Andrea Štaka

Andrea Štaka (foto Youtube)

In occasione della seconda edizione del Balkan Film Festival che si svolge alla Casa del cinema di Roma abbiamo intervistato la regista Andrea Štaka, protagonista sabato 9 ottobre alle 19 del panel “Cinema al femminile nei Balcani”, moderato dalla direttrice scientifica di OBC Transeuropa Luisa Chiodi

08/10/2021 -  Nicola Falcinella

La seconda edizione del Balkan Film Festival che si svolge alla Casa del cinema di Roma fino a domenica (qui il programma ) ha tra gli appuntamenti di spicco il panel “Cinema al femminile nei Balcani” in programma sabato alle ore 19 che sarà moderato da Luisa Chiodi, direttrice di OBCT con la partecipazione delle registe kosovare Antoneta Kastrati e More Raca e della svizzera Andrea Štaka (jugoslava d'origine). Quest'ultima alle 21 introdurrà la proiezione del suo film “Mare”, presentato al Festival di Berlino nella sezione Panorama nel 2019 e circolato in diversi festival internazionali e non distribuito in Italia. Abbiamo sentito la regista, nota soprattutto per la vittoria del Pardo d'oro a Locarno nel 2006 con l'opera prima “Das Fräulein”.

Come vede attualmente il cinema nella regione dei Balcani? Sta accadendo qualcosa di nuovo?

È successo parecchio negli ultimi due decenni. Dalla regione sono arrivati molti film intelligenti, divertenti, politici e molto curati dal punto di vista formale e cinematografico. Ultimamente vedo più donne registe, una generazione più giovane che sta trovando la propria voce, per esempio in Croazia, Serbia e Kosovo. E penso che sia una grande cosa.

Che significato ha per lei la maggiore presenza di donne registe nella regione?

Mi sembra molto naturale. E direi che era ora! Un sguardo femminile sul nostro mondo, sulla gente e le relative storie è cruciale e apre un'importante prospettiva allo spettatore su qualcosa che è stato invisibile troppo a lungo.

La partecipazione e il punto di vista delle donne possono portare qualcosa di nuovo nel cinema dei Balcani? Che cosa per esempio?

Sì, penso che scegliamo soggetti diversi per le nostre storie e abbiamo un diverso approccio ai temi. È normale. Intendo che ciascun essere umano ha una diversa percezione della vita. Entrambi i punti di vista sono importanti, la cosa nuova è che ora abbiamo entrambe le prospettive. Circa 20 anni fa è partito un impulso più forte, mentre prima non c'erano registe donne nella regione e perciò non c'era una seconda opinione sulla vita, la famiglia, il sesso, la guerra, i modelli, il desiderio, i bambini, la povertà, il potere e così via. È davvero qualcosa che è mancato per 2000 anni. Noi siamo il 50% della popolazione.

Come donna si sente parte di un movimento?

Non penso mai in termini di movimento, dal momento che io stessa non mi sento una persona diciamo omogenea portando in me due culture differenti. Ma la mia generazione ha fatto emergere un numero di registe, sceneggiatrici e produttrici che amo molto: Jasmila Žbanić, Barbara Albert, Teona Mitevska, Ursula Meier, Elma Tataragić, Amra Bakšić Čamo, Alice Rohrwacher solo per citarne alcune. Sentiamo una grande urgenza di raccontare storie interessanti e intriganti. E come Agnes Varda, Jane Campion, Vera Chytilova o Andrea Arnold sono state dei modelli per noi, spero che possiamo incoraggiare donne più giovani a cimentarsi nel cinema.

Quale può essere il ruolo delle donne, non solo delle registe, nel cinema dei Balcani?

Preferisco parlare in termini di sensibilità femminile e maschile che non significa che solo una regista donna abbia una sensibilità femminile e viceversa. Penso che il ritmo dei due poli sia diverso, come il sole e la luna o il morbido e il duro. Vedo anche un grande scarto nella drammaturgia di oggi, dove la struttura aristotelica in tre atti è crepata e si va verso un modo diverso di creare tensione e dramma. Si creano personaggi che sono più ambigui e reali. E questo mi piace. Poetico e politico. Divertente e serio.

Tutti i suoi film hanno delle donne come protagoniste. Quanto per lei è importante raccontare queste storie e in particolare nei Balcani?

Per me è naturale, cruciale e politico. Mostra che ci sono personaggi femminili forti e creativi, ma anche fragili, belli, divertenti o cattivi. Significa dare loro più dimensioni e ho l'urgenza di scrivere storie con personaggi simili come mie eroine.

Anche il suo prossimo film avrà una donna come protagonista?

No, nella mia nuova storia ci sono due protagonisti, una donna e un uomo. Ma pensandoci bene, lei sarà più importante di lui! È una storia ambientata nel 19° secolo e amo fantasticare su come fosse per le donne al tempo, dal momento che non c'è molto di scritto delle donne sulle donne a quel tempo.