Le amministrative in Turchia dello scorso 31 marzo hanno segnato una storica vittoria per il Partito Popolare Repubblicano (CHP). Il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha ammesso la sconfitta, probabilmente dovuta alle scelte economiche ed internazionali del governo turco
Fahrettin Altun, il responsabile della comunicazione della presidenza turca, nella tarda serata di domenica 30 marzo ha comunicato su X che Recep Tayyip Erdoğan si sarebbe rivolto alla nazione poco dopo la mezzanotte.
Il discorso dal balcone della sede del partito dell'AKP ad Ankara dopo ogni tornata elettorale è una sorta di tradizione, a differenza del passato il presidente turco ha però dovuto commentare una cocente sconfitta.
"Purtroppo questa volta l'esito non è stato quello da noi sperato" ha concesso Erdoğan, "ma c'è del buono in ogni sconfitta, così solevano dire i nostri vecchi", ha poi aggiunto.
Un discorso dai toni non accesi: il presidente turco ha preferito mantenere un basso profilo, lodando la tradizione democratica della Turchia e ammettendo la necessità di rispettare la volontà degli elettori.
Erdoğan ha inoltre indicato che nei prossimi quattro anni - quelli che mancano alla fine del suo mandato - si concentrerà nel tenere a bada l'inflazione e nella ricostruzione delle aree terremotate, ha anche alluso ad una possibile operazione militare nel Kurdistan iracheno o siriano.
I dati
Una vittoria storica per il Partito Popolare Repubblicano (CHP), oltre le più rosee aspettative: l'ultima volta che il partito fondato da Atatürk ottenne più voti di tutte le altre forze politiche fu nel 1977, sotto la guida di Bülent Ecevit.
Il CHP ha infatti raccolto il 37.76% dei voti, superando di poco il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) che ha riscosso il 35.48% dei consensi.
Il CHP ha mantenuto il controllo su Istanbul, dove Ekrem İmamoğlu (51.14%) ha prevalso con facilità su Murat Kurum (39.59%), candidato dell'opposizione ed ex-ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture.
Ancora più netta la vittoria di Mansur Yavaş (60.44%) ad Ankara, che ha sconfitto Turgut Altınok (31.68%), quest'ultimo molto criticato per essersi rifiutato di diffondere la propria dichiarazione dei redditi.
Meno sorprendente l'affermazione di Cemil Tugay (48.97%) a Smirne, storica roccaforte del CHP, considerando il contesto il candidato governativo Hamza Dağ (37.06%) non ha certo sfigurato.
Il CHP si è quindi imposto nelle cinque città più popolose del paese, le tre sopracitate più Bursa, sede dell'industria automobilistica turca, e Antalya, rinomata località turistica a livello internazionale e importante centro fieristico.
L'opposizione si è espansa anche oltre le roccaforti tradizionali, ovvero la Tracia e la costa Egea; conquistando le province dell'Anatolia occidentale.
Laddove non ha prevalso, l'AKP è rimasto quasi ovunque il secondo partito del paese: ha mantenuto una forte presenza in Anatolia centrale e orientale, oltre a riconfermansi sul Mar Nero.
Le ragioni della sconfitta
Dopo la vittoria nelle elezioni presidenziali dello scorso anno, Erdoğan ha nominato Mehmet Şimşek come ministro del Tesoro e delle Finanze, un economista di statura internazionale, segnalando così un ritorno ad un politica monetaria ortodossa.
Per porre un freno all'inflazione galoppante e riguadagnare la fiducia degli investitori e dei mercati, la Banca centrale turca ha alzato in maniera graduale i tassi d'interesse portandoli al 45%, nel tentativo di stabilizzare il tasso di cambio.
La stretta creditizia unita alle restrizioni sul credito a consumo hanno raffreddato l'economia, in particolare le esportazioni ed il comparto dell'edilizia. Una medicina necessaria ma deleteria per le fasce più deboli della popolazione, su tutti i pensionati e i lavoratori che percepiscono il salario minimo.
