Con la sua recente visita in Kosovo, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha rilanciato le prospettive di una ridefinizione del confine tra Serbia e Kosovo. Un'iniziativa controversa sia a livello regionale che internazionale
Durante la sua visita in Kosovo, l’8 e il 9 settembre scorsi, il presidente serbo Aleksandar Vučić si è sforzato di dimostrare che i comuni a maggioranza serba nel nord del Kosovo appartengono ancora, in un certo senso, alla Serbia, evitando tuttavia di parlare di Kosovo come parte integrante della Serbia, come definito nella Costituzione serba. La visita è stata limitata all’enclave serba al nord del Kosovo, dove Vučić ha promesso alla popolazione serba una vita migliore e più facile, nonché grandi investimenti in arrivo dalla Serbia. I momenti salienti della visita sono stati trasmessi in diretta da principali emittenti televisive serbe, e le strade interessate dal percorso di Vučić sono state decorate con bandiere serbe.
Una visita così concepita è in piena sintonia con il desiderio espresso dalla leadership di Belgrado di raggiungere un accordo con Pristina su una nuova delimitazione territoriale tra i due paesi. Durante la visita non è stato reso noto alcun dettaglio al riguardo, ma già da qualche tempo si parla della possibilità che l’enclave serba al nord del Kosovo venga annessa alla Serbia: in cambio il Kosovo otterrebbe i comuni a maggioranza albanese situati nel sud della Serbia. Questa idea ha incontrato una forte resistenza sia dell’opposizione serba che di quella kosovara, nonché della Chiesa ortodossa serba e dei partiti di opposizione dei serbi del Kosovo. Nel tentativo di calmare i timori dei serbi che vivono nella parte centrale del Kosovo, a sud del fiume Ibar, Vučić continua a ripetere che l’accordo con Pristina è ancora lontano dall’essere raggiunto.
Nel suo discorso, tenuto durante la visita al lago di Gazivode nel nord del Kosovo, Vučić ha menzionato i serbi che vivono nelle enclavi a sud dell’Ibar, ma solo di passaggio. “I serbi a sud dell’Ibar non hanno alcun motivo di preoccuparsi perché non siamo ancora vicini a un accordo; non abbiamo l’appoggio della comunità internazionale, compreso il paese più forte d’Europa. Tutti questi nostri connazionali, o almeno il 95% di loro, hanno già ottenuto la cittadinanza kosovara, ma non ci passa nemmeno per la testa di privare loro della cittadinanza serba […] Tutti i serbi [del Kosovo] godranno di molti più diritti e avranno una vita incomparabilmente migliore e più facile [una volta raggiunto l’accordo]”, ha dichiarato Vučić a Gazivode.
La visita di Vučić ha dimostrato quanta influenza la leadership di Belgrado abbia effettivamente in Kosovo. Nei comuni a maggioranza serba nel nord del Kosovo tutte le strade e gli edifici sono stati decorati con bandiere serbe, i funzionari statali e giornalisti serbi potevano muoversi liberamente, ma solo all’interno di un territorio ben delimitato. Nel secondo giorno della visita, Vučić ha tentato di raggiungere l’enclave serba di Banje, situata a una cinquantina di chilometri da Mitrovica, ma i veterani dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK) hanno bloccato la strada che conduce al villaggio. Le autorità kosovare hanno revocato, per ragioni di sicurezza, l’autorizzazione concessa a Vučić per questa visita, sicché il presidente serbo è stato costretto a tornare a Mitrovica nord dove ha tenuto un discorso davanti a una platea di circa 15mila persone.
Delimitazione
Il giorno prima dell’arrivo di Vučić in Kosovo, a Bruxelles si sarebbe dovuto tenere un faccia a faccia tra il presidente serbo e il suo omologo kosovaro, ma il tentativo di riaprire il dialogo è andato a vuoto. Vučić e Thaçi si sono recati a Bruxelles, dove l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini li ha incontrati separatamente. Vučić si è rifiutato di sedersi allo stesso tavolo con Thaçi, in segno di protesta per il fatto che le autorità kosovare non gli avevano concesso l’autorizzazione a recarsi, durante la visita in Kosovo, anche al lago di Gazivode. Mogherini ha annunciato che entro la fine del mese di settembre sarà organizzato un altro incontro, ma a Belgrado questo annuncio è stato interpretato come un tentativo di mitigare il sapore amaro del fallimento dell’incontro piuttosto che come una reale occasione per riaprire il dialogo.
L’incontro di Bruxelles è stato preceduto da mesi di speculazioni sulla possibilità che venisse adottata una nuova strategia per la risoluzione della questione del Kosovo, con particolare enfasi sull’idea di una delimitazione territoriale, ovvero di uno scambio di territori tra i due paesi. A tutt’oggi non è ancora chiaro che cosa questa idea possa effettivamente implicare, ma non vi è alcun dubbio che Vučić e Thaçi si erano seriamente impegnati nella sua elaborazione. Ed è chiaro che non lo avevano fatto di propria iniziativa, bensì sotto la spinta delle potenze internazionali. Washington si è mostrata, e continua a mostrarsi, aperta all’idea di una delimitazione territoriale tra Serbia e Kosovo, mentre Berlino si oppone all’idea di modificare il confine tra i due paesi. Bruxelles, dal canto suo, si è finora astenuta dall’esprimersi in merito, sostenendo che sta a Belgrado e Pristina trovare un compromesso.
