Diritti umani

Bosnia: aumenta il numero dei minori abbandonati

22/09/2001 -  Anonymous User

Non si conosce l'esatto numero dei ragazzi abbandonati in questi ultimi anni, ma è certo che questo numero sia aumentato. La situazione è preoccupante sia nella Federazione sia in Republika Srpska, dove il problema della sistemazione dei nuovi orfani e dei bambini abbandonati è alquanto grave.
In Bosnia Erzegovina la gestione degli orfanotrofi è a carico degli uffici di assistenza sociale, che versano in condizioni economiche molto precarie "Solo quest'anno abbiamo accolto 35 nuovi orfani, ma per fortuna 25 sono già usciti, alcuni sono tornati a vivere nella propria famiglia, mentre altri sono stati adottati" ha dichiarato Amil Zelic, direttore della Casa dei bambini - sinonimo di orfanotrofio - "Bjelave" di Sarajevo, che in questo momento accoglie 60 ragazzi.
Anche a Banja Luka, città principale della Republika Srpska, la Casa dei bambini "Rada Vranjesevic" accoglie un alto numero di minori. "Tra i 120 minori attualmente accolti vi sono sia neonati che ragazzi di 17 anni, di tutte le nazionalità" informa Danilo Pirjanac - direttore del centro di accoglienza "ed alcuni di loro vivono tra queste mura da prima della guerra". Danilo Pirjanac ha sottolineato che i problemi economici sono tanti, innanzitutto legati al fatto che i comuni di provenienza dei ragazzi sono obbligati a pagarne il soggiorno presso l'orfanotrofio che li ospita, e che con la politica fiscale attuale - male organizzata - il funzionamento delle strutture di accoglienza è pessimo.
"Non è migliore nemmeno la situazione dell'orfanotrofio di Tuzla" ha aggiunto la direttrice Avdija Hercegovac "che offre ospitalità a 33 minori per la maggior parte neonati abbandonati per la strada o provenienti dalla Clinica della città".
Nella zona della Bosanska Krajina, vengono abbandonati una media di due neonati al mese, che poi vengono trasferiti al cosiddetto "Dom" di Kulen Vakuf . Come informa il direttore di questo centro, Admir Ljescanin, i 60 bambini accolti nel Dom hanno tutti meno di 5 anni di età. Al compimento del quinto anno di età i bambini vengono trasferiti all'Orfanotrofio di Sanski Most oppure ad altri orfanotrofi decentrati.. Rispetto alle cause di una percentuale così alta di abbandoni, emerge che tra le partorienti vi sono molte minorenni e donne che hanno subito uno stupro. Nei primi nove mesi del 2001 i ragazzi adottati sono stati 40, ma purtroppo quelli nuovi sono di numero ben superiore a coloro che trovano una famiglia adottiva. I centri sociali non riescono a risolvere i molteplici problemi finanziari e ultimamente è alquanto diminuito il numero delle organizzazioni umanitarie che li sostenevano. Ecco perché con la trasmissione "Humana Televizija" emessa il 14 settembre dalla televisione di Stato, è stato lanciato un appello a tutti i cittadini affinché diano il proprio contributo in aiuto a tutti gli orfanotrofi della Bosnia Erzegovina.

Traffico di vite dall'Albania

07/09/2001 -  Anonymous User

L'associazione Save the Children, ha pubblicato in questi giorni il rapporto "Child Trafficking in Albania," realizzato in collaborazione con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'International Catholic Migration Commission. Denunciando l'assenza di statistiche ufficiali e significative sul fenomeno, la ricerca realizzata dal 1998 al 2001, si affida all'indagine sul campo e alle testimonianze dirette delle vittime. Secondo il rapporto, almeno il 60 per cento degli albanesi "trafficati" a scopo di sfruttamento sessuale, sono minori. Più della metà vengono ingannati con la promessa di un lavoro, mentre il 18 per cento delle vittime ha subito un sequestro. Una conseguenza allarmante della paura del traffico in Albania é il precipitoso calo del numero delle ragazze che dai 14 anni in su, frequentano la scuola superiore. Il rapporto è risultato importante, al fine di portare allo scoperto questa triste situazione in Albania e si auspica possa tradursi in cambiamenti nelle politiche di governo e nell'opinione pubblica che avranno un effetto sulla limitazione nel traffico di vite umane.

