Studente in Bulgaria

Un studente su due, al termine degli studi, vuole lasciare la Bulgaria. "Differenze sostanziali tra la nuova e la vecchia emigrazione", affermano alcuni studiosi in materia.

27/05/2004 -  Anonymous User

 

Da Sofia scrive Tanya Mangalakova

Ogni due studenti bulgari uno vuole trovare lavoro all'estero. E' il risultato di un sondaggio effettuato dall'agenzia bulgara Meridiana su un campione di 1358 studenti del terzo e quarto anno di università. "State programmando di recarvi all'estero dopo gli studi per cercare lavoro?". Alla domanda il 51,9% ha risposto negativamente mentre il 48,1% ha affermato di volere cercare fortuna in qualche Paese straniero. Il quotidiano Troud, che ha riportato la notizia, prova anche a fornire alcune soluzioni a questa 'fuga di cervelli'. "Nel 2005 gli Stati Uniti 'esporteranno' 830.000 posti di lavoro nel settore del terziario in Paesi con costi del lavoro più bassi rispetto al mercato del lavoro USA" riportano i commentatori del giornale "la Bulgaria deve riuscire ad inserirsi in questi meccanismi assieme a Cina, Filippine e India e presto anche da noi si potranno guadagnare salari simili alla Silicon Valley".


Comunque fiduciosi ...

Una percentuale rilevante degli studenti intervistati ha affermato di avere già concrete opportunità di impiego una volta laureati. Il 48% degli studenti della "New Bulgarian University" di Sofia si dichiara fiduciosa nel futuro. Il 45% degli studenti dell'Università "Sv. Kliment Ohridski", la principale della capitale bulgara, afferma di sapere già dove andrà a lavorare. La maggioranza degli studenti di geologia presso l'Università "Sv. Ivan Rilski", anch'essa nella capitale, si dicono certi di non finire all'estero a lavare piatti, convinti che le competenze acquisite durante gli studi permetteranno loro di affermarsi all'estero anche nel loro campo specifico.

Fuga di cervelli verso occidente
E' dal 1989 che in Bulgaria i media ed i politici esprimono paure sulla fuga di forza lavoro qualificata verso Paesi occidentali più sviluppati. Plamen Dimitrov, giornalista del settimanale Nedelnik, pubblicato per i bulgari residenti negli USA ed in Canada, ha analizzato la vita e le abitudini dei giovani bulgari all'estero. Nella sua analisi si sostiene che seppur alcuni guardano all'emigrazione in termini negativi - sottolineando come lo stato bulgaro abbia sborsato risorse ingenti per garantire un'educazione di alto livello a persone che poi optano per l'emigrazione - occorre anche considerare che spesso questi cittadini bulgari continuano all'estero il loro percorso formativo ed in ogni caso mantengono forti legami con il proprio Paese, a partire dalla propria famiglia. Legami che potrebbero giovare al Paese d'origine. Dimitrov sottolinea inoltre un paradosso: spesso i giovani ingegneri bulgari della Silicon Valley o gli esperti di finanza a Wallstreet mantengono un'identità bulgara più accentuata che non le minoranze bulgare in Paesi confinanti, come ad esempio in Serbia.

La vecchia e la nuova emigrazione

Vi è un'emigrazione bulgara più vecchia, ed una più giovane. La prima ha motivazioni prevalentemente politiche e si è svolta dagli anni quaranta alla fine degli anni ottanta dello scorso secolo. Un'emigrazione che non è mai stata in grado di influenzare la vita sociale e politica del proprio Paese d'origine: a causa dei limiti posti dalla cortina di ferro e perché rappresentata da comunità esigue e poco organizzate. Così non avviene per l'emigrazione più recente con radici prevalentemente economiche. I numeri degli emigranti sarebbero infatti sensibilmente maggiori e le relazioni con la Bulgaria rimangono strette. Secondo studi dell'agenzia "Alfa research" il 18% delle famiglie bulgare avrebbe un parente stretto all'estero. Molti anche gli studenti bulgari all'estero. Nel decennio 1993-2003 sono stati 3000 i bulgari che hanno portato a temine studi nelle università americane. Le comunità di emigranti si sono organizzate anche con propri organi di informazione. E' stato già citato il settimanale Nedelnik, fondato nel 1996. Ma vi sono anche giornali locali. A Chicago, nel 2001, erano tre i giornali in lingua Bulgara. Così avviene anche in altri Paesi. In Gran Bretagna viene pubblicato dal 2002 "Budilnik" mentre in Francia la comunità bulgara ha un proprio giornale dal 2003. In Grecia vi sono 3 giornali scritti in bulgaro.

Di ritorno in Bulgaria?

Certamente internet, carte pre-pagate per le telefonate internazionali ed il crollo dei prezzi dei voli aerei hanno rafforzato le relazioni tra le comunità bulgare all'estero e la madrepatria. Legami che possono essere quantificati anche in termini finanziari. Secondo Nikola Charkachiev, professore d'economia a Chicago, le rimesse dall'estero ammonterebbero oramai a 100 milioni di dollari ogni anno. Secondo la banca nazionale bulgara nel 2001 ammontavano invece a 500 milioni. E le prospettive di ritorno in patria per chi ha fatto fortuna all'estero? Nel 2001 è rientrato uno dei rappresentanti massimi della vecchia emigrazione. Simeone di Sassonia Coburgo Gotha è rientrato in Bulgaria per partecipare alle elezioni politiche, vinte in modo trionfale. Tre poltrone ministeriali sono state poi assegnate, nel suo governo, a personalità la cui carriera si era svolta tutta all'estero, persone in ogni caso giovani che facevano parte della cosiddetta "nuova emigrazione". Una sorta di bandiera che dimostra come l'emigrazione non è certo a senso unico, da est ad ovest. Talvolta avviene il contrario. Molti giovani professionisti riescono ad avere successo negli Stati Uniti o in Paesi dell'Europa occidentale. Ma la Bulgaria garantisce loro maggiori possibilità di ascesa sociale e politica. Rimangono infatti libere rilevanti nicchie negli istituti bancari, nella gestione di istituti assicurativi e nella stessa amministrazione pubblica. Con prospettive a volte migliori rispetto all'oramai saturo mercato del lavoro occidentale. Secondo il giornalista Dimitrov "il processo dell'emigrazione diverrà circolare ed un certo 'nomadismo economico' si legherà in modo stretto ad un rapporto stretto con lo stato d'origine. Questo è certamente vero per l'emigrazione d'élite. E per tutti gli altri?

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