Il recente scontro verbale tra istituzioni slovene e croate e il presidente del PE Tajani ha portato le prossime elezioni europee al centro del dibattito pubblico sloveno. Basterà per sconfiggere l'alto astensionismo previsto?
Il 25 febbraio scorso si è fatto un ulteriore passo avanti in Slovenia verso le elezioni europee, con l'apertura dei termini per la presentazione delle liste elettorali. Sottoscrivendo il decreto che fissa ufficialmente la data delle elezioni, il presidente della Repubblica Borut Pahor ha dichiarato che a suo avviso "queste elezioni saranno le più importanti elezioni europee da quelle del 1979, data della loro introduzione", per poi aggiungere: "Durante la campagna elettorale e al suo termine non mi risparmierò di sottolineare, da presidente della Repubblica, quanto l'idea europea e l'Unione europea siano importanti per il nostro interesse nazionale e per gli interessi della Repubblica della Slovenia".
Il prossimo 26 maggio saranno chiamati alle urne circa 1,71 milioni di elettori sloveni per eleggere otto deputati europei. In considerazione dell'alto tasso d'astensione che ci si aspetta basteranno probabilmente 30.000 voti per ottenere un seggio da eurodeputato: e questo porta ad una concorrenza molto elevata che vede sullo sfondo alleanze saltate, ambizioni personali e nascita esponenziale di nuove liste.
La destra conta le truppe, la sinistra è in cerca di una visione
Nel 2014 erano state le formazioni conservatrici di destra e centro-destra a trionfare: sugli otto seggi sloveni a Strasburgo, cinque erano terminati ai partiti affiliati al Partito popolare europeo (PPE), uno ai Socialdmemocratici (S&D), uno ai Verdi ed uno all'Alleanza europea di centro ALDE.
E ad oggi si prospetta una conferma anche se con protagonisti diversi: dopo aver raccolto il 45,43% dei voti nel 2014, i sondaggi accreditano la destra solo del 32,08% dei voti. Il partito democratico (SDS) dell'ex premier Janez Janša, dopo la vittoria di misura nelle legislative del 2018 sta perdendo terreno. Il partito tenterà nuovamente la carta della retorica anti-migranti e di destra, tanto vicina a quella di Viktor Orbán, ma con connotazioni di euroentusiasmo spinto. Le due altre formazioni conservatrici, i cristiano-democratici di Nuova Slovenia (N.Si) e il Partito popolare sloveno (SLS), non ripresenteranno la loro alleanza del 2014 e si presenteranno in ordine sparso con, rispettivamente il 6,30% e l'1,89% nei sondaggi.
A sinistra i social-democratici (SD) tentano di evitare la disfatta del 2014 e giocano sul sicuro avendo messo in testa alla lista la molto popolare eurodeputata uscente Tanja Fajon, vice-présidente del gruppo S&D al Pe. Sono tallonati a sinistra da Levica (La sinistra) una delle poche formazioni nel paese ad opporsi apertamente alla politica economica di Bruxelles e per il momento accreditata nei sondaggi con l'8,56% delle intenzioni di voto. Levica si è assicurata una certa visibilità con la candidatura della sua leader Violeta Tomič a Spitzenkandidat della sinistra europea, al fianco del sindacalista belga Nico Cué.
Esplosione del centro
Al centro dello scacchiere i liberali è probabile riescano nell'impresa di condurre una campagna elettorale tutti divisi e nonostante questo portare a casa un numero record di eurodeputati. Sembrava scontata un'alleanza tra il partito del primo ministro Marjan Šarec (LMŠ) e i due più piccoli partiti in coalizione al governo e guidati da ex primi ministri, il partito del centro moderno di Miro Cerar (SMC) et il partito di Alenka Bratušek (SAB).
Ma dopo aver tergiversato a lungo Marjan Šarec ha deciso di partire solo all'avventura, confortato dai sondaggi che danno un alto tasso di sostegno al governo, il 56,1% dopo aver sfiorato il 70%, e intenzioni di voto che danno il suo partito al 22,72% e la ancor lontana prospettiva di portare a casa tre seggi sugli otto disponibili. "Abbiamo un solo desiderio, quello di cambiare la Slovenia e con essa anche l'Europa", ha dichiarato all'agenzia stampa STA. "Le prossime elezioni saranno un'occasione per dimostrare di cosa siamo capaci".
Assieme al partito dei pensionati (DeSUS), che esprime attualmente un eurodeputato, saranno almeno tre le liste di centro proposte agli elettori: un gesto tattico comprensibile da parte del LMŠ, ma probabilmente una delle più grandi occasioni mancate per la famiglia liberale per presentarsi unita davanti agli elettori. "Gli abbiamo proposto di candidarci assieme perché riteniamo che gli ideali liberali siano importanti per l'Europa", ha recriminato Cerar, uscito a mani vuote dall'ultima riunione.
Astensione, nemico numero 1
Chi verrà messo in testa alle liste, potrà però influire notevolmente sulla situazione e l'attuale Commissaria ai Trasporti, la molto corteggiata Violeta Bulc, non ha fretta nel dichiarare le proprie intenzioni.
La moltiplicazione delle liste rischia di togliere la voce alle formazioni più piccole. "L'aritmetica elettorale potrebbe portare ad una situazione in cui tutti otterranno dei voti, ma non a sufficienza per un seggio", sottolinea Alem Maksuti, analista dell'Istituto per il management politico dalle colonne del quotidiano Večer. "Un gran numero di voti andrà probabilmente perso".
In una Slovenia dove il 56% dei cittadini dichiara di non fidarsi dell'Unione europea, la partecipazione alle elezioni europee non ha mai superato il 30%. Nel 2014 è stato segnato il triste record del 24,5% di affluenza, ben al di sotto della media europea che si era attestata al 42,6%. I cinque anni trascorsi da allora non hanno fatto che confermare le disillusioni degli sloveni rispetto all'Europa: con la perdita di influenza di Lubiana a Bruxelles, con le cocenti sconfitte diplomatiche rispetto alla Croazia sul confine marittimo nel Golfo di Pirano e la protezione geografica del vino Terrano, con la vittoria di Pirro sulla salsiccia carniolana e a seguito delle comunicazioni difficili con la Commissione europea in materia di privatizzazione del settore bancario.
Impreparati ai prossimi appuntamenti
In risposta al rischio di massiccio astensionismo il Parlamento europeo ha deciso, in Slovenia, di sostenere il progetto transeuropeo #tokratgremvolit («stavolta voto ») con lobbying presso influencer sloveni, una campagna attiva degli eurodeputati uscenti, operazioni di comunicazione delle istituzioni europee sul territorio. E rimane poi da verificare quanto il recente conflitto con il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani sul tema delle commemorazioni di Basovizza avrà un impatto sul tasso di partecipazione o meno.
Nel quadro delle prossime manovre politiche a livello europeo la Slovenia rischia di essere poco più che una valvola d'aggiustamento tra i grandi paesi e tra i due grandi gruppi del PPE e dei S&D, ai quali il primo ministro sloveno non appartiene. Il voto di maggio non è per questo però insignificante per la Slovenia: il paese avrà occasione di ottenere per un proprio commissario, un portafoglio rilevante in seno alla Commissione. E non da ultimo l'appuntamento è per la presidenza slovena del Consiglio dell'Ue prevista per il secondo semestre del 2021, il futuro impegno diplomatico più di rilievo per il paese. E la Slovenia, come ammesso dal suo stesso primo ministro, su questo sarebbe già in ritardo.