Čepurin e Brnabić (foto Beta)

Čepurin e Brnabić (foto Beta)

Ana Brnabić all’inizio del suo mandato ha dichiarato apertamente che se Belgrado dovesse scegliere tra Bruxelles e Mosca, sceglierebbe l'UE. Quali reazioni ha avuto questa dichiarazione? Un'analisi

11/07/2017 -  Dragan Janjić Belgrado

Se la Serbia dovesse scegliere, sceglierà l’Unione europea e non la Russia. Questa dichiarazione rilasciata alla tv Bloomberg ha definitivamente “promosso” la premier serba Ana Brnabić sulla scena politica come una personalità potenzialmente importante. Di lei finora si è parlato come della prima donna (oltre a essere membro dichiarato della comunità LGBT) sulla poltrona di primo ministro in Serbia e come di una persona che soddisferà la volontà del presidente della Serbia Aleksandar Vučić. Di quest’ultimo aspetto non c’è da dubitare, ma ora è chiaro che agirà in modo abbastanza deciso e determinato.

Tutto sommato, Ana Brnabić all’inizio del suo mandato, probabilmente con il consenso di Vučić, ha fatto chiaramente sapere a Washington e a Bruxelles che il nuovo governo serbo rimane sulle posizioni stabilite in precedenza, che non ci saranno virate verso la Russia e che si potrà persino aspettarsi un più forte avvicinamento a Bruxelles. Tra l’altro, si è notato che il presidente e la premier della Serbia, a differenza del periodo in cui alla presidenza c’era Tomislav Nikolić, adesso parlano dell’UE con lo stesso linguaggio.

Dopo questa dichiarazione cadono le ipotesi secondo le quali nel nuovo governo Ana Brnabić si sarebbe occupata delle questioni economiche, mentre le questioni politiche sarebbero state di competenza del primo vice premier Ivica Dačić. Se si tiene presente che lei è arrivata al posto di premier per volontà del presidente Vučić, è chiaro che dichiarare di voler dare la precedenza all’UE rispetto alla Russia, dimostra che comunque non sarà Dačić a guidare “la parte politica” del governo e che Vučić manterrà il pieno controllo sugli affari politici ed economici più importanti.

Dačić è il leader del Partito socialista della Serbia (SPS), partner chiave del Partito progressista serbo (SNS) nella coalizione di governo. Dačić e il suo partito hanno un legame stretto con Mosca, godono della simpatia della Russia e nel nuovo governo hanno avuto due ministeri in più rispetto al governo precedente. Di conseguenza si potrebbe dedurre, anche per via del fatto che nel governo è entrato Nenad Popović - un uomo d’affari molto vicino a Mosca - che nel nuovo esecutivo si è rafforzata la corrente filorussa.

Le priorità

Dare la priorità all’UE rispetto alla Russia, nella politica serba in realtà non è una novità. Perché già da anni i governi serbi sostengono che l’ingresso nell’UE è lo scopo principale della politica estera serba, che di per sé significa che la Serbia ha già fatto la sua scelta. Ma i politici serbi finora avevano sempre evitato di far riferimento ad una situazione in cui Belgrado avrebbe dovuto scegliere fra la Russia e l’UE. La premier invece l’ha appena fatto, la parola è stata detta, ha ricevuto molti commenti e non si può più tornare indietro.

Inizialmente ci si aspettava che Ana Brnabić o qualcuno dell’entourage di Vučić smentisse l’autenticità della citazione dell’intervista a Bloomberg, con le solite spiegazioni sulla frase estrapolata dal contesto. Ma non è successo. La ministra per l’Integrazione europea Aleksandra Joksimović (SNS) ha detto di non vedere nulla di strano nella dichiarazione di Ana Brnabić e che si è prestata troppa attenzione a quello che ha detto. Anche Vučić non ha smentito la dichiarazione, mentre sporadici brontolii sono giunti dalle fila del SPS di Dačić.

Cosa pensa Mosca di tutto ciò lo ha fatto sapere il portale filorusso Sputnik, il giorno stesso in cui la discussa dichiarazione di Ana Brnabić è stata resa nota. Il portale ha invitato Vučić a dire la sua in merito alla dichiarazione della premier, e al governo serbo è stato chiesto di dire chiaramente se introdurrà le sanzioni contro la Russia. Inizialmente la posizione ufficiale è stata molto blanda: affidata alla portavoce del ministero degli Esteri Marija Zaharova, che ha precisato che non è un bene, nei rapporti fra Serbia e Russia, portare la Serbia nella situazione di dover scegliere.

