Tutto era rimasto tranquillo sino all'ingresso nell'Ue. Poi si è scatenato il caos e una grave impasse istituzionale. E il prossimo 19 maggio i cittadini romeni sono chiamati, in un referendum, a decidere se l'attuale Presidente Traian Basescu debba rinunciare all'incarico
Sembra che la Romania aspettasse solo di entrare nell'Ue, per tornare poi alle vecchie abitudini delle lotte intestine che hanno come protagonisti gli altri ex militanti comunisti o uomini dei servizi segreti riciclati nei partiti della democrazia o in affari di famiglia e di gruppi di interesse promossi poi efficacemente in politica.
Tutto questo oggi soffoca il paese, proprio quando non avrebbe dovuto far altro che continuare a realizzare le riforme e godersi la desiderata appartenenza all'Ue. Ma non appena raggiunto l'agognato traguardo - quattro mesi fa - energie ben custodite sono esplose.
Intanto il presidente Traian Basescu, sospeso dal parlamento per abuso di potere, di fatto sta svolgendo una personale campagna elettorale in vista di un referendum indetto il prossimo 19 maggio in cui i cittadini romeni dovranno decidere se debba essere rimosso o meno dall'incarico. E lo fa senza poter avere accesso ai dibattiti nella radio e tv pubbliche.
Ma nei sondaggi Basescu è ancora il politico più popolare e quindi per arrivare ad una sua più facile rimozione col referendum del 19 maggio si è dato da fare il partito di opposizione social democratico, lo stesso che ha dato il via alla procedura di impeachment.
Così la Corte Costituzionale ha approvato la modifica della Costituzione secondo cui un capo dello stato sospeso dall'incarico dal parlamento può essere destituito con il 50% più uno dei partecipanti al referendum anziché con il 50% più uno degli aventi diritto di voto, come previsto finora.
Appoggiato solo dal suo partito, il Partito Democratico, Basescu è stato recentemente sospeso dal suo incarico da parte del parlamento per "violazione della Costituzione". Basescu si è detto convinto che questo sia avvenuto a seguito di una sua condanna pubblica del comunismo, avvenuta nel parlamento lo scorso 18 dicembre e sia inoltre conseguenza dell'aver tanto insistito per l'accesso pubblico ai dossier segreti della ex polizia politica. Questo avrebbe infastidito troppo i partiti rumeni a tal punto da spingerli a coalizzarsi contro di lui indipendentemente dalla loro ideologia. Il Presidente ha inoltre affermato che si tenterebbe, in questo modo, anche di bloccare la sua campagna contro la corruzione nella politica, ricordando che in Romania su più di 126 casi di grave corruzione che riguardavano personalità rilevanti della vita pubblica - politici inclusi - non si è arrivati ancora a nessuna condanna.
Oltre 100 intellettuali romeni (tra cui Andrei Plesu, Gabriel Liiceanu, Horia-Roman Patapievici, Mircea Cartarescu, Ruxandra Cesereanu e Vladimir Tismanean) hanno firmato un appello chiedendo ai cittadini di partecipare al referendum del 19 maggio. Sotto il titolo "Per il rispetto dello stato di diritto e la democrazia", i firmatari - nella maggior parte gli stessi intellettuali che a febbraio avevano lanciato un appello per sostenere Basescu - precisano dall'inizio che la loro inziativa è contro le tendenze di alcune autorità di violare i principi e le pratiche dello stato di diritto e della democrazia. Inoltre le regole del referendum sono state cambiate all'ultimo momento e la commissione per la cultura e i media del parlamento non ha consentito al presidente sospeso Traian Basescu l'accesso a radio e televisione pubbliche durante i programmi elettorali".
"Formalmente non è un appello pro-Basescu, ma il suo contenuto valida una parte di quello che sostiene il presidente sospeso", spiega l'accademico Serban Papacostea. Mentre Andrei Oisteanu, presidente dell'Associazione romena per la storia delle religioni, dichiarava: "Mi è sembrata una buona idea che rappresentanti della società civile e scrittori manifestino la loro preoccupazione per la situazione politica del paese. Siamo preoccupati dell'uso di alcuni elementi di vuoto costituzionale e legislativo per imporre certe decisioni parlamentari o governative che in modo evidente sono contro lo spirito della costituzione e contro la volontà dell'elettorato."
