Oggi alle 14.00 si terranno presso il cimitero cittadino di Vlakovo i funerali di Berina Hamidović, la bimba di Sarajevo deceduta giovedì scorso all'Istituto per la madre e il bambino di Novi Beograd, a Belgrado.
La bambina era una delle migliaia di neonati bosniaci che, dal febbraio scorso, non possono avere i documenti di identità a causa dell'incapacità del governo di concordare una procedura per l'assegnazione dei codici di identificazione personale.
Secondo quanto riportato dai media della capitale bosniaca, Berina, che era stata operata a Sarajevo per una fistola alla trachea, necessitava di ulteriori cure urgenti a Belgrado.
Non avendo i documenti, ha atteso ore alla frontiera nel veicolo del pronto soccorso. Il padre, Emir Hamidović, ha dichiarato al portale informativo Klix.ba che “nessuno nè dalla parte bosniaca né da quella serba era informato della situazione della bambina”.
Dopo aver superato una serie di ostacoli amministrativi, Berina è giunta a Belgrado, ma la sua situazione si era nel frattempo complicata.
Migliaia di persone hanno cominciato a manifestare in silenzio ieri sera di fronte al Parlamento della Bosnia Erzegovina, accendendo delle fiammelle in ricordo della bimba.
Le proteste dei cittadini bosniaci contro il governo continuano dall'inizio del mese di giugno. Martedì scorso, al termine di una manifestazione di circa 10.000 persone, i dimostranti hanno posto al governo la scadenza del 30 giugno per risolvere definitivamente la questione, mantenendo nel frattempo un presidio permanente di fronte alle istituzioni.
Nei giorni scorsi manifestazioni si sono tenute anche in altre città della Bosnia Erzegovina.
Si incontrano stasera alle 19.30 ora locale il premier greco Antonis Samaras (Nuova democrazia) e i leader dei due junior partner di governo, il leader del PASOK Evangelos Venizelos e quello della Sinistra democratica Fotis Kouvelis. Una riunione da cui dipende il futuro dell'emittente pubblica ERT, ma probabilmente anche dello stesso governo ellenico.
Spesso i media vengono accusati di dare solo le "brutte notizie". Per non essere inglobati in questa infausta categoria ecco la buona notizia: i mici sono salvi!
Al dodicesimo giorno di protesta la polizia entra in piazza Taksim con lacrimogeni e in assetto anti guerriglia. Una parte dei manifestanti ha risposto con lanci di sassi e bottiglie incendiarie.
E' il settimo giorno di proteste davanti al Parlamento della capitale bosniaca. Centinaia di cittadini e cittadine, provenienti da diverse città del paese, continueranno la protesta finché non verrà approvata la legge nazionale sul numero di identificazione personale senza il quale i bambini nati da febbraio in poi non possono ottenere i documenti d'identità.
L’ex premier sloveno Janez Janša è stato condannato in primo grado a due anni di carcere e 37 mila euro di multa oggi per il suo coinvolgimento nel cosiddetto caso Patria.
La Turchia in queste ore è ancora percorsa dalle manifestazioni di piazza ma la protesta ha una cassa di risonanza che amplifica le voci sia all'interno del paese che all'estero.
Al ballottaggio per le amministrative, tenutosi domenica 2 giugno, i socialdemocratici del premier Milanović conquistano le principali città della Croazia, eccetto la capitale che resta in mano al sindaco uscente Milan Bandić.
Il 31 maggio del 1992 le autorità di Prijedor obbligano tutti i cittadini non serbi a segnare le proprie case con una bandiera o uno straccio bianco. Fuori di casa sono obbligati a portare al braccio una fascia bianca. Nei mesi che seguono migliaia di cittadine e cittadini di Prijedor vengono rinchiusi nei lager. I giovani della società civile bosniaca li ricordano con l'iniziativa "Perché mi riguarda"