Dopo aver incassato la fiducia del parlamento il neo premier sloveno Janez Janša ha presentato la composizione del nuovo esecutivo. Quello appena varato è il governo con meno ministri della storia della repubblica, solo 12 di cui uno senza portafoglio. Polemiche e critiche al nuovo governo. Le vignette satiriche di Franco Juri
Il governo è fatto. Alla camera Janša e i suoi uomini hanno abbondantemente ottenuto la fiducia e si sono affrettati a prendere il potere nelle loro mani. Più volte il nuovo premier aveva sottolineato l’impellenza di iniziare subito con il lavoro. Proprio per questo ha voluto ringraziare Zoran Janković, che durante il dibattito, dopo aver annunciato l'astensione di Slovenia positiva, ha anche precisato che i deputati del suo gruppo parlamentare non avrebbero preso la parola, per non ritardare ulteriormente l’azione dell’esecutivo.
Subito dopo il voto, il passaggio delle consegne tra il vecchio ed il nuovo premier. Il socialdemocratico Borut Pahor nel dare le redini del governo a Janez Janša ha voluto precisare che i suoi successi saranno i successi di tutti.
Al lavoro
Finiti i convenevoli, immediata riunione del consiglio dei ministri che ha subito tagliato le prime tre teste: quelle del capo dei servizi segreti e dell'ufficio governativo per la comunicazione e quella di Aleš Gulič, il pittoresco direttore dell'ufficio governativo per le comunità religiose. Sul ceppo ce ne sarebbero altre. Una delle prime potrebbe essere quella del capo della polizia.
I detrattori di Janša, così, hanno subito fatto notare che è iniziato il repulisti che aveva contraddistinto già l’azione del suo primo governo e parlano dell’esistenza di vere e proprie liste di proscrizione. Del resto il Partito Democratico aveva persino pubblicato sul suo sito internet un elenco, alquanto arbitrario, di quasi 250 nomi di “fedelissimi” che il governo di centrosinistra avrebbe piazzato in vari organismi.
Il pentapartito
Ad ogni modo, se nel suo primo governo Janša pareva il dominatore assoluto all’interno della sua maggioranza, questa volta dovrà fare i conti con i superbi alleati del Partito dei pensionati e della Lista Virant, mentre meno problemi probabilmente gli daranno i più mansueti Popolari e Democristiani di Nuova Slovenia.
Quello appena varato è il governo con meno ministri nella storia della repubblica: solo 12, di cui uno, l’unica donna, senza portafoglio. Ridurre i ministeri era stato un imperativo di tutte le forze politiche, così oggi il peso dei presidenti del pentapartito, all’interno dell’esecutivo è enorme.
L'unico a rimanere fuori è stato Gregor Virant, il furbo presidente dell'omonima lista civica, che invece ha preferito restare incollato sulla comoda poltrona di presidente della Camera di stato. Lui del resto è riuscito a piazzare al ministero delle Finanze uno dei suoi uomini più fidati, Janez Šuštaršič, un tecnocrate neoliberista, che non mancherà di dare una forte connotazione al nuovo esecutivo.
Tagli
Janša ha annunciato drastici tagli della spesa pubblica, la riduzione del costo del lavoro e sgravi fiscali su investimenti ed utili. Rimarrà da vedere come il nuovo esecutivo riuscirà a conciliare le spinte ad una quanto maggiore apertura alle liberalizzazioni e al capitale straniero con quelle sempre presenti, nella politica slovena, a voler mantenere il controllo sui settori strategici.
Sta di fatto che le polemiche sulle ricette economiche dell'esecutivo non sono state particolarmente accese. Del resto non erano molto dissimili dalle altrettanto confuse proposte dal centrosinistra, visto che Šuštaršič anche in questo caso sarebbe andato a guidare le finanze.
Sport, scienze, istruzione e cultura
Strali, invece sono piovuti sulla nuova maggioranza per l'accorpamento del ministero della Cultura in una mega struttura che comprende anche l'Istruzione, le Scienze e lo Sport. La Slovenia del resto si considera da sempre una sorta di repubblica letteraria, che fonda la propria costruzione nazionale più sugli intellettuali che su grandi epiche battaglie. Il connubio tra cultura e politica, così, è sempre stato saldissimo e le sovvenzioni agli “artisti” sono considerate un male necessario per far vivere un settore che può contare su un mercato così piccolo.
A nulla sono valse le rassicurazioni che nel prossimo futuro nulla cambierà e nel mondo della cultura la stizza per quello che viene considerato un intollerabile provvedimento sembra essere pari al timore di non avere più adeguati padrini politici su cui appoggiarsi.
Proprio per questo la Giornata della cultura, che si celebrava l'8 febbraio, è stata l'occasione per una vivace contestazione. Accorati appelli, recital di poesie, accensione simbolica di candele e la firma di una petizione hanno accompagnato le celebrazioni, ma l'apice della protesta è stato durante la consegna dei massimi riconoscimenti in campo culturale.
Alla noiosa cerimonia partecipano come tradizione i vertici politici dello stato, con immancabile diretta televisiva dell'ermetico evento, che questa volta è stato reso più vivace dal piccato discorso dell'oratore solenne, dal minuto di silenzio alla fine della cerimonia e dagli scroscianti applausi del pubblico a cui non si è unito Janša e nemmeno Pahor che gli stava accanto.
Ministero degli Interni ai Democratici
Altro pomo della discordia il passaggio del controllo della Procura della repubblica dal ministero della Giustizia a quello degli Interni. Inizialmente la Lista Virant aveva chiesto che né interni né giustizia andassero agli uomini del premier, visto che nei suoi confronti è in pieno corso il procedimento penale per le accuse di corruzione legate alla fornitura dei blindati finlandesi Patria all’esercito sloveno.
Alla fine però il ministero degli Interni è andato ai Democratici e la feroce polemica che si è scatenata ha fatto addirittura parlare, per i critici più accesi, di un vero e proprio tentativo di instaurare uno stato di polizia. Del resto il dicastero è stato affidato ad uno degli uomini più fidati di Janša, Vinko Gorenak.
La questione delle competenze sulla Procura non manca di suscitare chiacchiere nemmeno all’interno della coalizione e il neo ministro della Giustizia ha già annunciato che chiederà di far tornare le cose com’erano. Subito però è arrivata la precisazione del premier, che ha fatto intendere che per una simile modifica ci vorrebbe il consenso di tutte le forze di maggioranza.
Un'altra questione è stata sollevata dal presidente del Partito dei pensionati, Karl Erjavec, che tra mille polemiche si è insediato al ministero degli Esteri. Erjavec non è per nulla entusiasta di vedersi togliere le competenze sulla “diplomazia economica” che passerebbe sotto il controllo del ministero dello Sviluppo economico.
In ogni modo appare alquanto improbabile che le cose vengano cambiate o che la coalizione possa scricchiolare sin dalla sua formazione per questioni del genere. Probabilmente per valutare la sua tenuta bisognerà attendere gli annunciati tagli della spesa pubblica e le prime dolorose riforme.