Secondo Basescu il referendum del 19 maggio è una chance per dimostrare di essere una democrazia, oppure per consolidare "lo status di oligarchia" dove un gruppo ristretto di persone che guidano un paese antepongono i loro interessi a quelli del popolo. Poi Basescu tira in ballo anche la Russia che avrebbe il potere di destabilizzare la Romania tramite leve politiche ed economiche. Oligarchi moscoviti proverebbero ad approfittare del contesto economico favorevole che deriva dall'entrata della Romania nell'Ue. Dall'altra parte da Mosca arriverebbero incoraggiamenti per un'integrazione della Transnistria nella Repubblica Moldova con la speranza che Chisinau ritorni nella sfera d'influenza russa sia linguistica, economica che militare. E una Moldova più russa cambierebbe i rapporti con la Romania.
E siccome storicamente se qualcosa non va in Romania se ne attribuisce la responsabilità allo zampino russo, stavolta si avanza la tesi della congiura massonica. Il presidente sospeso, Traian Basescu, accusa personaggi al di fuori della Romania che starebbero a suo avviso perseguendo il suo allontanamento. In questo contesto è stato fatto il nome di Alexandr Kondyakov che qualche giorno prima della sospensione di Basescu ha incontrato alcuni politici romeni tra cui il premier Tariceanu, ex alleato e ora grande nemico del presidente sospeso.
Secondo la stampa romena Kondyakov è un ex giornalista, ex agente KGB prima della caduta dell'URSS, vicino a Vladimir Putin e segretario della Grande loggia massonica russa. Kondyakov spiega di essere stato l'ultima volta in Romania per conto della compagnia che rappresenta, Novocom, aggiungendo che i contatti con la Romania sono partiti anni fa "quando abbiamo capito che ci sarebbe stata una reale possibilità di partecipare alla creazione di un buon rapporto dal punto di vista economico tra la Romania e la Russia".
Ioan Talpes, ex direttore dei servizi segreti romeni dichiara in un'intervista che Alexandr Kondyakov fa parte di una filiale Bucarest-Mosca che non è interessata agli interessi di stato tra la Romania e la Russia ma a propri interessi a sfavore della Romania.
Insomma c'è di tutto in Romania. Ma la vera soluzione dell'attuale crisi sarebbero le elezioni parlamentari anticipate. Il referendum del 19 maggio non risolverebbe infatti i problemi di fondo. Basescu non sembra poter continuare ad avere a che fare con lo stesso Parlamento che lo ha sospeso, il che terrebbe il paese in una continua crisi istituzionale. Il 3 aprile scorso a Bucarest è stato formato un nuovo governo senza i ministri del Partito democratico, considerato il cavallo di Troia di Basescu. Il nuovo governo, composto dai liberali e dai rappresentanti dei magiari può contare in Parlamento solo sul 22% dei voti.
Ha bisogno quindi del sostegno del Partito social-democratico (PSD), all'opposizione. Il PSD che molti associano con il passato comunista passa ora per il salvatore del paese da Traian Basescu. "Un demagogo e un populista che vede la politica e la democrazia come un rapporto tra padrone e servo, lui è l'unico padrone della Romania e i romeni sono suoi servi", accusa Mircea Geoana, presidente del Partito social democratico. Dal canto suo, il leader dell'Unione dei magiari della Romania, Marko Bela, attaccato da Basescu per aver contribuito alla sua sospensione insieme al partito ultranazionalista Romania Grande (Romania Mare) respinge le accuse e risponde cosi: "Quando in molti ti dicono che sei ubriaco, vai a dormire".
Il referendum costerà alla Romania 60 milioni di lei (circa 18 milioni de euro). Verrà posto il seguente quesito referendario: "Siete d'accordo con la destituzione del presidente della Romania, Traian Basescu?". I cittadini romeni all'estero possono votare in una delle 159 sezioni organizzate presso le ambasciate della Romania, i consolati generali e onorari. Ma sono insufficienti secondo le associazioni dei romeni che accusando le autorità di Bucarest di impedire il voto. La disapora romena che in alcune città come Madrid o Parigi ha anche organizzato manifestazioni di appoggio al presidente sospeso esprimerebbe in generale una intenzione di voto a favore del presidente, come già successo per le elezioni del 2004.