Direzione nord per questo nuovo viaggio in treno. Più precisamente la destinazione è Most na Soči, incantevole villaggio nell'entroterra sloveno. Il luogo non è così frequentato come il vicino lago di Bled, ma ha molto da offrire
(Pubblicato originariamente da Courrier des Balkans il 2 settembre 2022)
Per l'ultima storia della mia serie estiva sui treni dei Balcani, non c'è nostalgia per l'età dell'oro delle ferrovie jugoslave, né esaltazione quando una vecchia locomotiva entra in stazione... Quella che doveva essere una gita bucolica e tranquilla si è trasformata in un viaggio più complicato del previsto.
Da Zagabria a Lubiana, sulla carta, sono due ore abbondanti di treno. In realtà, ci si avvicina più alle tre ore. Si tratta di un pisolino del segnalatore, di macchinari troppo vecchi o di infrastruttura in decadenza? No, niente del genere. La causa del costante ritardo (sono almeno dieci anni che prendo questa linea ogni due mesi) è sempre la stessa: il passaggio di frontiera. E non un confine qualsiasi, quello di Schengen.
Anche se in estate la dogana è più rapida - non sia mai spaventare i turisti -, a Dobova non scherzano. Sul lato croato inizia già ad essere spiacevole. Ricordo ancora la guardia di frontiera che cercava di capire come io, con un passaporto francese con un nome francese, potessi avere il coraggio di parlare la sua lingua, tra l’altro con l'accento del vicino diventato nemico. Lo scambio è stato breve e gelido, ma abbastanza lungo da permettere al funzionario di insultare le mie supposte origini cetniche…
A Dobova quest'estate ho poi assistito a una scena divertente. Una turista londinese partita da Vienna e intenzionata a raggiungere Dubrovnik ha mostrato, al confine, solo la foto del suo passaporto, sul suo smartphone. Accanto a lei c'era il suo chihuahua in una cesta di vimini. Il doganiere stava quasi per farla passare ma poi, ripresosi, ha cambiato idea e l'ha rimandata in Austria. Quando la turista ha spiegato che aveva intenzione di tornare a casa in aereo l’intera carrozza è scoppiata a ridere...
Sabato sera, sul treno Zagabria-Lubiana, non abbiamo però riso affatto. Puntuale alle 21.27, era pieno di gente. È stato difficile trovare un posto a sedere. Dopo tre carrozze, lo scompartimento è pieno solo per metà… Beh, metà con esseri umani e metà con i loro bagagli. Il bagaglio di una signora è deliberatamente distribuito per evitare qualsiasi promiscuità con altri esseri umani. Ma a me non dispiace la promiscuità, soprattutto se infastidisce questa viaggiatrice che sembra aver dimenticato che il treno è di tutti.
- Posso aiutarla a mettere la valigia nel portabagagli, signora?
- Che posto ha? Avete una prenotazione? In caso affermativo, verificate se vi trovate al posto giusto.
- Non ho una prenotazione, ma nello scompartimento dovrebbero esserci tre posti liberi.
Con un'espressione cupa sul volto, si rende conto dell'ovvio. "Fai attenzione, la mia valigia è fragile". Una vera "Purger" (lo dice lei) che torna a Monaco di Baviera dove vive e lavora da quando il marito dalmata l'ha lasciata. Per un croato definirsi “Purger” è come per un francese dichiarare di essere parigino ed esserne orgoglioso. Gli altri miei compagni di viaggio sono due tedeschi di Amburgo, con dei biglietti Interrail vinti a una lotteria della Deutsche Bahn, e un italiano di quarant'anni che sta scrivendo furiosamente sul suo Mac e parla bene l'inglese, il che è sempre abbastanza sorprendente.
Alla fine, la breve mezz'ora che ci separa dal confine con la Slovenia passa più velocemente del previsto. Nel corridoio tre sagome, fino a quel momento furtive, si agitano e i toni delle voci si alzano. Due uomini tra i 25 e i 35 anni sembrano rimproverare un terzo. Entra la polizia di dogana croata. I tre uomini cercano di allontanarsi. Ma senza successo. Scavalcando i passeggeri seduti o sdraiati che hanno preso posto nel corridoio, i poliziotti guadagnano inesorabilmente terreno. Quando li raggiungono dicono, freddamente: "Documento" (do-kou-mènte). I tre tengono in mano dei passaporti verdi (pakistani?) piuttosto logori. Sembra che non sia tutto "a posto".
Senza dubbio anche loro sono finiti nel poco attraente edificio bianco, destinato principalmente alla detenzione di migranti irregolari, dove ero finito anch’io. Qualche anno fa ho avuto la sfortuna di farvi visita. Ero in possesso di due passaporti: quello vecchio, dichiarato rubato, ma in realtà perso in fondo alla borsa, e quello nuovo, fatto in emergenza. Però i passaporti rubati vengono segnalati all'Interpol e la cosa mi è costata sei ore di custodia di polizia, da solo, in una cella collettiva. Un brutto ricordo.
Un po' disturbato dalla scena, arrivo a Lubiana poco dopo mezzanotte. Appuntamento a Metelkova: birre, amici, sonno.
La domenica s’annunciava pastorale: Lubiana - Sezana - Nova Gorica - Most na Soči, il sublime paesino vicino a Bled non ancora devastato dal turismo. Un percorso boscoso a forma di U che attraversa la Slovenia settentrionale, lontano dalla costa, con numerosi ponti che contrastano con il panorama erboso e verde. È una situazione ben diversa dall'aridità del Montenegro e della Dalmazia. Durante il tragitto, i treni sloveni sono completamente vuoti.
Trascorro la giornata da solo, a volte su vecchi diesel SŽ classe 711, motrici prodotte in Baviera dalla Messerschmitt-Bölkow-Blohm quasi mezzo secolo fa, a volte su moderni FLIRT Stadler svizzeri. A due stazioni di distanza da Most na Soči, un uomo sloveno con uno stile di abbigliamento del tutto particolare condivide con me la sua passione per la bicicletta. Immaginate una gara trasmessa in diretta, con il volume al massimo in un vagone arancione: crea l'atmosfera. O la rovina, a seconda dei punti di vista.
Infine, arriviamo a Most na Soči. Un po' in ritardo. Molto in ritardo. Tanto che abbiamo solo 18 minuti per rimanere lì, prima di dover ripartire. Fortunatamente il viaggio, come spesso accade, basta a se stesso. A Most na Soči l'acqua del lago è di un blu intenso e i boschi di un intenso verde. Sicuramente ci sono bei posti da vedere nell'Unione Europea... Se avete il passaporto giusto.