Il presidente turco Recep-Tayyip Erdoğan ha tenuto ieri a Sarajevo un comizio elettorale in vista delle elezioni presidenziali che si terranno in Turchia il prossimo 24 giugno.
Inizialmente era stato concepito come una seconda versione del summit di Salonicco durante il quale, nel 2003, la Commissione europea guidata a Romano Prodi lanciò in modo deciso la prospettiva di integrazione dei Balcani occidentali.
Il governo della Republika Srpska, una delle due entità costitutive della Bosnia Erzegovina, ha chiesto che i confini del paese vengano controllati maggiormente, con un incremento della polizia, per bloccare il passaggio di migranti.
L'8 maggio scorso il Parlamento dell'Armenia ha votato – dopo un primo tentativo andato a vuoto lo scorso 2 maggio – la fiducia ad un governo guidato da Nikol Pashinyan, leader delle recenti proteste che hanno profondamente scosso la politica del paese. Il neo-premier ha ottenuto 59 voti a favore e 42 contrari.
Il miliardario ed ex primo ministro georgiano Bidzina Ivanishvili annuncia il suo ritorno in politica per riprendere la guida del partito Sogno georgiano, di cui è stato fondatore nel 2012.
La procura militare rumena ha formalizzato oggi 17 aprile l'accusa di crimini contro l'umanità a carico dell'ex presidente rumeno Ion Iliescu. Sarebbero stati commessi durante il dicembre del 1989, durante la rivoluzione, in cui vi furono oltre 1000 morti e 2500 feriti.
Dal 1991 ad oggi Milo Đukanović è stato sei volte premier e una volta presidente della Repubblica. Con la vittoria al primo turno di domenica 15 aprile il leader del Partito democratico socialista si appresta a ricoprire il secondo mandato presidenziale.
L'11 aprile scorso si sono tenute in Azerbaijan le elezioni presidenziali anticipate. Ilham Aliyev, presidente uscente, si è guadagnato un quarto mandato con l'86% dei voti. La Commissione elettorale centrale ha reso noto che l'affluenza sarebbe stata del 74.5%.
Il Tribunale dell'Aja è parzialmente tornato sui suoi passi relativamente all'assoluzione del marzo 2016 di politico serbo Vojislav Šešelj. Lo ha infatti condannato ieri a 10 anni di detenzione, che non dovrà scontare dato che ha trascorso all'Aja già un periodo superiore: dal 2003 al 2014, quando è rientrato in Serbia per motivi di salute.