Certi segmenti dell'elettorato conservatore non hanno gradito la posizione governativa sul conflitto tra Israele e Hamas. La Turchia, nonostante a parole abbia preso le parti di Hamas, giustificando persino l'operazione "Tempesta di al-Aqsa" del 7 ottobre 2023, continua a mantenere un vivace commercio marittimo con Israele.
Come dimostrato dal giornalista indipendente in esilio Metin Cihan, molte aziende che fanno affari con Israele sono di proprietà di uomini vicini al governo. Neppure un politico navigato come Erdoğan, che gode di immenso credito tra le masse, è riuscito a risolvere quest'ambiguità, finendo per pagarne il conto proprio nelle urne elettorali.
La sorpresa e i perdenti
Ad approfittarne oltre all'opposizione è stato il Nuovo Partito del Benessere (YRP), che con il 6.19% è diventato il terzo partito più votato. Lo YRP è una formazione conservatrice che si ispira alle idee e alla filosofia del padre dell'islamismo turco Necmettin Erbakan.
Il figlio Fatih dirige oggi il partito, che si propone come movimento islamico anti-sionista e anti-imperialista, incorruttibile e irreprensibile, ideologicamente puro e per questo percepito da alcuni elettori conservatori come alternativa all'AKP.
A sorpresa hanno ottenuto dei risultati modesti i partiti che hanno fatto dell'ostilità a stranieri e migranti il leitmotiv della propria campagna elettorale, il Partito della Vittoria (ZP) e il Buon Partito (İYİ) hanno infatti racimolato poco più del 5% di voti.
I curdi
Il leader curdo Selahattin Demirtaş avrebbe dovuto fornire un'indicazione di voto alla sua base prima della giornata elettorale secondo delle indiscrezioni che circolavano ma ciò non è avvenuto.
Con tutta probabilità una minoranza dell'elettorato pro-curdo ha quindi preferito dare il proprio voto al CHP, in particolare ne ha beneficiato il sindaco di Istanbul İmamoğlu. Il Partito dell'Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (DEM) ha comunque ottenuto il controllo di 10 province nel sud-est del paese.
La partecipazione al voto ha raggiunto il 78.55%, una percentuale lusinghiera per qualsiasi paese europeo, ma al di sotto della media in Turchia. Le elezioni si sono svolte in maniera regolare anche nelle aree abitate in maggioranza da curdi, anche se ci sono stati sporadici episodi di violenza. A questo riguardo, un'operazione della polizia turca ha portato all’identificazione di 340 persone in 14 province, come annunciato dal ministro dell'Interno Ali Yerlikaya il 4 aprile.
La tensione è stata alta soprattutto nella cittadina di Van, situata sull'omonimo lago in Anatolia orientale, a meno di due ore dal confine iraniano. Il candidato vincente del DEM, Abdullah Zeydan si è visto inizialmente negare la consegna della mazbata, il documento tramite il quale lo stato turco conferma la validità dell'elezione di un sindaco.
Probabilmente, a causa un video circolato in rete e risalente al 2015 nel quale lo si sente lodare il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) - considerato un'organizzazione terroristica dal governo turco - Zeydan ha rischiato di vedere il rivale perdente dell'AKP prendere il suo posto: un episodio che avrebbe richiamato alla mente quanto successo dopo le elezioni municipali del 2019, quando alcuni sindaci eletti del sud-est del paese vennero sostituiti dai cosiddetti kayyum, commissari amministrativi inviati da Ankara.
Inaspettatamente, il Supremo Concilio Elettorale (YSK) ha però ribaltato la decisione e dichiarato Zeydan come sindaco di Van, a quel punto in città si sono arrestate le manifestazioni di protesta dei sostenitori di Zeydan, che erano prontamente scesi in piazza.