Con le recenti dichiarazioni rilasciate alla procura di Belgrado da Veljko Belivuk, leader di uno dei più temuti clan criminali della regione, si torna a parlare di collusione tra politica e criminalità organizzata in Serbia
Lo scorso 30 luglio la procura per il crimine organizzato di Belgrado ha sollevato l’accusa contro Veljko Belivuk e alcuni membri del suo gruppo criminale, considerato uno dei clan più temuti e brutali dell’intera regione. La decisione è arrivata al termine delle indagini preliminari condotte nei confronti di 31 persone, sospettate di essere coinvolte nel traffico di stupefacenti e armi e di aver commesso cinque omicidi, una rapina e uno stupro.
A partire da gennaio 2021, quando sono iniziati gli arresti, alcuni funzionari dello stato e i media filogovernativi hanno spesso reso noti i dettagli delle indagini nei confronti dei membri del gruppo di Belivuk e pubblicato le immagini di corpi massacrati, presumibilmente vittime del clan. Prima dell’apertura delle indagini, l’opinione pubblica serba aveva sentito parlare del gruppo di Belivuk solo grazie alle inchieste portate avanti da alcuni media indipendenti, in primis dal portale KRIK che si occupa di temi legati alla corruzione e criminalità organizzata e indaga sul gruppo di Belivuk e i suoi legami con i vertici dello stato dal 2017.
Legami pericolosi
Lo scorso 22 luglio, quando KRIK ha pubblicato alcune dichiarazioni rese da Veljko Belivuk alla procura di Belgrado, è diventato chiaro perché alcuni giorni prima la leadership al potere aveva lanciato una campagna mediatica, ricominciando a pubblicare immagini di omicidi brutali e a vantarsi di condurre una lotta efficace alla criminalità organizzata.
Nel corso dell’interrogatorio, Belivuk ha negato di essere coinvolto in omicidi e in altre attività criminali, sostenendo però, tra le altre cose, di intrattenere da anni stretti rapporti con alcuni alti funzionari dello stato, compreso il presidente Aleksandar Vučić.
Belivuk ha affermato di aver aiutato, insieme ad alcuni suoi amici, il regime a garantire la sicurezza del Pride di Belgrado, a scongiurare una protesta dei tassisti nella capitale, a organizzare un comizio del Partito progressista serbo (SNS), ma anche di influenzare il comportamento di alcuni gruppi di hooligan.
Secondo quanto riportato da KRIK, Belivuk ha spiegato che a fungere da tramite fra lui e Vučić è stato un hooligan, Aleksandar Vidojević, aggiungendo però di aver incontrato personalmente il presidente più volte. Pur trattandosi di una testimonianza la cui attendibilità deve ancora essere verificata, alcune dichiarazioni di Belivuk confermano certe rivelazioni emerse dalle inchieste giornalistiche.
Belivuk è noto come uno dei leader di un gruppo di ultras del Partizan che controlla anche altri gruppi di tifosi. Il figlio del presidente Vučić è stato più volte fotografato in compagnia di alcuni hooligan, compreso il summenzionato Aleksandar Vidojević.
Il gruppo di Belivuk è noto anche per i suoi legami con un clan montenegrino, quello di Kavač, per conto del quale avrebbe ucciso alcuni membri del clan di Škaljari, banda rivale di quella di Kavač. Negli ultimi anni i media hanno spesso riportato le cronache degli scontri verificatisi tra due clan montenegrini sulle strade di Belgrado, ma anche in altri paesi della regione e in diverse città europee. Scontri in cui dal 2015 ad oggi sono state uccise oltre 40 persone. Nel maggio 2020 KRIK ha pubblicato un'inchiesta da cui è emerso che la polizia serba non ha mai arrestato nessun esponente di spicco del clan di Kavač.
Vučić si è spesso vantato del fatto che da giovane era un hooligan. Ci sono alcuni indizi che suggeriscono che nel corso degli anni il presidente abbia mantenuto stretti legami con tifoserie violente. Nel 2017 alcuni ultras furono ingaggiati per garantire la sicurezza della cerimonia di giuramento di Vučić, come nuovo presidente della Repubblica, e dalle inchieste giornalistiche è emerso che alcuni gruppi criminali hanno intrattenuto stretti rapporti con alcuni membri di spicco della Gendarmeria. A quanto pare, negli ultimi anni la leadership di Belgrado si era focalizzata sul controllo dei gruppi di hooligan e dei loro “affari” piuttosto che sull’adozione di misure di contrasto alla criminalità organizzata.
