo fermento sociale, la seconda parte del 2016 ha visto nella capitale la lotta per mantenere attivo uno spazio sociale ormai storico, quello della Tovarna Rog, lo squat insediatosi da tempo in una ex fabbrica di biciclette, ennesima fabbrica abbandonata e fatiscente. Nonostante la vicinanza con la zona storicamente underground della Metelkova, peraltro anch’essa periodicamente minacciata da sgomberi, quando si è prospettato il rischio di una chiusura dello spazio per fare posto a una ristrutturazione edilizia dell’area, Tovarna Rog ha dimostrato la propria vitalità reagendo con una serie fitta di attività e iniziative, riportate con un certo rilievo sui media sloveni, arrivando alla vittoria, con il mantenimento in vita del centro.
Se a Lubiana il tempo pare volgere al bello, nelle ultime settimane nuvole nere si sono addensate invece sul futuro di Inde. Lo spazio era fatiscente da molti anni a causa del fallimento della fabbrica che aveva sede nei locali, con conseguenti complicate vicende giuridico-burocratiche che avevano portato all’impossibilità di vendere gli spazi sul mercato. Adesso però la vicenda legale relativa alla ex fabbrica, che sembrava congelata sine die, ha subito un’improvvisa accelerazione, con l’avvio da parte delle autorità locali di un'iniziativa di bonifica da amianto in tutta l’area e la conseguente minaccia di chiusura dello spazio Inde, peraltro già bonificato a suo tempo dagli stessi occupanti. Mentre il collettivo Inde continua a cercare un dialogo con le autorità, le attività proseguono, ma con ancora maggiore incertezza per il futuro e con il timore concreto di veder vanificato il proprio lavoro.