Una sintesi sulla crisi politica in Montenegro: dalla firma dell'accordo sulla ridefinizione della Federazione di Jugoslavia alla rumorosa questione dell'iscrizione del presidente Djukanovic nel registro degli indagati.
È trascorso più di un mese dalla firma dell' accordo per la ridefinizione della Repubblica Federale di Jugoslavia, ma la bagarre politica in Montenegro non si è ancora placata. L'accordo, firmato il 14 marzo dal premier montenegrino Filip Vujanovic e dal presidente Milo Djukanovic con le controparti serbe, aveva sollevato le proteste degli altri due partner della coalizione governativa, i Liberali (LSCG) e i socialdemocratici (SDP).
Questi ultimi hanno avanzato più di una protesta, rimarcando la loro posizione più indipendentista, ritenuta non degnamente rispettata dall'accordo mediato dal responsabile della politica estera dell'UE, Javier Solana.
Il 18 aprile infatti, a causa della mancanza di una maggioranza di governo, dopo che i Liberali hanno deciso di uscire dalla coalizione, il premier Vujanovic restituisce il mandato. I giorni che seguono la decisione sono carichi di tensione. Tuttavia il governo regge. Il premier restituisce il mandato, ma il parlamento inizialmente non gli vota la sfiducia. Vujanovic rimane in sella e tutti si preparano per le elezioni amministrative. Elezioni che riguardano quasi tutto il Montenegro; fanno eccezione due centri importanti come Herceg Novi, sulla costa al confine con la Croazia, e la capitale Podgorica. Questi ultimi avevano infatti indetto le elezioni locali nel 2000.
Tutti i partiti politici, considerano la tornata come un banco di prova per i futuri schieramenti politici. La lotta rispecchia l'andamento dell'opinione pubblica, divisa sulla vicinanza politica alla Serbia e l'indipendenza della repubblica montenegrina.
Di fatto le elezioni sembrano dare ragione all'idea separatista. Il cosiddetto blocco indipendentista si aggiudica una buona fetta di municipalità. I Liberali, che in quasi tutte le municipalità si sono presentati da soli, conquistano letteralmente la capitale storica del Montenegro, la città di Cetinje. Nel frattempo gli alleati filojugoslavi della coalizione "Insieme per la Jugoslavia" bisticciano per i posti nelle amministrazioni locali, ma mantengono una buona percentuale.
In realtà il loro gioco lo fanno nel parlamento federale, dove appunto sono gli unici a rappresentare il Montenegro. Infatti, il blocco indipendentista al governo non riconobbe nemmeno la svolta del 5 ottobre (che segnò la caduta di Milosevic), perché includente le modifiche costituzionali che Milosevic, prima di andarsene, aveva machiavellicamente apportato e che penalizzavano il peso politico del Montenegro al Parlamento federale. In questo modo la coalizione "Insieme per la Jugoslavia" (SNP-NS-SNS) guidata da Predrag Bulatovic, da sola partecipa alla vita del parlamento jugoslavo.
Per qualche tempo, dopo la firma dell'accordo, l'SNP ha insistito sull'interpretazione del testo, bloccandone l'accettazione da parte del Parlamento federale. L'accordo infatti dovrà essere votato dai parlamenti delle repubbliche e da quello federale prima di essere implementato. Tuttavia in questi giorni l'SNP sembra addirittura favorita dalla coalizione DOS. L'SNP avanza delle richieste al Parlamento federale riguardanti il futuro assetto dell'unione tra Serbia e Montenegro, che puntualmente la DOS gli concede.
Secondo l'analista politico, Zoran Lutovac, intervistato dal settimanale Monitor, l'SNP sta dirigendo un gioco finalizzato al suo riposizionamento politico. Una sorta di scena mediatica che gli consentirebbe di aggiudicarsi il favore degli elettori, mostrando un perfetto accordo con la dirigenza federale. Tuttavia, fa notare Lutovac, si tratta di un semplice gioco, perché le richieste avanzate dalla SNP sono in realtà questioni su cui la DOS non ha mai espresso alcun dubbio e che anzi sono ampiamente previste dall'accordo del 14 marzo. Una delle dispute, per esempio, riguarda l'elezione dei deputati del Parlamento federale. Secondo Djukanovic nell'accordo non è precisato il modo in cui saranno eletti i deputati, ma saranno le due repubbliche che regoleranno il modo in cui ciò verrà fatto. Mentre la SNP sostiene che l'accordo prescrive l'indizione delle elezioni subito dopo l'accettazione delle modifiche costituzionali. Tuttavia, come afferma Lutovac, vi sono due norme contenute nel documento dell'accordo, che renderebbero ragione di entrambe le posizioni, sia di Djukanovic che di Bulatovic (cfr. Monitor, 24 maggio 2002). Al di là delle questioni puramente tecniche, ciò che emerge è che l'Accordo tanto discusso non è affatto chiaro.