Una dichiarazione bilanciata che sembrava poter calmare le acque, ma l'effetto è stato di breve durata. Già il giorno dopo Zaharova ha precisato che Ana Brnabić ha consegnato gli stenogrammi dell’intervista all’ambasciatore russo a Belgrado, Aleksandar Čepurin, che la premier ha incontrato subito dopo la pubblicazione dell’intervista per Bloomberg. Zaharova ha detto che gli stenogrammi dimostrano che Ana Brnabić non è stata citata in modo corretto. Ad ogni modo, far sapere di aver consegnato gli stenogrammi dell’intervista all’ambasciatore russo non fa certo onore a Belgrado, ma dai vertici di governo praticamente non c’è stata alcuna reazione.

Vučić, il giorno dopo la comunicazione della Zaharova, ha parlato con i giornalisti e ha spiegato di non sapere nulla degli stenogrammi, ma di conoscere cosa la prima ministra pensa e dice, e di godere della sua piena fiducia. Il presidente della Serbia ha evitato di dire se la dichiarazione di Ana Brnabić è stata citata in modo sbagliato oppure se è stata estrapolata dal contesto, né l’ha fatto la premier o qualche altro funzionario del SNS. Così alla fine della smentita parla esplicitamente solo Mosca, richiamandosi all’incontro della premier con l’ambasciatore russo Čepurin.

I rischi

La Serbia dunque non ha smentito ufficialmente ed esplicitamente quanto detto dalla premier, rimandando il momento in cui dovrà decidersi fra l’UE e Mosca. Oggettivamente non si tratta certo di una questione ipotetica, perché è difficile aspettarsi che l’UE possa accogliere la Serbia come un suo membro senza che questa accetti completamente la politica estera dell’Unione, incluse le sanzioni verso la Russia.

Il fatidico “aut aut” potrebbe alla fine esserci il giorno in cui sarà presa la decisione dell’ingresso della Serbia nell’UE.

Prima di allora passeranno anni, e forse anche decenni, ma per Vučić evidentemente è stato molto importante mettere in chiaro sin da ora in che direzione si sta muovendo e allontanare così ogni sospetto sulla possibilità che il nuovo governo possa iniziare ad avvicinarsi ulteriormente alla Russia.

A Bruxelles e a Washington questo sarà certamente accolto come un segnale buono e incoraggiante, ma non ci sarà nessun “binario veloce” per l’ingresso della Serbia nell’UE. Di ciò è consapevole anche il governo di Belgrado che ha deciso intanto di migliorare e consolidare la sua posizione e dimostrare il suo orientamento definitivo.

In tutto questo Vučić, almeno per ora, non corre alcun rischio politico serio. La dichiarazione l’ha rilasciata la premier Brnabić e non lui, lasciandosi così un eventuale spazio per riparare la cosa criticando la premier. Ma siccome non c’è stata una grande resistenza non è stata nemmeno necessaria una smentita esplicita. Il presidente serbo adesso può tranquillamente pensare di piazzare un'altra mossa simile, aspettandosi giustamente di non incontrare grandi resistenze sulla scena politica locale. Probabilmente lo preoccupano molto di più le possibili mosse della Russia, dalla cui nafta e gas dipende l’economia serba, ma nemmeno su questo si aspetta risvolti drammatici.

L’opposizione nazionalista ha accolto malvolentieri la dichiarazione della Brnabić, mostrando chiaramente la propria inclinazione verso la Russia. I partiti filo-europei hanno fatto capire di essere scettici e di credere che la dichiarazione della premier non porta a nulla di nuovo, condannando inoltre la consegna dello stenogramma dell’intervista all’ambasciatore russo.

Né gli uni né gli altri per adesso possono seriamente minacciare la posizione di Vučić visto che l’opposizione filo-europea in realtà non ha nemmeno seri motivi di criticare la dichiarazione della premier, perché è chiaro che almeno formalmente non fa che rafforzare il percorso di integrazione europea.