Dopo le recenti parlamentari il premier Vučić continuerà ad essere il principale punto di riferimento per la comunità internazionale. Ma il suo monopolio è a rischio. Un'analisi
In che modo i risultati delle recenti elezioni parlamentari nelle quali la coalizione guidata dal Partito progressista serbo (SNS) del primo ministro Aleksandar Vučić si è affermata in modo netto, influenzeranno la posizione internazionale della Serbia? Quanto influirà il rilevante rafforzamento della destra ultranazionalista filorussa? Risposte più precise si avranno dopo la formazione del nuovo esecutivo e dopo i primi passi concreti di quest'ultimo, ma si può già ora tentare di intuire in che direzione si andrà. Partendo ad esempio dall'analisi delle congratulazioni che sono giunte a Vučić dopo la vittoria elettorale.
“Con piacere ricordo gli incontri personali avuti con lei. Sarò molto lieto di continuare la nostra interessante e utile amicizia”, ha affermato il premier russo Dimitrij Medvedev congratulandosi con l’omologo serbo Vučić. Medvedev ha sottolineato il desiderio da parte russa di realizzare “i grandi progetti comuni in campo in vari ambiti” (i più importanti riguardano nafta e gas, per i quali i russi in Serbia praticamente hanno il monopolio), ed ha sottolineato dell'esito elettorale il fatto che i cittadini alle elezioni “hanno dato importanza al rafforzamento della partnership con la Federazione Russa”.
Il segretario di stato americano John Kerry nelle congratulazioni rivolte a Vučić, ha sottolineato di essere contento per la futura collaborazione sul proseguimento del processo d’integrazione europea, sull’aiuto alla riconciliazione a livello regionale e nel rafforzare i rapporti bilaterali. “Mi felicito in anticipo per la possibilità di sostenere lo sforzo del Suo governo volto a promuovere i diritti, la lotto contro la corruzione, lo sviluppo dell’economia e la normalizzazione dei rapporti con il Kosovo”, ha fatto sapere Kerry.
Le congratulazioni di Medved, dunque, si riducono al breve messaggio diplomatico nel quale la parte russa ha posto alcune questioni che le interessano, menzionando “i piacevoli ricordi”, “l’utile e interessante amicizia” e il desiderio di continuare la “collaborazione strategica”. Il messaggio di Washington, se si parla di definire gli scopi americani nella regione, è stato invece molto più concreto e dettagliato. Si tratta più di una sorta di lista dei desideri e delle aspettative degli USA rispetto al nuovo governo serbo, dalla cui realizzazione dipende anche il sostegno personale a Vučić, che non semplici congratulazioni per la vittoria elettorale.
Parlamento
La posizione internazionale del governo serbo guidato da Vučić, in sostanza, non è mutata rispetto al recente passato anche se, dopo le recenti elezioni parlamentari, si profilano all’orizzonte le condizioni per alcuni cambiamenti. Vučić e l’SNS continuano ad essere i garanti della stabilità sia in Serbia che nella regione, ma cessano di essere l'unico soggetto politico con cui la comunità internazionale può confrontarsi.
Mosca da una parte e Bruxelles dall’altra avranno, nel futuro parlamento, diversi potenziali alleati cioè partiti e coalizioni con i quali negli anni passati hanno sempre collaborato ma che nell'ultima tornata elettorale erano rimasti bloccati dallo sbarramento. Questa non è certo una buona notizia per Vučić.
In parlamento è entrato ad esempio nuovamente l’ultra nazionalista Partito radicale serbo (SRS) che si dichiara fortemente contrario alla NATO e all’UE. A favore di Mosca va registrato anche l'ingresso della coalizione tra il Partito democratico della Serbia (DSS) e Dveri, anche loro contrari all’ingresso nell'UE e nell'Alleanza atlantica.
Anche all’interno della stessa coalizione guidata dal SNS di Vučić, dopo questa tornata elettorale, vi è un piccolo partito orientato verso Mosca: il Partito popolare serbo dell'uomo d'affari Nenad Popović. Popović ha da tempo relazioni con la Russia ed è famoso per il suo dichiarato impegno a favore di una collaborazione più stretta con Mosca.
È possibile che Vučić abbia deciso prima delle elezioni di invitarlo nella sua coalizione per inviare a Mosca un segnale di buona volontà. Nel parlamento Popović non potrà avere una grande influenza sugli sviluppi politici, ma il fatto che ne faccia comunque parte, all’interno della compagine di governo, di per sé non è del tutto insignificante.
Dopo la caduta del regime di Slobodan Milošević, Bruxelles e Washington avevano avuto un’ottima collaborazione con il Partito democratico (DS) e con gli altri partiti che hanno dato una spallata a quel regime. Il fatto che il DS sia riuscito a “sopravvivere” e a mantenere una certa influenza in parlamento, per l'Occidente è certamente positivo. Tra l’altro, sono comparse anche delle nuove forze politiche, come il movimento “Dosta je bilo” (Ora basta) di Saša Radulović. Un movimento che agisce in modo indipendente rispetto agli altri partiti di opposizione e ai vari blocchi politici, ma dal quale non ci si può certo aspettare che si orienti “sulla linea” di Mosca.
Pressioni
La situazione venutasi a creare offre, dunque, ampie possibilità a vari soggetti della comunità internazionale di ampliare la propria influenza sulla scena politica in Serbia, cosa che a Vučić non giova affatto. Egli sa infatti che senza una stretta collaborazione con l’Occidente non può mantenere alcuna minima stabilità economica, ed è consapevole che adesso in parlamento Bruxelles e Washington hanno a disposizione varie possibilità di influenzare le decisioni che prenderà.
Washington e Bruxelles per adesso non mostrano l’intenzione di cambiare la loro politica verso Belgrado, nemmeno tra l'altro di fare concessioni a Vučić per aiutarlo ad opporsi più facilmente alle pressioni degli ultranazionalisti filorussi nel parlamento serbo. Al primo ministro serbo si chiederà di portare a compimento le strade già intraprese, sia rispetto alla politica estera (le relazioni con il Kosovo e la collaborazione regionale), sia nelle relazioni di politica interna (rafforzamento dello stato di diritto, lotta alla corruzione, libertà dei media e tutte le altre questioni riguardanti i diritti umani e civili).
Se Vučić dovesse valutare che queste richieste stanno limitando in modo esagerato il suo potere, l’unica possibilità che ha a disposizione è di orientarsi di più verso la Russia. In tal caso dovrebbe cercare un alleato nell’SRS, partito dal cui frazionamento è nato l’SNS, ma ciò comporterebbe vari rischi. L’SNS senza l’appoggio dell’Occidente e senza la prospettiva europea perderebbe l’identità attuale e smetterebbe di essere attraente per gran parte degli elettori. Al contrario l’SRS collaborando con l’SNS, si rafforzerebbe parecchio.
Un eventuale rottura dei rapporti con Bruxelles e con Washington rappresenterebbe un grosso cambiamento che porterebbe ad una grave crisi politica, senza garanzie che Vučić e l’SNS ne escano vincitori. Oltre a perdere l’indispensabile sostegno politico ed economico dell’Occidente, Vučić si troverebbe nella posizione di dipendere completamente da Mosca. Il governo, dunque, sul piano internazionale dovrà continuare ad avere un atteggiamento molto bilanciato tra Bruxelles e Mosca e, nei confronti dell'Occidente, Vučić cercherà di presentarsi come unico baluardo in grado di parare l’irruzione degli ultranazionalisti.