Alenka Bratušek durante l'audizione, fonte: Parlamento europeo

Rappresentava la Slovenia, in un incarico di grande prestigio. Ma il Parlamento europeo l'ha bocciata. E in patria, paradossalmente, gioiscono. La vicenda di Alenka Bratušek raccontata dal nostro corrispondente

13/10/2014 -  Stefano Lusa Capodistria

L’ex premier Alenka Bratušek ha rimediato una sonora bocciatura al Parlamento europeo, non sarà vicepresidente della Commissione europea e nemmeno commissario. La Slovenia ha rimediato una sonora figuraccia a livello internazionale e gli sloveni sono contenti, anzi contentissimi. Tutta la vicenda non è che l’ennesima testimonianza della crisi politica e morale che sta attraversando il paese e che non ha fatto che acuirsi per colpa della crisi economica. Ma andiamo con ordine.

Alenka Bratušek è stato il classico coniglio tirato fuori dal cilindro dall’allora leader dell’opposizione Zoran Janković per dare al suo partito la guida del governo, dopo che la Commissione anticorruzione aveva puntato il dito sull’allora capo del governo Janez Janša e su Janković stesso. L'illustre sconosciuta non ci ha però messo molto a rompere con il carismatico fondatore di Slovenia positiva ed a portare il paese per la seconda volta consecutiva alle elezioni anticipate.

L'ultimo atto

Uno degli ultimi atti del suo governo è stato quello di indicare al nuovo presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker il nome del commissario europeo sloveno. La Bratušek aveva subito fatto capire che Juncker, in quella commissione, voleva proprio lei e che le sarebbe toccato un posto di prestigio. Per lei però è stato più facile convincere Juncker della sua competenza che l'opinione pubblica slovena. Al suo indirizzo sono piovuti pesanti strali, non è mancato chi si è fatto beffe del suo inglese (non certo fluente) e delle sue competenze. Ad opporsi alla sua nomina anche Miro Cerar, fresco vincitore delle elezioni politiche che non ne voleva proprio sapere di dare luce verde al nome della Bratušek.

A quel punto la Bratušek, con la stessa raffinata eleganza con cui esibiva durante gli incontri ufficiali gonne con trame leopardate, ha deciso di rompere gli indugi e di giocarsi le ultime carte per arrivare a Bruxelles. Così uno degli ultimi atti del suo governo è stato quello di inviare a Juncker i nomi dei candidati sloveni. Non uno ma tre lasciando a Junker la scelta finale: quello della Bratušek, quello dell’ambiziosa eurodeputata socialdemocratica Tanja Fajon e quello del presidente del partito dei pensionati, nonché ministro degli Esteri Karl Erjavec. Junker, a quel punto, non ha impiegato molto a scegliere la Bratušek, senza nemmeno prendersi la briga di sentire gli altri due. Per lei, come promesso, la vicepresidenza della commissione e un settore delicato ed importante: quello dell’energia.

Vista in casa come una arrivista e per giunta incapace, le forze politiche non hanno mancato di dichiararle guerra annunciando che la resa dei conti sarebbe giunta al Parlamento europeo. L'unico a fare un mezzo passo indietro sembra essere stato il nuovo premier Miro Cerar che, dopo un colloquio con Juncker, è sembrato poter digerire la nomina della Bratušek visto il prestigioso incarico che le era stato offerto, ma comunque non ha mancato di escludere il partito dell'ex primo ministro dalla nuova compagine di governo, accontentandosi di trovare un'intesa con i socialdemocratici e con il partito dei pensionati.

Audizione in diretta

Così mentre da Lubiana partivano ferocissime critiche contro la Bratušek, con tanto di indagine della Commissione anticorruzione per il procedimento che aveva condotto alla sua candidatura, a Bruxelles i deputati sloveni, con in prima fila i socialisti e i popolari, si adoperavano per far apparire l'ex premier slovena come una assoluta incompetente, indegna di ricoprire un incarico così importante.

