Preoccupazioni da parte di due organizzazioni di controllo della libertà di stampa nel mondo a seguito della proclamazione dello stato di emergenza in Serbia. Una messa in guardia sulle possibilità di decisioni non democratiche.
L' International Press Institute (IPI) e il Southeast European Media Organization (SEEMO) hanno espresso la loro preoccupazione per la "situazione in Serbia" dove il governo ha dichiarato lo stato di emergenza a seguito dell'assassinio del primo ministro serbo Zoran Djindjic.
Le due organizzazioni menzionate hanno espresso le proprie dichiarazioni in un rapporto, sostenendo quanto segue: "Comprendiamo che questo sia un periodo difficile in cui la giovane democrazia in Serbia si confronta con l'assassinio di Zoran Djindjic e sappiamo che si sta facendo tutto il possibile per consegnare i responsabili alla giustizia. Tuttavia, riteniamo, allo stesso tempo, che sia importante scegliere degli strumenti che non ostacolino lo sviluppo democratico in Serbia".
Nel rapporto viene ricordato che "i redattori sono invitati a trasmettere solo le dichiarazioni ufficiali del governo, dei rappresentanti ufficiali dei partiti durante le conferenze stampa, nel caso contrario sono passibili di una ammenda del valore compreso tra i 50.000 e i 500.000 dinari (dai 1.000 ai 10.000 euro) e le autorità hanno il diritto di sospendere il loro lavoro".
"Le nuove regole, contenenti le restrizioni per i media, sono una seria minaccia alla libertà di espressione e forniscono alle autorità la possibilità di abusarne" si legge nel comunicato dell'IPI e della SEEMO, che prosegue dicendo "è molto importante non limitare le informazioni durante un periodo di crisi".
Il rapporto si conclude con una nota di speranza: "Speriamo sinceramente che lo stato di emergenza finisca il prima possibile di modo che i media possano pubblicare tutte le informazioni che considerano significative".
Lo stato di emergenza è stato introdotto il 13 marzo, il giorno successivo all'assassinio del premier serbo Zoran Djindjic. Due quotidiani sono già stati vietati a causa della presunta connessione con un gruppo criminale ritenuto responsabile dell'omicidio del premier serbo. Dopo la proclamazione dello stato di emergenza, il governo e le forze di polizia hanno iniziato la più grossa operazione mai compiuta contro i criminali e i capi dei clan del crimine organizzato della Serbia. Fino ad ora , oltre 1.000 criminali sono stati arrestati.
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