Durante il matrimonio di Arsen Pavlov detto “Motorola” ed Elena Konkina

Durante il matrimonio di Arsen Pavlov detto “Motorola” ed Elena Konkina

Venerdì scorso l’ideologo ultranazionalista russo Sergey Kurginyan - durante una conferenza stampa a Donetsk - non ha riconosciuto i leader separatisti del Donbass. Il botta e risposta con i comandanti per le sconfitte subite da parte dell’esercito di Kiev hanno trasformato l’incontro in una tragicommedia. Intanto si celebravano le nozze del comandante “Motorola”

15/07/2014 -  Danilo Elia

Quando Sergey Kurginyan ha abbaiato contro l’uomo in mimetica che gli aveva mosso obiezioni, chiedendogli quale fosse il suo rango per poter discutere con lui di strategie militari, non sapeva di avere di fronte il “governatore” della Repubblica popolare di Donetsk (Dnr), Pavel Gubarev.

Fondatore del movimento politico Sut’ Vremeni e persona con una certa influenza nel Cremlino, Kurginyan non è il primo personaggio di spicco dell’ultranazionalismo russo a ficcare il naso nella questione separatista in Ucraina. Sin dal congresso costituente di Novorossija – dove avevano fatto pesare il proprio ruolo alcuni esponenti del pensatoio di estrema sinistra Izborsk Klub, tra cui il famoso professor Aleksander Dugin – intellettuali e politici della galassia nazionalista e ortodossa russa hanno mostrato il loro interesse per quello che stava succedendo nell’est dell’Ucraina, mettendo in evidenza il doppio filo che lega i separatisti del Donbass a Mosca.

Kurginyan, quindi, non deve averci pensato due volte a organizzare una conferenza stampa a Donetsk per dire la sua sulla strategia militare adottata dalle forze separatiste. Ha prima accusato i comandanti di essere degli incompetenti, ma ha poi puntato il suo obiettivo principale, il colonnello Igor Strelkov. È il “capo delle forze armate” della Dnr, che secondo Kurginyan ha abbandonando la roccaforte di Slovyansk senza nemmeno sparare un colpo, il vero colpevole della ritirata davanti all’esercito di Kiev.

Gubarev, che sembrava uno scolaro sgridato dal maestro, ha provato a dire che non si è trattato di ritirata, ma di riposizionamento delle truppe a Donetsk e Lugansk. Kurginyan, che ha continuato fino all’ultimo a non riconoscerlo, non ha voluto sentire ragioni.

L’episodio, caricato su una canale YouTube di Sut’ Vremeni, rispecchia in pieno la confusione all’interno delle forze separatiste nell’est dell’Ucraina e, forse, anche la loro debolezza.

Strelkov in ritirata

Non è un buon momento per i separatisti. La cosiddetta operazione antiterrorismo (Ato) condotta dall’esercito di Kiev ha messo a segno una serie di facili e rapide conquiste nonostante le perdite subite, soprattutto dopo l’attacco con missili Grad a un convoglio meccanizzato che ha causato almeno 19 morti.

Slovyansk era presidiata dal grosso delle forze separatiste, al comando di Strelkov. È caduta in poche ore, così come Kramatorsk e Artemivsk. Gli uomini di Strelkov hanno abbandonato la città prima ancora dell’arrivo dell’esercito, a bordo di mezzi militari ma anche di auto e furgoni civili, lasciando dietro di sé (secondo fonti ufficiali dell’Ato) una montagna di armi e munizioni di provenienza russa. Quello che a detta di Gubarev è un riposizionamento delle truppe ha finora tutto l’aspetto di una fuga.

Donetsk non è Slovyansk. Kiev non può permettersi di usare la mano pesante su una città di un milione e più di abitanti, capoluogo economico e industriale praticamente di tutta l’Ucraina orientale e feudo dell’oligarca più ricco del paese, Rinat Akhmetov. Ma nello stesso tempo, difendere un’area urbana estesa quanto due volte Milano con qualche migliaio di uomini poco equipaggiati può essere il più difficile dei compiti per Strelkov.