Macchina propagandistica del regime
Dopo la pubblicazione dell’articolo di KRIK, in cui sono state riportate alcune dichiarazioni di Belivuk rese alla procura, e dopo la testimonianza di un altro membro dello stesso gruppo criminale, Marko Miljković, il quale, esattamente come Belivuk, aveva cercato di difendersi sottolineando i suoi presunti legami con alcuni funzionari dello stato, sui media filogovernativi si è scatenata una vera e propria isteria.
Per giorni alcuni analisti vicini al governo, ospiti del canale televisivo "Pink", hanno commentato la vicenda, mentre i tabloid hanno riportato le dichiarazioni di Vučić e dei suoi collaboratori incentrate sulla brutalità del gruppo di Belivuk. I telespettatori hanno potuto assistere ad un susseguirsi di immagini di persone decapitate, filmati di uccisioni, registrazioni di conversazioni intercettate, descrizioni dettagliate degli omicidi con cadaveri passati nel tritacarne, ma anche di affermazioni sul coraggio della polizia serba, sui criminali che non fanno che mentire e sulla lotta senza quartiere intrapresa dal governo allo scopo di porre definitivamente fine alla criminalità organizzata.
I primi ad essere attaccati sono stati i giornalisti di KRIK, accusati di lavorare per Belivuk, definendo KRIK come un media “mafioso” e “boia” che avrebbe “sparato il primo colpo contro il presidente e contro lo stato”, poi chiunque abbia osato parlare dei presunti legami tra l’élite al potere e i criminali è stato accusato di appoggiare gli assassini.
Nebojša Bakarec, deputato eletto nelle fila dell’SNS, ha pubblicato sui social media un fotomontaggio che ritrae Marinika Tepić, vicepresidente di uno dei principali partiti di opposizione (Partito della libertà e giustizia, SSP), in compagnia di Belivuk. Alla campagna si è unito anche il sindaco di Jagodina, Dragan Marković Palma, il quale ha accusato Dragan Đilas, leader del SSP, di usare “i suoi” media per mettere alla gogna il presidente Vučić. I media più seguiti e i giornali ad alta tiratura hanno cercato di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica parlando dei perenni “nemici dello stato” e demonizzando gli oppositori politici del regime e tutte le voci critiche.
Cos’è stato taciuto?
Un aspetto che salta agli occhi è che Belivuk, nelle sue dichiarazioni rese durante le indagini – almeno secondo quanto riportato dai media – non ha mai menzionato Novak Nedić, segretario generale del governo serbo, che secondo alcune fonti intratterrebbe stretti legami con alcuni gruppi di hooligan, né tanto meno ha citato alcuni membri di spicco della polizia sospettati di essere legati ai criminali.
Ancora più palese è l’assenza del nome di Nebojša Stefanović, che non è mai stato menzionato dagli imputati pur essendo stato ministro dell’Interno all’epoca in cui il clan di Belivuk era all’apice della sua potenza. Stretto collaboratore di Vučić ed esponente di spicco dell’SNS, dopo le elezioni politiche del giugno 2020 Stefanović è stato nominato ministro della Difesa.
Tuttavia, dopo lo scoppio dello scandalo delle intercettazioni Stefanović è caduto in disgrazia agli occhi del presidente, tanto che alcuni mesi fa diversi comitati locali dell’SNS hanno chiesto la sua rimozione da tutti gli incarichi istituzionali e di partito. Vučić non ha mai voluto commentare l’intera vicenda, ma fin da subito è stato chiaro che intende “lasciare” che i suoi stretti collaboratori continuino ad accusare Stefanović di minacciare la sicurezza del presidente e dello stato.
Alcune domande restano però ancora senza risposta. Che cosa sa Stefanović? È in possesso di alcuni documenti che potrebbero danneggiare la reputazione di Vučić e di alcuni dei suoi stretti collaboratori e ministri del governo? Perché non è ancora stato destituito dall’incarico di ministro della Difesa essendo indubbiamente in parte responsabile dello scandalo delle intercettazioni?
Cosa ha voluto dire Stefanović affermando che l’FBI avrebbe contribuito alle indagini nei confronti del gruppo di Belivuk? Vučić ha prontamente smentito tali affermazioni, sostenendo che Stefanović “potrebbe avere torto”, perché “l’FBI non ha fatto nulla”, sarebbero stati alcuni “servizi europei” a fornire sostegno alla polizia serba. Com’è possibile che né Vučić né Stefanović fossero a conoscenza dei legami tra criminali e funzionari dello stato, degli omicidi e del traffico di stupefacenti e armi di cui sono accusati i membri del gruppo di Belivuk? La storia della criminalità organizzata, non solo in Serbia, dimostra chiaramente che la criminalità nasce e si rafforza proprio grazie alle collusioni col potere politico.