Turchia - Wikimedia Commons

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E' partito lunedì scorso ad Ankara, con 330 imputati, il più grande dei processi ai presunti autori del tentato golpe contro il presidente Erdoğan, fallito lo scorso 15 luglio 2016. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [1 marzo 2016]

E' partito nel carcere di massima sicurezza di Sincan, alla periferia della capitale Ankara, il più grande dei maxi-processi contro gli accusati di aver partecipato, la notte del 15 luglio 2016, al fallito golpe contro il presidente turco Recep Tayyp Erdoğan.

Alla sbarra, in un tribunale costruito appositamente per il processo, ci sono 330 persone, soprattutto militari della scuola di artiglieria di Ankara, tra cui due generali, che rischiano ora uno o più ergastoli.

Pesantissime le accuse: omicidio, tentato omicidio e tentativo di rovesciare con la forza le istituzioni dello stato. Secondo gli inquirenti, dietro il golpe ci sarebbe un'organizzazione terroristica con a capo Fethullah Gülen, predicatore islamico e tycoon, da anni in esilio volontario negli Stati Uniti e a lungo alleato strategico dello stesso Erdoğan.

La notte del 15 luglio 2016 unità militari presero il controllo dei ponti sul Bosforo a Istanbul e degli aeroporti di Istanbul ed Ankara. I golpisti attaccarono palazzo presidenziale e parlamento, tentando di catturare lo stesso Erdoğan. Migliaia di persone scesero però in piazza per fermare i golpisti e negli scontri che seguirono 248 persone, la maggior parte civili, rimasero uccise.

Da allora il governo ha lanciato un stretta sulla libertà di stampa, mentre migliaia di presunti membri della rete Gülen sono stati arrestati o destituiti. E' stata poi varata una controversa riforma costituzionale di stampo presidenziale, che garantisce poteri allargati ad Erdoğan: riforma che sarà sottoposta ad un delicato referendum popolare il prossimo 16 aprile.

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