A Dačić il premierato di Vidovdan
28 june 2012
L'ex ministro degli Interni e leader del Partito socialista serbo ha ottenuto oggi l'incarico dal presidente della Repubblica per la formazione del nuovo esecutivo
Lo aveva annunciato davanti alle telecamere con una malcelata sicumera la notte della tornata elettorale del 6 maggio scorso. Sarebbe diventato premier. Ivica Dačić, ministro degli Interni uscente, erede di Milošević alla guida del Partito socialista, lo aveva dichiarato dopo aver praticamente raddoppiato i suoi voti. “Forse non si sa chi sarà il prossimo presidente della Repubblica ma si sa bene chi sarà il nuovo premier”. Alludeva naturalmente a se stesso, tra un turno e l’altro delle presidenziali.
Oggi il Tomislav Nikolić, che nel frattempo ha vinto il ballottaggio ed è diventato presidente della Serbia, ha incaricato Ivica Dačić di formare il nuovo governo. Ora dovrà passare la fiducia del parlamento per chiudere il tavolo di trattative durate quasi due mesi.
Come annunciato dalla stampa belgradese, ci si aspetta che la fiducia venga chiesta per un governo SNS, SPS e URS, ovvero il Partito progressista (guidato fino a poco fa dall’attuale capo dello Stato), i socialisti e la neoformazione Unione delle regioni serbe, guidata da Mlađan Dinkic, ex ministro delle Finanze silurato dal governo Cvetković per divergenze interne.
Il buon vecchio Tadić passerà invece all’opposizione. Si è visto sfumare la presidenza per pochi voti e alla fine si è visto sfumare pure il governo, nonostante le rassicuranti parole di Ivica Dačić, leale alleato fino a ieri, sul fatto che l’accordo stretto durante le elezioni sarebbe rimasto in vigore e non avrebbe subito l’influenza della vittoria di Nikolić alle presidenziali.
Un vero e proprio tradimento – che molti però s'aspettavano – sul quale è intervenuto anche il sindaco di Belgrado e vicepresidente del DS Dragan Đilas. Quest'ultimo ha tuonato contro l’SPS invitando i socialisti ad ammettere pubblicamente di volere la poltrona da premier.
Ed in effetti, rieccoci all’inizio della storia, l’ambizioso Dačić voleva il premierato ma Tadić evidentemente non era disposto a lasciarglielo. Inoltre non avevano ancora risolto come far convivere l'LDP di Jovanović con i socialisti che su molte questioni, Kosovo in primis, hanno posizioni diametralmente opposte.
Un governo stabile non sarebbe quindi stato facile. E poi, in fin dei conti, Tadić e il suo partito hanno perso le elezioni. Una legislatura all’opposizione potrebbe del resto giovare anche a loro e fargli recuperare la fiducia di molti elettori delusi dalle privatizzazioni, dalla diffusa corruzione e dalla sovrapposizione di più ruoli che l’ex presidente ha mantenuto durante il suo mandato.
È curioso che in pochi anni socialisti ed ex radicali siano riusciti pian piano a riprendere le leve del potere in Serbia. Se mi fossi svegliato oggi dopo un sonno letargico di 12 anni, quanti sono passati dal famoso 5 ottobre in cui cadde Milošević, forse non mi sembrerebbe nemmeno di aver dormito così tanto.