Continuano, soprattutto ad Istanbul, azioni di polizia nei confronti di migranti. Ma in un clima di crescente odio e narrazione xenofoba c'è anche chi si batte ed attiva per la difesa dei diritti di chi fugge dai conflitti
La campagna repressiva contro i migranti in Turchia non accenna a fermarsi. Le retate e i controlli straordinari annunciati dalle autorità e poi messi in atto principalmente nella città di Istanbul, sarebbero dovuti cessare entro il 20 agosto ma continuano. Proprio nel giorno di supposta fine delle operazioni il ministro dell’Interno Süleyman Soylu, enfatizzando i risultati della propria azione, ha annunciato che il termine ultimo della campagna di controlli ed espulsioni è stato posticipato al 30 ottobre.
Il governatorato di Istanbul ha inoltre recentemente pubblicato un report contenente i numeri delle operazioni repressive che hanno coinvolto migliaia di migranti. Secondo i dati pubblicati, tra il 12 luglio e il 25 agosto ad Istanbul sono stati fermati e portati nei centri di espulsione di diverse zone del paese 16.423 migranti sprovvisti di documenti ed entrati “illegalmente” in Turchia, mentre 4.500 siriani con status di protezione temporanea, registrati in altre province, sono stati rimandati nelle città in cui erano stati registrati.
I numeri decisamente alti di persone fermate e rinchiuse nei centri di espulsione hanno reso la vita in questi ultimi sempre più difficile, con frequenti episodi di gesti estremi da parte dei migranti ivi reclusi, come ad esempio il tragico suicidio di un migrante afgano in un centro di espulsione della provincia di Aydın. Inoltre, proprio nel mese di agosto, e probabilmente come risultato del clima di odio e repressione scatenato nel paese, si è registrato un sensibile aumento di migranti che hanno tentato di raggiungere la vicina Grecia. In questo mese si è registrato il numero più alto di ingressi in Grecia dalla Turchia dalla firma degli accordi con l’UE, con 7.055 migranti che sono arrivati in territorio greco. Un aumento significativo se si pensa che nei primi mesi estivi non era praticamente mai stata superata la soglia dei cinquemila ingressi dalla Turchia in Grecia.
I dispositivi repressivi, uniti alle condizioni di vita sempre peggiori dei migranti nel paese, stanno spingendo ad una riapertura della rotta migratoria dal territorio turco, in realtà mai davvero chiusa, nonostante la sensibile diminuzione degli arrivi come risultato degli accordi tra Europa e Turchia. D’altronde per rendersi conto della situazione estremamente precaria dei migranti basta percorrere le vie dei maggiori centri urbani turchi. Nelle scorse settimane, ad esempio, ad Izmir, importante metropoli costiera, terza per grandezza nel paese, nel dedalo di viuzze dell’antico Agora cittadino dove sopravvivono con grosse difficoltà centinaia di richiedenti asilo e rifugiati provenienti da diversi paesi, decine di famiglie afgane si sono accampate per strada, non avendo più risorse economiche per affittarsi una casa, costrette a restare nel limbo turco, con il sogno di proseguire il viaggio, ma allo stesso tempo con il terrore di essere rimandati indietro.
Una condizione diffusa che, con la spinta della repressione e della campagna di odio montante nel paese, sta però facendo aumentare anche la solidarietà, con tantissime associazioni impegnate a sostenere le aspirazioni ad una vita dignitosa dei migranti in Turchia. Restando ad Izmir, la storia delle famiglie afgane ha suscitato un afflato di solidarietà, con in prima linea l’associazione dei musicisti (in turco Izmir Müzisyenler Derneği), molto attiva nel sociale, che ha lanciato una raccolta di beni di prima necessità ed ha in cantiere altre iniziative solidali, supportata da importanti realtà associative locali, da anni in prima linea nella difesa dei diritti dei migranti, come la Halkların Köprüsü Derneği (it. Associazione “Ponte tra i popoli”). Ad Istanbul, invece, in risposta ai continui attacchi verso i migranti, si è attivata una piattaforma, composta da diversi gruppi di associazioni solidali, denominata Birlikte Yaşamak İstiyoruz İnisiyatifi (it. Iniziativa “Vogliamo vivere insieme”) che sta tentando di opporsi alla campagna repressiva in atto, tramite iniziative e denunce. Da sottolineare l’interessante report, tradotto in più lingue, che ha pubblicato recentemente, in cui si denunciano le pratiche arbitrarie ed illegali messe in atto durante l’escalation di retate e controlli avvenute nell’ultimo mese. Circostanza che ha dato vigore alle realtà antirazziste locali, che stanno cercando di contrastare, materialmente ed ideologicamente, l’ondata razzista che si sta diffondendo nel paese.
Da Istanbul si sta diffondendo con sempre maggior forza la rete Hepimiz Göçmeniz, ırkçılığa hayır (it. Siamo tutti migranti, no al razzismo) che sta alimentando campagne di solidarietà e denuncia, con il duplice tentativo, da un lato di contrastare la repressione anti migranti scatenata dal governo, e dall’altro di invertire la narrazione xenofoba che si è pericolosamente affermata nell’opinione pubblica turca.
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