Macedonia: 'La polizia abusa della popolazione albanese'

06/09/2001 -  Anonymous User

L'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch accusa la polizia macedone di violazioni dei diritti umani, assassinio di civili inermi, distruzione di case a cannonate. I polizziotti macedoni tra il 10 e il 12 agosto compirono massacri durante l'assalto a Ljuboten, un villaggio a maggioranza albanese ritenuto base dei ribelli dell'Uck. Secondo un rapporto dell'organizzazione le truppe della polizia macedone - un corpo militare, dotato di armi pesanti e blindati - hanno ucciso sommariamente sei civili, bruciato abitazioni e portato il terrore a Ljuboten, apparentemente per vendicare due attentati nei quali erano morti 18 soldati macedoni. Inoltre, nel bombardamento di Ljuboten prima dell'assalto sono rimaste uccise tre persone, e un decimo abitante del villaggio è morto in carcere per sospetta tortura.

Genova vista dai Balcani

31/07/2001 -  Michele Nardelli

Mentre gli otto signori della Terra si riunivano nel cuore blindato di Genova, in Macedonia le armi riprendevano il sopravvento sul dialogo. Quasi ad avvalorare l'idea che in fondo i Balcani siano "altro" rispetto ai processi della globalizzazione, un'area di crisi certamente nell'agenda del G8 ma rispetto alla quale l'impegno e il disimpegno delle maggiori potenze industrializzate del pianeta venisse misurato sul piano militare piuttosto che nella malcelata idea che in quell'area ognuno gioca per sé.Un mondo a parte, per usare l'espressione di Gustaw Herling, rimasto tale anche dopo l'89 per la funzionalità della destabilizzazione ai processi di accumulazione senza regole e di finanziarizzazione dell'economia. Oppure per non turbare schemi consolidati e pigrizie culturali.
Il fatto è che nel tempo della globalizzazione i tradizionali punti cardinali hanno assunto un significato diverso, il mondo non è più diviso fra nord e sud, fra paesi ricchi e paesi poveri o impoveriti. Nella "globalizzazione reale" si sono delocalizzate le disuguaglianze e le grandi contraddizioni del presente per cui il sud è nel nord e viceversa, est e ovest si confondono (nel rincorrere il mercato, tanto per fare un esempio). E dentro questa nuova dislocazione a-spaziale e a-temporale delle economie (ma per non sbagliarsi sostenuto da un accentuato controllo politico e militare nelle aree considerate strategiche), il sud est europeo assume un ruolo tutto particolare (e indicibile), tutt'altro che favorevole alla prospettiva dell'integrazione europea.
Di questa partita, che fa dei Balcani uno dei simboli della modernità, non sembra affatto esserci consapevolezza. Evidentemente, dieci anni di guerra e di deregolazione selvaggia nell'est europeo non sono serviti a mettere a fuoco il significato profondo di quegli avvenimenti.
Un ritardo di analisi che sembra prevalere anche nei commenti che dai paesi dell'area balcanica vengono sul summit di Genova, dall'atteggiamento che emerge dai media bosniaci, quasi a rivendicare col cappello in mano la possibilità di essere parte di un processo del quale non ci si accorge di essere (ahimè) protagonisti; all'approccio quasi rancoroso dei media croati, dopo aver preso atto che la quarantena durerà ancora a lungo, affidandosi nel giudizio sul vertice del G8 - non senza ipocrisia - alla critica vaticana verso il mondo dei ricchi; al più maturo e distaccato atteggiamento dei media serbi, dove prevale una lettura più politica e fortemente critica verso la natura di una globalizzazione concepita come strumento di delegittimazione delle sovranità nazionali.
Ne esce un quadro che se riflette molto bene gli stati d'animo dei contesti nazionali, non sembra percepire che nei Balcani la globalizzazione è il presente ed ha la faccia che abbiamo conosciuto nella tragedia balcanica di questi anni. Una riflessione che deve investire anche lo stesso movimento "no global", che purtroppo poco ha coinvolto finora i possibili interlocutori del sud est Europa.
Eppure nei Balcani esistono già gruppi e associazioni della società civile che in questi anni si sono attivati sul piano del dissenso alla guerra e alle politiche di regime, della difesa dei diritti dei gruppi socialmente ed economicamente più deboli, della difesa dell'ambiente, benché solo una piccola rappresentanza di essi partecipi alla rete che da Seattle a Genova ha raccolto le molte anime critiche verso questa globalizzazione. Qualcosa dunque comincia a muoversi, tanto che negli ultimi giorni in Croazia si è costituito il movimento HAG anti-global.
Anche nel ragionamento sui temi della globalizzazione è dunque possibile immaginare un percorso comune "dal basso" che rompa l'isolamento dei Balcani dall'Europa e dal resto del mondo. E anche a partire da quest'ultima considerazione nasce la proposta di collocare qui, in una delle grandi capitali dell'est europeo, una delle prossime sessioni del World Social Forum.