Ad ogni modo la crisi politica montenegrina procede. Il 28 maggio il premier di governo Filip Vujanovic viene riproposto come mandatario dal presidente Djukanovic. Come molti si aspettavano, Djukanovic, che ne ha il potere, ha ripresentato la candidatura di un uomo del suo partito, lo stesso che aveva consegnato il mandato poco più di un mese fa e verso cui il Parlamento aveva solo la scorsa settimana votato la sfiducia. Ora toccherà ancora al parlamento votargli la fiducia e formare un nuovo governo. Nei prossimi giorni infatti i partiti si incontreranno per valutare la decisione di Djukanovic.
Filip Vujanovic è al governo dal 1998 e con questa sarebbe la quarta volta di seguito che occupa il posto di premier.
Le reazioni dei vari partiti politici sono state immediate. I Liberali accusano Djukanovic di minare la stabilità del paese, che necessiterebbe di un governo stabile in questo momento delicato. Inoltre accusano il presidente di voler unire le elezioni parlamentari con quelle presidenziali. L'SNP dal canto suo dichiara di non interessarsi troppo a chi sarà il nuovo premier di governo, ma bensì alle elezioni politiche, previste per il prossimo inverno.
Il premier "uscente-entrante" nel frattempo ha invitato proprio i Liberali ad accettare la coalizione governativa, sullo stile di quella precedente, dal momento che avrebbe senso la loro partecipazione in una coalizione che si batte per l'indipendenza. Vujanovic avverte che se i Liberali non appoggeranno la candidatura si rivolgerà ad altri partiti. Tuttavia i Liberali sono stati anche invitati dall'opposizione a votare una riduzione del mandato, cosa che di conseguenza comporterebbe le elezioni anticipate.
Tutti e quanti i 33 deputati dell'opposizione hanno infatti firmato, il 29 maggio, la richiesta di accorciamento del mandato parlamentare e la hanno consegnata ai deputati liberali perché da loro dipenderà la definitiva decisione.
La ciliegina sulla torta però sembra essere arrivata dall'Italia proprio alla fine del mese di maggio. Le Nacional sia stato l'apripista dell'intero caso. Nel maggio 2001 aveva infatti pubblicato un articolo che accusava Milo Djukanovic di essere uno dei capi del contrabbando di sigarette. L'articolo era poi stato fatto seguire da altri testi, quali per esempio una lunga intervista con Srecko Kestner, ex collaboratore di Stanko Subotic Cane, uno degli uomini più potenti e discussi dei Balcani.
A seguito di tutta la vicenda sollevata da Nacional in Montenegro, venne poi istituita una Commissione parlamentare, incaricata di indagare sulle dichiarazioni del settimanale croato. Tuttavia questa commissione, presieduta da Vuksan Simonovic (che allo stesso tempo è uno dei leader della SNP), non ha prodotto nulla più che richieste di ascolto degli imputati, ma nessuna prova concreta, non essendo per altro un organo giudiziario bensì parlamentare.
L'intero affare, piombato sulla testa del presidente montenegrino, rischia al contempo di destabilizzare ulteriormente il delicato equilibrio della politica interna della piccola repubblica. Lo stesso Simonovic si è affrettato a dire di non essere per nulla sorpreso dell'iscrizione di Djukanovic sul registro degli indagati, dicendo che tutto ciò conferma quanto la SNP da tempo afferma, e sottolinea ulteriormente l'importanza della commissione che lo stesso partito aveva appoggiato (Vijesti, 30 maggio 2002).
Già nel marzo di quest'anno lo stesso Simonovic aveva detto che se le dichiarazioni di Nacional dovessero risultare esatte, qualcuno potrebbe cadere dal potere.
Sul versante filo indipendentista si affacciano invece interpretazioni che vedono la procedura della magistratura italiana quale ennesima pressione sul Montenegro. Per ora come - ha dichiarato più volte il rappresentate in Italia per il Montenegro, Ljubisa Perovic - gli organi competenti italiani non hanno comunicato ufficialmente nulla alla Repubblica del Montenegro. Mentre una singolare dichiarazione è stata fatta dal vicepresidente della polizia internazionale per la lotta alla droga, Marko Nicovic, al quotidiano serbo Glas Javnosti. "Questo timing mostra la pressione dell'amministrazione europea verso il Montenegro, al fine di farlo allontanare dall'indipendenza" - e continua Nicovic - "probabilmente esistono dei materiali compromettenti, indicazioni che possono aggravare la posizione di Djukanovic, sia in modo politico e che in qualche altro modo. Però questa storia tra il Montenegro e la mafia di Bari è vecchia di anni e questa volta la UE la usa per costringere Djukanovic a realizzare l'accordo di Belgrado" (Glas Javnosti, 31 maggio 2002).
Vedi anche:
La Federazione Jugoslava non esiste più
Montenegro: inizia la campagna elettorale
Risultati delle elezioni in Montenegro
Inchiesta speciale: il caso Nacional
Montenegro: aggiornamenti sul caso Nacional
Il principale boss mafioso dei Balcani