Manifesto elettorale (foto di Alberto Tetta)

Manifesto elettorale (foto di Alberto Tetta)

Ultimi giorni di campagna elettorale in Turchia per guadagnare il consenso di 52 milioni di elettori che il 12 giugno andranno a votare per il rinnovo del parlamento. Obiettivo dell’AKP, dato per vincente in tutti i sondaggi, è conquistare la maggioranza assoluta

10/06/2011 -  Alberto Tetta Istanbul

A Istanbul le pubblicità commerciali sono quasi del tutto sparite dai muri per lasciare il posto a giganteschi manifesti elettorali che occupano ogni spazio disponibile, onnipresenti bandierine con i simboli dei partiti appese da un lato all’altro delle strade e banchetti a sostegno dei diversi candidati. Camioncini colorati sparano a tutto volume canzoni di propaganda e inviti a votare questo o quel candidato passando uno dopo l’altro per le strade senza soluzione di continuità. Tutti, nessuno escluso, dai pensionati seduti nei caffè, alla élite intellettuale esterofila dell’esclusivo quartiere di Cihangir, passando per la nuova borghesia anatolica nata col boom economico degli anni duemila che popola i mastodontici centri commerciali sorti come funghi negli ultimi anni, non fanno che parlare di cosa succederà se il 12 giugno andrà al governo un partito invece che un altro.

Statistiche

L’esito delle elezioni, in realtà, è tutt’altro che incerto. Tutti gli istituti di sondaggio, infatti, danno per vincenti gli islamisti moderati del AKP, al governo dal 2002. Secondo le ultime rivelazioni dell’istituto Konsensus pubblicate il primo giugno, l’AKP di Erdoğan raccoglierà tra il 43,7% e il 48,6% dei consensi in linea con i risultati del 2007 quando aveva ottenuto il 46,4% dei voti, rispetto alle scorse elezioni crescerebbero invece i repubblicani del CHP. La maggiore forza di opposizione, prenderebbe tra il 25,5% e il 28,3% dei consensi, alle scorse elezioni aveva preso il 20,8%. In caduta libera invece, rispetto all’14,6% del 2007, gli ultra-nazionalisti del MHP che otterrebbero un misero 11%, un risultato poco sopra la soglia di sbarramento, fissata al 10%. Più difficile invece prevedere quanti voti raccoglierà il filo-curdo Partito della pace della democrazia BDP. Per aggirare l’alta soglia di sbarramento i candidati del BDP e della sinistra di ispirazione marxista si sono presentati come indipendenti dando vita insieme al Blocco dei candidati per il lavoro, la democrazia e la pace.

La vera incognita di queste elezioni rimane il numero di parlamentari che l’AKP riuscirà ad eleggere. Se gli islamisti moderati potranno contare su più di 330 deputati sui 550 del parlamento, allora il nuovo governo potrà approvare riforme costituzionali senza sottoporle a referendum consultivi.

Le promesse di Erdoğan

In questa campagna elettorale Erdoğan ha puntato tutto sullo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro. Il 27 aprile ha annunciato il suo Çılgın Projesi (Progetto pazzo, in turco), la costruzione a Istanbul di un canale parallelo al Bosforo da cui passeranno le petroliere delle compagnie internazionali provenienti dal Mar Nero, sul modello del canale di Suez.

Le ambiziose prosposte dell’AKP, annunciate durante la campagna elettorale, vanno tuttavia ben oltre i cinque anni di governo, con il piano Hedef 2023, (Obiettivo 2023 - centenario della fondazione della Repubblica Turca) Erdoğan vuole fare della Turchia un Paese leader a livello mondiale: “Saremo tra i dieci Paesi più sviluppati economicamente, i quinti per produzione agricola e porteremo il Pil pro-capite a 25 mila dollari” ha dichiarato il Primo ministro.

Quasi scomparsi dalla campagna elettorale dell’AKP temi come il processo di democratizzazione, la ricerca di una soluzione politica per la questione curda o l’adesione all’Unione Europea, che erano stati i cavalli di battaglia dell’AKP nel 2007. Erdoğan ha rispolverato una retorica nazionalista e invertendo i ruoli ha accusato il suo principale rivale Kemal Kılıçdaroğlu, di essere troppo filo-curdo.

Repubblicani, nazionalisti, curdi

Se Erdoğan propone un modello di sviluppo profondamente neo-liberista, Kılıçdaroğlu, leader del Partito repubblicano del popolo, ha condotto una campagna elettorale fortemente orientata a sinistra dal punto di vista sociale rivolgendosi principalmente ai lavoratori licenziati in seguito alle privatizzazioni promosse dal governo Erdoğan e a tutti coloro che sono rimasti tagliati fuori dalla redistribuzione dei dividendi della galoppante sviluppo economico degli ultimi anni.

La crescita dei consensi verso il CHP, registrata dai sondaggi, sembra confermare che la svolta a sinistra del CHP, di cui Kılıçdaroğlu è stato protagonista dopo la sua elezione a segretario generale del partito poco più di un anno fa, è stata una scelta vincente. Kılıçdaroğlu ha abbandonato la retorica nazionalista e anti-curda del precedente leader del partito, Deniz Baykal e dopo nove anni, il 31 maggio, il CHP ha organizzato un comizio elettorale anche a Diyarbakir, la principale città curda nel sud est del Paese. “Non siamo venuti abbastanza spesso a Diyarbakir, non abbiamo parlato con voi né ascoltato i vostri problemi. Da ora in poi tutto questo cambierà” ha dichiarato Kılıçdaroğlu.

Molto più radicale sulla questione curda Devlet Bahçeli, leader del Partito di azione nazionalista MHP di estrema destra, contrario a qualsiasi forma di dialogo. Ha condotto tutta la sua campagna elettorale proponendosi come difensore dell’unità del Paese minacciata dal “terrorismo separatista”. Il partito però ha perso credibilità dopo che sei dirigenti di alto livello si sono dimessi a fine aprile dopo la comparsa on-line di video dove i politici nazionalisti facevano sesso con ragazze minorenni.

Campagna elettorale violenta

Quella che sta volgendo al termine in Turchia è stata una campagna elettorale molto tesa segnata da dure contestazioni e episodi di violenza. Il 4 maggio uomini armati hanno sparato e lanciato bombe a mano contro le auto della polizia che dopo aver scortato Erdoğan mentre teneva un comizio elettorale a Kastamonu, nell’Anatolia settentrionale, tornavano ad Ankara. Un poliziotto è rimasto ucciso. L’attentato è stato rivendicato dal PKK. Ad Hopa, cittadina sul Mar Nero vicino al confine con la Georgia, il 31 maggio, la polizia ha represso duramente una manifestazione contro il progetto che prevede la costruzione di centrali idroelettriche nel nord della Turchia, Metin Lokumcu, un insegnante in pensione ha perso la vita negli scontri.

Per sapere chi vincerà le elezioni in Turchia e se l’AKP riuscirà a conquistare la maggioranza, bisognerà aspettare la mattina del 13 giugno, tuttavia secondo una ricerca dell’istituto Akademetre, pubblicata dal quindicinale Marketing Türkiye, gli spot elettorali dell’AKP sono piaciuti al 64,9% degli intervistati contro il 60,5% del CHP e il 38,7% del MHP. L’AKP ha già vinto quindi, anche se per ora solo la guerra di propaganda condotta a colpi di spot televisivi.