Balcani: migliaia di dighe mettono a rischio il futuro dei fiumi
29 may 2018
La crescita esponenziale di progetti che prevedono la costruzione di dighe nella penisola balcanica minaccia corsi d’acqua incontaminati, procando gravi danni ambientali e alterando gli ecosistemi della regione.
In un recente articolo pubblicato dalla Yale School of Forestry and Environmental Studies, Paul Hockenos racconta con preoccupazione lo sviluppo, nella Penisola balcanica, di migliaia di progetti di costruzione di impianti idroelettrici destinati a bloccare corsi d’acqua incontaminati, causando gravi danni ambientali e alterando gli ecosistemi della regione.
Nella sola Bosnia Erzegovina, spiega Hockenos, è prevista la costruzione di circa 250 impianti per la produzione di energia idroelettrica, mentre nell'intera regione, dalla Slovenia alla Grecia, il numero dei progetti in cantiere sfiora quota 2700. L'analisi di Hockenos si basa sui dati raccolti dall'ONG viennese RiverWatch e dal gruppo ambientalista tedesco EuroNatur .
Adottando un punto di vista regionale, questo lavoro coniuga un approccio narrativo con dati quantitativi, affrontando sia l'ampiezza del fenomeno che il suo impatto sulla popolazione locale. L'analisi dà spazio a pareri scientifici e al punto di vista della popolazione locale che si oppone alle centrali idroelettriche, come nel caso del villaggio di Kruščica, in Bosnia Erzegovina. Qui, la resistenza alla costruzione di due impianti idroelettrici ha come protagonista un gruppo di donne locali che da mesi presidiano il sito in cui dovrebbero iniziare i lavori.
La quantità di progetti previsti nel paese è tale da aver portato i cittadini a creare la Coalizione per la protezione dei fiumi , una rete civica che riunisce attualmente oltre 20 organizzazioni. La Coalizione ha come obiettivo primario la tutela dei fiumi e sostiene la necessità di coinvolgere le popolazioni locali nel processo decisionale sulla costruzione di centrali idroelettriche in Bosnia Erzegovina. Una partecipazione finora di fatto quasi sempre evitata da parte delle autorità locali.
L'articolo prende in considerazione, inoltre, il ruolo che nello sviluppo di questi progetti rivestono le politiche internazionali e comunitarie e il peso dei finanziamenti provenienti dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS). Quest'ultima rappresenta infatti il più grande investitore in progetti di energia rinnovabile nella zona, avendo impegnato ben 240 milioni di euro in 51 centrali idroelettriche nei Balcani occidentali.