Dopo un’attesa durata mesi, la Commissione von der Leyen ha ottenuto ieri il via libera e si insedierà il primo dicembre. Qual è stato il percorso degli scorsi mesi, e perché la lunga gestazione?
Nella giornata di ieri, 27 novembre, il Parlamento europeo ha dato il proprio sostegno alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Il processo è stato lungo e tortuoso – a partire dalla votazione del luglio scorso con cui gli europarlamentari approvarono la nomina di von der Leyen alla presidenza con un margine di soli nove voti. Quasi 60 membri dei gruppi ufficialmente a sostegno della nomina (popolari, liberali e socialdemocratici) avevano infatti votato contro. Erano risultati decisivi i voti di alcuni ultraconservatori polacchi dell’ECR e di altri indipendenti, come gli eletti del Movimento 5 Stelle.
L'altro ieri invece, con 461 voti favorevoli, 157 contrari e 89 astenuti, finalmente la Commissione di Ursula von der Leyen ha visto luce. Si insedierà ufficialmente il 1° dicembre, con l’obiettivo di fare dell’Europa una “forza motrice” avente “un ruolo guida” nel mondo. Più nello specifico, la nuova commissione sarà soprattutto concentrata su sviluppo sostenibile, ambiente e parità di genere.
Le nomine a Commissario: un inizio difficile
I problemi per Ursula von der Leyen erano iniziati a partire dalla distribuzione dei portafogli ai Commissari. Da un lato, alcuni hanno trovato discutibile che uno dei 26 Commissari avrebbe dovuto proteggere un non meglio definito “stile di vita europeo”, altri hanno criticato la creazione di super-portafogli come quello sul mercato interno e industria della difesa.
I nodi sono venuti al pettine durante le audizioni dei Commissari al Parlamento europeo. Sono state infatti tre le nomine respinte: l’ungherese László Trócsányi, la romena Rovana Plumb, e la francese Sylvie Goulard.
La bocciatura dei commissari ungherese e romeno non è stata una gran sorpresa: Trócsányi è un uomo di fiducia di Orban che è stato artefice della riforma della giustizia liberticida in Ungheria; Plumb invece è stata nominata da un governo in rotta con l’Ue e che era in piena crisi, tant’è che è poi caduto.
Il rifiuto verso Sylvie Goulard invece ha sollevato un polverone politico e creato tensioni tra Parigi e Bruxelles. Ufficialmente la candidata francese alla Commissione è stata respinta per un presunto conflitto di interessi a causa delle somme da lei ricevute da un think-tank americano. Ufficiosamente, invece, pare che il Parlamento abbia voluto mandare un forte segnale alla Francia: l’assertività con cui Macron si è posto sulla scena di Bruxelles, facendo iniziare le negoziazioni fra i capi di stato dando come assodato che il sistema degli Spitzenkandidat non andava rispettato non è piaciuto a tutti, meno che mai agli europarlamentari tedeschi. La reazione di Macron alla bocciatura di Goulard è stata incendiaria. Oltre a respingere con forza ogni possibilità di ridimensionare le prerogative affidate al Commissario francese, Macron ha chiesto spiegazioni sull’accaduto a von der Leyen in una conferenza stampa in cui era visibilmente alterato e i loro rapporti si sono, almeno momentaneamente, raffreddati prima ancora che la Commissione venisse varata.
La Commissione von der Leyen
Nelle scorse settimane si è però arrivati all’approvazione di tre nuovi Commissari per questi paesi con le nomine di Olivér Várhelyi per l’Ungheria, Adina-Ioana Vălean per la Romania e Thierry Breton – ex ministro delle Finanze nel 2006 per Sarkozy. Il tanto discusso portafoglio sulla “protezione dello stile di vita europeo”, invece, è stato più diplomaticamente ridefinito come “promozione dello stile di vita europeo”. La Commissione, finalmente, è stata formata.
Si possono osservare alcune caratteristiche dei prossimi commissari analizzandone la composizione. A partire dal fatto che sono state molte le riconferme: ben 8 dei 26 Commissari scelti da von der Leyen erano già membri della squadra di Juncker.
Fra i 27 membri della Commissione vi è una sostanziale parità di genere con 15 uomini e 12 donne. L’età media è piuttosto alta e si attesta oltre i 55 anni, con un solo under-40, il Lituano Sinkevičius.
Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica dei Commissari, risulta evidente come il baricentro del centrodestra europeo si sia spostato verso est. Eccezion fatta per Irlanda, Germania ed Austria, tutti i commissari dell’EPP sono espressione dei paesi che sono entrati nell’UE dopo il grande allargamento ad est dello scorso decennio. Le altre forze parlamentari rappresentate in Commissione sono invece più distribuite.
Il prossimo futuro
Nelle scorse settimane, le rappresentanze diplomatiche degli stati membri a Bruxelles hanno già ricordato a von der Leyen che non potrà continuare a cedere alle pressioni del parlamento, come successo durante il processo di audizione di Commissari, senza considerare la volontà del Consiglio europeo – che l’ha nominata e che è il decisore di ultima istanza sulle questioni più dirimenti.
Ora finalmente l’UE ha un esecutivo che, al netto dei limiti della governance multilivello, dovrà affrontare uno dei quinquenni più delicati della storia europea. Il nativismo delle destre europee, cavalcando l’onda delle migrazioni degli ultimi anni, ben lungi dall’essere un fenomeno passeggero, sta trasformando il panorama politico del continente. Nel frattempo si dovranno trovare risposte ad altre questioni fondamentali per assicurare all’Unione un peso nel futuro: la data governance, un approccio trasversale alle questioni ambientali, l’integrazione nel campo della sicurezza e della diplomazia.
Come dichiarato dalla stessa von der Leyen: “Nei prossimi cinque anni la nostra unione si adopererà per una trasformazione della società e dell’economia; è la cosa giusta da fare” e, ammette, “non sarà semplice”.
Il piano è quello di rilanciare l’economia europea attraverso un Green New Deal, imperniato su una proposta di legge da presentare entro i primi 100 giorni che avrà l’obiettivo di arrivare ad emissioni zero entro il 2050 e cambiare profondamente l’assetto industriale europeo. Secondo von der Leyen, sarà “una strategia industriale che renderà in grado le nostre imprese di innovare e sviluppare nuove tecnologie mentre vengono creati nuovi mercati”, rendendo l’Unione Europea lo “standard-setter mondiale”.