Secondo stime dell’Ato, gli uomini delle forze di Kiev (tra i 20 e i 30mila) devono affrontare qualcosa come duemila fedeli di Strelkov a cui si aggiungono i cinquemila del Batalion Vostok, ora sotto il suo comando, e i non più di 500 attestati a Gorlivka, a nordest di Donetsk, sotto il comando di Igor Bezler. Lugansk è difesa dai circa cinquemila uomini dell’Armija Jugo-Vostok al comando di Valerij Bolotov. Donetsk può diventare tanto un’intoccabile base dei separatisti, quanto la loro tomba.

Una Transnistria in Donbass

Il territorio sotto il controllo delle repubbliche di Donetsk e Lugansk si è ridotto drasticamente nell’ultima settimana. La grande Novorossiya, che avrebbe dovuto riunire sotto la bandiera della russità e dell’ortodossia tutto il sudest dell’Ucraina, somiglia al momento più a una “Nanorossiya” che a malapena arriva alle periferie di Donetsk e Lugansk. Eppure rappresenta una minaccia all’integrità territoriale dell’Ucraina non meno di prima, a causa del consistente tratto di confine con la Russia che è sottratto alla sorveglianza della polizia di frontiera di Kiev. Al momento almeno un centinaio di chilometri di frontiera, compreso il valico di Izvaryne sulla strada per Volgograd, sono del tutto permeabili dal lato ucraino.

L’avanzata dell’esercito ucraino ha da un lato messo in luce i limiti delle forze separatiste, numericamente inferiori e male equipaggiate, e dall’altro dimostrato come a una decisa azione politica di Kiev seguano poi concreti successi sul campo. Da alcuni giorni, però, l’avanzata sembra essersi fermata. “Il presidente Petro Porošenko ha promesso che non userà gli stessi metodi di Slovyansk e Kramatorsk”, ha detto il sindaco di Donetsk, Oleksandr Lukiančenko.

Quello che abbiamo visto fino a oggi può far tanto pensare a una riconquista a portata di mano, quanto al rischio di un incancrenirsi della situazione, che potrebbe poi portare a un conflitto congelato.

La seconda non è un’ipotesi peregrina. Sono molti gli osservatori che ritengono plausibile la volontà di Mosca di creare una “Transnistria nel Donbass” e, sarà un caso, ma sia Strelkov che il “primo ministro” della Dnr, Alexandr Borodai, hanno combattuto insieme nella guerra di Transnistria nel 1992, mentre il neo nominato “vice primo ministro”, Vladimir Antjufeev, è stato persino ministro di Tiraspol.

Pistole e rose

Lo squilibrio delle forze in campo visto fino oggi potrebbe durare poco. Durante la conferenza stampa di Kurginyan il segreto di pulcinella riguardo le armi passate ai separatisti dalla Russia è emerso alla luce del sole con disarmante innocenza. Gli stessi Gubarev e Bezler, in un goffo tentativo di giustificare Strelkov, si sono lamentati delle armi arrivate dalla Russia: “Ci hanno dato solo un carro armato arrugginito. E dei fucili, delle granate e le altre cose, ne funziona uno su tre o quattro. È roba della Seconda guerra mondiale”.

Come se le lamentele di Gubarev fossero arrivate fino a Mosca, nelle ultime ore si sono moltiplicate le testimonianze di blindati, carri armati e pezzi di artiglieria entrati dalla Russia attraverso il valico di frontiera di Izvaryne. Alcuni video caricati su YouTube mostrano diversi carri armati russi per le strade di Lugansk e foto postate su Vkontakte dagli stessi doganieri russi ritraggono dei blindati Btr mentre passano la frontiera. Il portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza, Andrey Lisenko, ha comunicato che l’aviazione ucraina avrebbe distrutto un convoglio di un centinaio di mezzi blindati in marcia verso Lugansk.

Mentre Gubarev continuava a difendere Strelkov dall’accusa di aver “regalato” Slovyansk al nemico, Kurginyan non ne ha potuto più e ha chiesto dove mai fosse questo Strelkov, perché non fosse lì in quel momento. “Sta organizzando la difesa di Donetsk”, ha risposto Gubarev. “C’è una guerra lì fuori”. Strelkov però il giorno dopo è apparso al matrimonio di uno dei suoi comandanti, Arsen Pavlov detto “Motorola” ed Elena Konkina. È stata una grande festa. Arsen ed Elena hanno scattato foto insieme a Gubarev e Strelkov e, a parte le mimetiche e i mitra, nessuno sembrava pensare alla guerra.