Tutto è partito con una manifestazione a favore di un medico romeno di origine araba, Raed Arafat, e del suo servizio di pronto soccorso che rischiava di essere cancellato da un progetto di legge. Subito però i manifestanti hanno individuato nel presidente Băsescu l’obiettivo della loro insoddisfazione
In Romania il 2012 è iniziato con violente proteste di strada che a molti hanno ricordato la Rivoluzione dell’89. Da venerdì scorso la gente è scesa in strada nella capitale e in altre città: per solidarietà con il fondatore in Romania di un servizio di pronto soccorso, il dottore romeno di origine araba Raed Arafat (nato in Siria è immigrato per studio in Romania nel 1981). Arafat ha dato le dimissioni dalla carica di sottosegretario del ministero della Salute in seguito ad un conflitto con il presidente Traian Băsescu.
Il dottore ha infatti difeso il servizio da lui fondato (il SMURD - una struttura gestita in collaborazione da vigili del fuoco e medici per gli interventi d'urgenza) minacciato da un progetto di legge - poi ritirato dal governo sotto la pressione della società civile - che prevedeva nei servizi d'urgenza anche l'intervento dei privati e che non avrebbe escluso ad esempio un servizio di ambulanze private. Il tutto ha spaventato non poco i romeni, che hanno subito temuto di dover pagare di tasca propria gli interventi in casi di urgenze.
Le proteste si sono trasformate ben presto da manifestazioni in solidarietà di Arafat a manifestazioni contro il presidente Traian Băsescu. “Rispetto per Arafat”, “Arafat uomo di stato”, i primi slogan presto trasformatisi in “Abbasso Băsescu”, “Abbasso il dittatore”, “Elezioni anticipate”.
Un contesto incandescente
Le proteste si svolgono in un contesto sensibile, causato da anni di sacrifici dovuti alla crisi economica: tagli draconiani di stipendi e pensioni, licenziamenti anche nel pubblico. Questo nonostante la Romania continui ad essere il Paese con la crescita più alta dell’Unione europea, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha registrato un +1.8%.
Il caso Arafat è stato solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso e ad accelerare le proteste ha contribuito lo stesso presidente Traian Băsescu che da presidente-giocatore è sempre sceso in campo, non mancando mai di sostenere in dirette tv a reti unificate la riforma del sistemo sanitario e negando ogni ruolo di Arafat nella costituzione del servizio di urgenza SMURD.
Ora, però, Băsescu sta pagando la sua caratteristica arroganza, con cui ha sempre gestito il potere e la mancanza di dialogo con l’opposizione con la quale ha coltivato un perpetuo stato di conflitto. Il fatto che fosse direttamente il presidente e non il governo a scendere in campo per sostenere il progetto di legge, entrando in conflitto aperto con i tecnici del settore, ha scatenato polemiche a raffica sulla stampa e alla fine la gente si è mobilitata attraverso facebook per scendere in strada.
Ricordi di rivoluzione
Il gennaio 2012 assomiglia per alcuni aspetti al dicembre 1989, l’anno della liberazione della Romania dalla dittatura di Ceauşescu. Ora si chiedono le dimissioni di Băsescu, paragonato spesso nelle proteste allo stesso Ceauşescu. Se nell’89 i romeni scesero in strada a Timişoara in segno di solidarietà con il pastore riformato della minoranza ungherese László Tőkés, che la temuta polizia politica tentava di arrestare, ora la miccia è partita dal dottore Raed Arafat. Arafat è divenuto simbolo d’integrità e correttezza in un Paese altamente corrotto, e molti lo hanno definito “più romeno dei romeni”.
Straordinarie le manifestazioni iniziali pro Arafat. Rappresentano un vero e proprio esorcismo contro un complesso xenofobo, di sospetto e anche odio verso lo straniero, sia esso ebreo, ungherese o arabo, indotto ai romeni dal nazionalismo del regime socialista. “Raed, un romeno vero! Mi sembra come un vero movimento tettonico nella coscienza collettiva dei romeni”, ha scritto sul quotidiano Gandul il giornalista Cristian Tudor Popescu. Mentre il politologo Cristian Pirvulescu, presidente dell’Associazione Pro Democrazia scrive sul quotidiano Romania libera che ci si trova in una crisi perpetua, che la banalizzazione del male e il culto quotidiano della volgarità non fanno che portare lo stato romeno alla disgregazione. “Sullo sfondo trionfalista della retorica della riforma, i cittadini mi sembrano trasformati in consumatori confusi”, nota Pirvulescu.
Gli scontri
Le proteste della gente, con fiori in mano e bandiere bucate come durante la Rivoluzione in piazza dell’Università a Bucarest, si sono trasformate domenica notte in un campo di battaglia. Se durante il giorno pensionati, famiglie con bambini e giovani hanno gridato “senza violenza”, durante la notte è arrivato l’incubo. Alcuni facinorosi - secondo i promotori delle iniziative infiltrati della polizia - sono riusciti a seminare violenza, appiccando fuochi, distruggendo negozi e vandalizzando il centro della capitale. Decine di feriti, lotta fra gendarmi e manifestanti violenti, sangue, pietre, gas lacrimogeni, arresti. Giornalisti picchiati e feriti. Caos e immagini che ricordano le violenze dei minatori chiamati a Bucarest dall'allora presidente Iliescu negli anni Novanta.
La stampa che ha incoraggiato le proteste pro Arafat intanto condanna le violenze. L’opposizione che ha incoraggiato le proteste pro Arafat, ha chiesto alla gente di scendere in strada, vuole avere la sua parte e annuncia che da oggi chiederà ai membri di partito e ai suoi sostenitori di scendere in strada. Il leader del Partito Nazionale Liberale (PNL), Crin Antonescu, ha dichiarato che il Paese non ha più un presidente e non ha più un governo. “Al potere vi sono dei gendarmi - ha dichiarato - delle violenze non sono colpevoli le migliaia di persone che hanno protestato pacificamente”. Antonescu ha inoltre chiesto elezioni anticipate.
Il premier Emil Boc, visitando in ospedale un gendarme ferito negli scontri parla invece di dialogo. Sulla stessa linea anche l’europarlamentare del Partito democratico liberale (PDL, al governo), Cristian Preda, il quale però ritiene che il gesto del leader del PNL, Crin Antonescu, che invita gli attivisti di partito a scendere in strada, non farà altro che radicalizzare le proteste.
Che dice Arafat?
Intanto Raed Arafat ha fatto un appello ai manifestanti a non lasciarsi manipolare dai politici o dalle persone che istigano alla violenza su internet.
Da lunedì sono rientrati dalle vacanze invernali anche gli studenti, chiamati dai promotori delle manifestazioni ad unirsi alle proteste.
Per il presidente Traian Băsescu il 2012, anno in cui sono previste nel prossimo autunno elezioni parlamentari, è cominciato nel peggiore dei modi. Le sfide sociali, economiche e politiche si annunciano ancora più difficili di quanto forse lo stesso Băsescu avesse preventivato. A lui il difficile compito di non far affondare la nave Romania che da oltre sette anni sta guidando.