Domenica scorsa si è tenuta in Transnistria una consultazione referendaria. Il 97,1% dei cittadini si sarebbe dichiarato a favore dell'indipendenza dalla Repubblica di Moldova. Ma nessuno, tranne Mosca, ha riconosciuto né i risultati, né il referendum stesso
La Transnistria - regione situata tra la riva sinistra del fiume Nistru (Dnestr) ed il confine ucraino - staccatasi nel 1990 dalla Repubblica di Moldova, ha votato in un referendum, non riconosciuto dalla comunità internazionale, a favore dell'indipendenza e dell'integrazione nella Federazione Russa. Mentre la Moldova cerca di recuperare il territorio perso, la regione diventa sempre più pericolosa per i futuri confini dell'UE. Considerata un El Dorado per traffici di ogni genere, la Transnistria sembra ormai sfuggire ad ogni controllo.
Al referendum, svoltosi domenica scorsa, gli elettori (circa 390.000 su una popolazione totale di 555.000 abitanti) sono stati chiamati a scegliere tra due opzioni. La prima: proseguire nella politica di riconoscimento internazionale della regione e l'unificazione con la Federazione Russa. La seconda: ritornare a far parte della Repubblica di Moldova, da cui 16 anni fa la Transnistria si è staccata in seguito ad un conflitto durato quasi due anni.
Il leder del regime separatista di Tiraspol, Igor Smirnov, ha chiesto agli elettori di fare una "scelta corretta": "Pensate come risponderete alle domande. Ricordatevi cosa avete visto da parte della Moldova e quello che vi ha dato la Russia. Confrontate tutti i vantaggi e gli svantaggi. Oggi un mondo intero ci guarda. Sono sicuro che ora, come 16 anni fa, i transnistreni sapranno scegliere il loro futuro".
Sotto lo sguardo attento delle statue di Lenin - in Transnistria resistono ancora molti simboli del passato sovietico - è arrivato un risultato per molti versi prevedibile. Anche perché molti sono i dubbi sull'effettiva libertà di questa consultazione referendaria.
Tiraspol ha annunciato che il 97,1% dei transnistreni ha votato per l'indipendenza e l'unificazione con la Federazione Russa. Le autorità dell'auto-proclamata Repubblica della Transnistria hanno tenuto a precisare che l'afflusso alle urne è stato massiccio, attorno al 78,6%.
Secondo un censimento realizzato nel 2004, i moldavi sono il gruppo etnico più numeroso sul territorio della repubblica secessionista (32%), seguito dai russi (30%) e dagli ucraini (29%). Difficile via sia stata effettivamente questa unanimità.
I paesi interessati direttamente della sorte della regione sono ovviamente la Repubblica di Moldova, che aspira e rintegrare la Transnistria nel proprio territorio, l'Ucraina e la Russia. Tra tutti è quest'ultima che sta dettando le regole, in virtù di un'egemonia nell'area che viene dal passato ma anche grazie ai 1200 militari russi dislocati ancora dai tempi del conflitto.
Nonostante il referendum della Transnistria non sia stato riconosciuto da nessuna organizzazione internazionale l'appoggio e incoraggiamento costante per Tiraspol non sono mai mancati da parte di Mosca. In qualche modo le autorità russe vogliono mantenere il controllo e le pressioni sulla Repubblica Moldova e non a caso non danno segni di voler ritirare le truppe che si troveranno presto al confine sud orientale dell'Unione Europea, una volta che la Romania entrerà a far parte dell'UE.
Ora che il referendum ha dato i risultati sperati dal leader di Tiraspol, quest'ultimo preme per il riconoscimento internazionale. Altrettanto ha fatto anche Mosca che ha citato i precedenti del Montenegro e il possibile futuro del Kosovo. Le autorità russe, le uniche a riconoscere i risultati del referendum, hanno sottolineato che quest'ultimo è stato "democratico e aperto".
Il giorno in cui sono stati resi pubblici i risultati il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha comunque chiesto alla Repubblica Moldova e alla Transnistria di tornare al tavolo delle trattative.
Per Chisinau, capitale della Repubblica di Moldova, "il cosiddetto referendum è una farsa politica". Il ministro degli Esteri moldavo, Andrei Stratan, ha ricordato che "le autorità moldave lottano per un processo reale di democratizzazione della regione della Transnistria". Per Bucarest il referendum è una diversione e il primo ministro Calin Popescu Tariceanu ha affermato che "l'azione non ha fatto altro che complicare la situazione nella regione e rendere più difficili gli sforzi della comunità internazionale nel trovare una soluzione politica". Da parte sua il presidente del Consiglio della Federazione Russa (la camera alta del parlamento), Serghei Mironov, ha affermato che "i transnistreni hanno votato per un futuro comune con la Russia con la speranza di risolvere al più presto il conflitto trasnistreno". L'Ucraina, un altro attore importante nella zona, annuncia di non riconoscere il referendum. Il primo ministro, il filo russo Viktor Ianukovici, ha aggiunto però: "Il fatto che la gente abbia partecipato ad un referendum è rilevante ed è un fatto che va tenuto in considerazione".
Il ministro degli Esteri della Transnistria, Valeri Litkai, ha dichiarato che quest'ultima potrà integrarsi nella Federazione Russa fra 5-7 anni. "Se qualcuno crede che subito dopo il riconoscimento del referendum da parte dalla Russia, tutti i cittadini della Trasnistria saranno naturalizzati e la Transnistria diventerà parte della Russia, io vi posso dire che questo non avverà. Il cammino dell'integrazione è lungo e difficile. Siamo appena all'inizio del cammino e dobbiamo andare insieme con l'aiuto della Grande Russia". Il rappresentante transnistreno ha aggiunto che per l'integrazione servirà l'adesione alla zona del rublo, e l'armonizzazione con il sistema legislativo russo.
Spettatori attenti a quando avveniva lungo le rive del fiume Dnestr erano altre Repubbliche separatiste che aspirano a rapporti più stretti con la Russia: l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud. Non a caso nel giugno scorso i leader di Abkhazia, Ossezia del Sud e Transnistria - Serghei Bagaps, Eduard Kokoiti e Igor Smirnov - hanno deciso di costituire in comune "forze per il mantenimento della pace ". I tre hanno inoltre ringraziato la Russia per i suoi sforzi di pacificazione nella regione del Caucaso e del Mar Nero e esortato Mosca a mantenere le proprie truppe nella zona. Mentre l'UE si allarga ed alcune repubbliche ex sovietiche chiedono di aderire alla Nato, la Russia si sta riposizionando. Ed anche regioni così piccole possono avere un'importanza strategica rilevante.