Operai Zastava foto Gughi Fassino

Operai della Zastava (foto Gughi Fassino)

Le reazioni in Serbia e in Italia all'annuncio Fiat sul trasferimento della produzione della nuova monovolume a Kragujevac. La lenta transizione dalla Zastava alla Fijat Automobili Srbije, l'attuale situazione della Punto classic. L'appello dei sindacati serbi all'unità tra i lavoratori del gruppo Fiat

28/07/2010 -  Cecilia Ferrara

“Produrremo in Serbia la nuova monovolume. Con sindacati più seri si faceva a Mirafiori”. Con questo virgolettato attribuito a Sergio Marchionne (amministratore delegato Fiat), l’apertura di Repubblica di giovedì 22 luglio ha fatto andare di traverso il caffè a molte persone tra la Serbia e l’Italia. Salvatore Tropea scrive che la Fiat è pronta a mandare avanti l’investimento di 1 miliardo di euro in Serbia di cui 400 milioni saranno dati dalla Banca per gli investimenti europei (BEI), 250 dal governo serbo e i restanti 350 dalla Fiat. Marchionne ci tiene a precisare che è colpa dei sindacati italiani se la nuova monovolume, L0, che dovrebbe sostituire la Musa, l’Idea e la Multipla, sarà prodotta a Kragujevac, dove prima si produceva la Yugo della Zastava, invece che a Mirafiori.

“Dopo la dichiarazione di Sergio Marchionne di spostare la produzione del nuovo modello in Serbia, si sono scatenate mail di soci che si congratulano e mi chiedono se a questo punto non si possano chiudere gli affidi”. Chi parla, arrabbiato, è Gilberto Vlaic presidente dell’Onlus “Non bombe ma solo caramelle” che dal 1999 si occupa di affidi a distanza per la città di Kragujevac.

L’Onlus triestina decise di aiutare la popolazione di Kragujevac perché i bombardamenti NATO avevano colpito anche la Zastava, la mitica fabbrica auto dell’ex Jugoslavia, privando i cittadini della loro principale fonte di sostentamento. Ogni tre mesi “Non bombe ma solo caramelle” organizza una visita a Kragujevac, incontra le 180 (c.a.) famiglie che sono sostenute da altrettante famiglie italiane, promuove con le autorità locali piccoli progetti di cooperazione, e incontra i lavoratori della Zastava. Il contatto locale per gli affidi è, infatti, da sempre il Sindacato Indipendente della Zastava oggi della FAS (Fijat Automobili Srbije). Secondo l’ultima relazione dell’associazione, in via di scrittura, la Fijat Srbija ha in forze 998 operai con uno stipendio medio di 270 euro mensili mentre altri 1200 circa sono ancora impiegati nella Zastava Automobili quindi pagati dallo stato con una media di 218 euro al mese. “In Italia non ci si rende conto che un serbo con 270 euro al mese muore di fame”, conclude Gilberto Vlaic.

Questo è solo un piccolo aspetto della vicenda che da Pomigliano d’Arco porta a Kragujevac passando per Mirafiori, ma è emblematico di come il comportamento di una multinazionale abbia ripercussioni “transfontaliere” sulla vita di molte persone.

Lo stesso arrivo della Fiat in Serbia fu determinante, secondo molti analisti, per la vittoria della coalizione democratica guidata da Boris Tadić. L’11 maggio del 2008, infatti, si sarebbero tenute le elezioni politiche in cui si confrontavano, sul filo del rasoio, il democratico ed europeista Tadić e l’allora ultranazionalista Tomislav Nikolić. Il 29 aprile avvenne a Belgrado la firma del memorandum d’intesa tra il ministro dell’Economia Dinkić e il vicepresidente Fiat Altavilla, per stabilire la joint venture tra il governo e la casa automobilistica torinese per rilevare la Zastava. La Fiat mise sul piatto 700 milioni di euro di investimenti a Kragujevac e la produzione di due nuovi modelli, il governo offrì condizioni estremamente favorevoli, fra cui una zona libera da dazi per l’importazione dall’Italia e l’utilizzo gratuito dei 400.000 metri quadri degli stabilimenti. La Serbia l’11 maggio votò per Tadić e per l’Europa.

Nei due anni che hanno seguito il memorandum d’intesa, i ritardi e gli annunci hanno creato nervosismo in Serbia, fino a che finalmente si è arrivati all’arrivo del primo vero finanziamento di 100 milioni di euro (più i 50 milioni che secondo il contratto mette lo Stato serbo) e all’assunzione dei primi mille lavoratori nel febbraio 2010. La Fijat Automobili Srbije (67% Fiat, 33% dello Stato serbo) sta ufficialmente prendendo il posto della gloriosa Zastava Automobili, che anche se per ora continua ad esistere, è sostanzialmente una scatola vuota. Il lavoro con la Fiat è in ogni caso iniziato già da tempo: dalla primavera del 2009 si assemblano le Punto Classic, un modello vecchio che viene venduto in Serbia grazie agli incentivi statali (più una minima quota di esportazione in Repubblica Srpska, in Ucraina e in paesi nordafricani). La crisi si fa comunque sentire e quest’anno si produce a ritmo ridotto, solo le auto che si vendono. Secondo i dati di Vlaic sono state assemblate 8.500 auto dal primo gennaio al 25 giugno 2010. Secondo la Jedinstvena Sindikalna Organizacija Zastava, la fabbrica è ferma e ci sono 4.500 auto invendute nel piazzale, mentre i 1.060 lavoratori della FAS sono in cassa integrazione al 65% per cento del loro stipendio.

In questa situazione l’annuncio di Marchionne è stato esplosivo in entrambi i paesi. In Italia il governo ha convocato per oggi Fiat e sindacati, chiedendo chiarimenti alla Fiat sulle dichiarazioni di Marchionne. In Serbia per la verità non c'è niente di nuovo, se non il timore che il governo italiano possa spingere la casa torinese a ritirare l'investimento. Aleksandar Ljubić, sottosegretario del ministero per l'Economia che si occupa della FAS, in questi giorni sta occupando tutti i media serbi per rassicurare che va tutto bene, che la Fiat non cambierà i piani serbi e Kragujevac diventerà la Detroit dei Balcani.

I sindacati sono più perplessi: «Sono almeno due anni che si parla di nuovi modelli della Fiat da produrre in Serbia - spiega Zoran Mihajlović, rappresentante del Sindacato indipendente della FAS. Non sapevamo i dettagli, quali modelli, ma sapevamo che avremmo prodotto 300mila auto l'anno, e che ci sarebbero stati investimenti di 700-800 milioni di euro». «La sorpresa è che in un anno si cambia per la terza volta l'annuncio del modello, e questo ci rende un po' scettici. Potrebbe cambiare di nuovo».

«La crisi ha rallentato le vendite quindi si montano solo le macchine che possiamo vendere, circa mille al mese - continua Mihajlović - si lavora solo otto giorni e per il resto è cassa integrazione». La Jedinstvena Sindikalna Organizacija Zastava dice di vedere in questo girotondo di annunci "il tentativo di dividere i lavoratori dei nostri due paesi, ed invita all'unità di tutti i lavoratori del gruppo Fiat". A Kragujevac, dunque, si continua ad aspettare.