Il giorno dopo il fallito incontro tra Vučić e Thaçi a Bruxelles, sabato 8 settembre, la cancelliera tedesca Angela Merkel si è recata in visita a Skopje, dove ha ribadito la sua posizione contro ogni modifica del confine tra Serbia e Kosovo. Questa dichiarazione della Merkel – che ha deciso di non recarsi a Belgrado durante il suo tour nei Balcani – è stata interpretata come un chiaro segno di insoddisfazione della Germania per la decisione delle autorità serbe di prendere in considerazione l’ipotesi di una modifica dei confini. Vučić ha reagito con riserbo alla dichiarazione rilasciata dalla Merkel, senza tuttavia nascondere la propria insoddisfazione. “Il mio potere è di gran lunga inferiore a quello della Merkel. Se lei è contraria all’idea di una delimitazione, noi non possiamo farci nulla”, ha dichiarato Vučić durante la sua visita in Kosovo.
Niente fa pensare che Vučić e Thaçi siano disposti a rinunciare all’idea di una delimitazione territoriale tra Serbia e Kosovo, che tuttora gode di un certo sostegno a livello internazionale. Il proseguimento del dialogo è inoltre ostacolato dal fatto che non è stato ancora raggiunto un consenso tra le forze politiche kosovare sulla creazione dell’Associazione delle municipalità serbe, prevista dall’Accordo di Bruxelles, e ora si è alla ricerca di una nuova formula che sarebbe accettabile per entrambe le parti. Il fatto che i due presidenti, soprattutto quello kosovaro, siano esposti a forti pressioni politiche nei rispettivi paesi, dimostrandosi incapaci di compiere progressi nei negoziati, non è un motivo sufficiente per spingere Washington e Bruxelles a rinunciare alla ricerca di una soluzione.
Il massimo che la Serbia può offrire al Kosovo è il riconoscimento dell’indipendenza, e la visita di Vučić in Kosovo ha dimostrato che cosa chiede in cambio Belgrado. Dal momento che l’idea di una modifica del confine tra i due paesi non gode di ampio sostegno internazionale e che il raggiungimento di un consenso tra le forze politiche kosovare sulla cessione del nord del Kosovo alla Serbia risulta poco probabile, per ora sul tavolo rimane l’opzione di concedere al nord del Kosovo una larga autonomia, compresa la possibilità di mantenere legami speciali con Belgrado, in cambio del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte della Serbia. In queste circostanze, a Vučić – che continua a ripetere che la Serbia potrebbe uscire a mani vuote dal negoziato – non resta che focalizzarsi sull’enclave serba al nord del Kosovo, dove gode ancora di una certa influenza.
Pristina
Vučić aveva appositamente programmato la visita in Kosovo per l’8 settembre, all’indomani dell’incontro di Bruxelles, con l’intento di assicurarsi il sostegno dei serbi del Kosovo per il proseguimento del negoziato. Tuttavia, in un primo momento le autorità di Pristina hanno rifiutato di concedergli l’autorizzazione a recarsi al lago di Gazivode, uno dei principali punti di contesa nel negoziato tra Serbia e Kosovo. Questo lago artificiale si estende in parte sul territorio del comune di Zubin Potok nel nord del Kosovo e in parte sul territorio serbo, e la sua costruzione è stata finanziata dalla Serbia. Il lago fornisce un terzo del fabbisogno idrico di Kosovo e le autorità di Pristina vogliono averne il pieno controllo.
Dopo aver ricevuto il divieto di recarsi al lago di Gazivode, Vučić ha deciso di non incontrare Thaçi a Bruxelles, annunciando anche la possibilità di cancellare la visita in Kosovo. Tuttavia, lo stesso giorno sono arrivate forti sollecitazioni, probabilmente da Bruxelles, alle autorità di Pristina e il governo si è trovato costretto a revocare il divieto imposto a Vučić. Il ministro degli Esteri kosovaro Behgjet Pacolli ha dichiarato apertamente che il divieto è stato revocato sotto la pressione della comunità internazionale. L’annullamento del divieto è stato interpretato a Belgrado come una grande vittoria della diplomazia serba e una prova del fatto che la posizione della Serbia sta ricevendo sempre maggiore sostegno della comunità internazionale.
Thaçi, come atteso, è stato accusato dai suoi rivali politici per un’altra sconfitta nel duello con Vučić, e non vi è dubbio che l’opposizione kosovara continuerà a servirsi di questa vicenda per attaccarlo. Tuttavia, a ben vedere, qui non si tratta di un insuccesso del presidente kosovaro, dal momento che la decisione di vietare a Vučić di recarsi a Gazivode non è stata presa da Thaçi, bensì dal governo. Inoltre, il premier Ramush Haradinaj e alcuni altri funzionari del governo sono esplicitamente contrari ai negoziati con la Serbia su un’eventuale modifica del confine, pertanto la richiesta della comunità internazionale di revocare il divieto imposto a Vučić può essere interpretata anche come un chiaro messaggio agli avversari di Thaçi di “allentare la presa”.
Alla vigilia dell’incontro di Bruxelles, Thaçi è stato costretto ad accettare la richiesta avanzata dall’opposizione e da alcuni partiti della coalizione al governo affinché a Bruxelles lo accompagnasse una delegazione guidata dal vice premier Fatmir Limaj, uno dei suoi più duri oppositori. Tuttavia, questa iniziativa non ha ricevuto l’approvazione del parlamento di Pristina e il presidente Thaçi si è recato a Bruxelles da solo.