Il momento della verità per la candidata commissario all'unione energetica ed alla vicepresidenza della commissione è arrivato durante la sua audizione di fronte agli organismi dell'europarlamento. Lo spettacolo era talmente atteso che TV Slovenia ha persino pensato di trasmettere in diretta l'evento. Dopo una generica presentazione di quello che sarebbe stato il lavoro del suo settore la Bratušek è stata letteralmente impallinata dagli eurodeputati, che non hanno mancato di andarci giù molto più pesantemente rispetto a quanto hanno fatto con altri 4-5 potenziali euro commissari che, al pari della Bratušek, non avevano certo brillato.

Tra i primi a rimarcare la pessima figura rimediata dalla Bratušek proprio una gongolante Tanja Fajon, che a quel punto sperava di poter arraffare la traballante poltrona. Per lei si prospettava un altro grande salto. Arrivata a Bruxelles come corrispondente di TV Slovenia, portata all'europarlamento dall'allora leader degli ex comunisti Borut Pahor, che l'aveva voluta nelle liste del suo partito facendola passare davanti a molti altri che da tempo erano in paziente attesa, ora era pronta ad approdare alla Commissione europea. A premere per la sua nomina gli europarlamentari socialisti e quelli popolari, contenti probabilmente di far fuori, in barba agli accordi, un commissario liberale. Un gioco possibile questo visto che la Commissione Juncker per ottenere luce verde avrà soltanto bisogno della maggioranza semplice all'Europarlamento.

Violeta Bulc

Cerar ha subito definito l'intromissione intollerabile, visto che gli euro commissari vengono scelti dai singoli paesi e non dal parlamento. Il suo governo, così, in fretta e furia, ha mandato un nuovo nome a Bruxelles, quello di Violeta Bulc, vicepresidente del governo e ministro senza portafoglio per lo sviluppo. Alle sue spalle una carriera politica di qualche settimana, con il vantaggio comunque di provenire dall’ala liberale ed anche di essere donna, visto che Juncker deve tener conto di quella che sarà la quota rosa nella sua commissione.

Anche questa volta però non tutto è andato liscio, poiché, in seno al governo, socialdemocratici e pensionati non hanno nascosto la loro ferma opposizione, mentre da Bruxelles qualche deputato sloveno ha fatto capire minacciosamente che anche la Bulc dovrà passare il vaglio degli organismi dell’europarlamento.

Janša e le amministrative

Intanto la situazione politica slovena continua a rimanere caotica. Il paese è alle prese con il caso Janša. Il carismatico leader dell’opposizione da giugno sta scontando la pena di due anni di reclusione a causa della condanna per corruzione che il tribunale gli ha comminato per lo scandalo legato alla fornitura di blindati finlandesi all’esercito sloveno. La cosa non gli ha impedito di venir eletto alla Camera di stato ed adesso continua a far spola tra la prigione ed il parlamento in attesa di capire se potrà continuare a svolgere il suo incarico, se gli verrà revocato il mandato parlamentare o se gli verrà congelato fino alla fine della condanna.

Significativamente intanto la scorsa settimana sono andate in scena le elezioni amministrative. A pochi mesi dalle politiche e dalle europee le carte sono state nuovamente rimescolate. A trionfare sono state le liste dei sindaci, poco o per nulla legate ai partiti, che invece non sono andati propriamente bene. In ogni modo la politica slovena oramai è fatta più di nomi che di idee, basti pensare che alle europee se l’è cavata benissimo la lista di Igor Šoltes, scomparsa alle politiche, che alle parlamentari ha trionfato il partito di Miro Cerar e che personaggi come Janković a Lubiana e Popovič a Capodistria hanno fatto il pieno: che gli ultimi due abbiano da risolvere i loro guai con la magistratura agli elettori non è sembrato interessare troppo.

 

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