Fonti: Lino Veljak da Zagabria, Ada Sostaric da Belgrado, Dario Terzic da Mostar

Articolo

22/06/2001 -  Anonymous User

Il membro del Comitato generale del Partito pensionati
della Republika Srpska, Dusan Prica, ha lanciato un

Ordinaria globalizzazione

16/06/2001 -  Michele Nardelli

C'è un luogo dove le dinamiche della globalizzazione si esprimono in forme anticipatorie tanto da farne uno snodo emblematico di indagine sulla post modernità. E che si tende ad ignorare, un po' perché la rimozione è il tratto caratteristico del nostro rapporto con questa parte d'Europa tanto diversa e ricca di civiltà e intrecci culturali, un po' perché non rientra negli schemi semplificati ai quali ci ha abituato il '900.

La lettura degli avvenimenti balcanici degli ultimi dieci anni come il prodotto di arcaici risentimenti nazionali ed etnici, quanto meno superficiale, ha contribuito a non far cogliere appieno il segno di questa moderna tragedia nel cuore dell'Europa. Certo, dieci anni di guerre non si spiegano senza una base ampia di consenso ed il richiamo nazionalistico ha avuto esattamente questa funzione. Così il disegno di una nomenklatura che decide di succedere a se stessa, può anche essere considerato il colpo di coda nell'agonia dei vecchi regimi, ma questa semplificazione non aiuta certo a capire.

C'è qualcosa di terribilmente moderno nelle vicende che hanno segnato i Balcani degli anni '90, che ha a che vedere con le dinamiche della globalizzazione nella crisi degli stati, nel prevalere della dimensione finanziaria dell'economia, nel controllo dei corridoi strategici fra l'Europa, il Caucaso e l'Oriente, nella sperimentazione dei più sofisticati sistemi d'arma e nell'intreccio fra deregolazione e neoliberismo. Uno scenario nel quale non possiamo non rispecchiarci.

Anche le maschere di questo tragico giuoco, che hanno interpretato al meglio il ruolo loro assegnato di croupier di un'immensa area off shore dove l'unica regola è la corruzione, assomigliano in maniera inquietante a certe maschere di casa nostra. Come dovrebbe far riflettere che a certe cancellerie occidentali personaggi come Milosevic fossero più funzionali di Kostunica, Karadzic di Dodik o di Ivanic, Tudjman di Racan, e così via.

È come se con la fine del bipolarismo si fosse aperta un'enorme voragine in grado di funzionare come fattore di attrazione di illimitati traffici ed affari, dove allocare i santuari dell'accumulazione finanziaria. Il che dovrebbe far riflettere sulla natura di chi ha vinto la partita del secolo scorso, come del resto sull'annebbiamento delle coscienze lasciato in eredità dai regimi.

Non è affatto casuale che gli industriali del nord est si riuniscano non a Treviso ma a Timisoara, in Romania, laddove 7203 imprese italiane imperversano nello sfruttamento di manodopera a costo zero, nell'assenza di regole né ambientali, né tanto meno sociali. O che i Balcani siano diventati lo snodo dei traffici più criminali, armi, droga, sigarette, per non parlare del traffiking di donne e bambini, del riciclaggio del denaro sporco, in un intreccio fra economia legale ed illegale dai contorni sempre più sfumati.

Così come non è per nulla casuale che i paesi dell'est europeo stiano diventando la pattumiera di un modello di sviluppo immorale, dissipativo ed insostenibile. All'eclatante decisione del parlamento russo di trasformare la Siberia in un'immensa discarica nucleare, corrispondono i mille episodi, solo in minima parte conosciuti, di trasformazione dei vecchi siti minerari di quella che un tempo era la Jugoslavia in altrettanti depositi di scorie tossiche e radioattive provenienti da ogni parte del mondo.

Deregolazione e povertà, poteri mafiosi e corruzione, sono gli ingredienti attraverso i quali l'altra metà dell'Europa viene inclusa ed esclusa al tempo stesso. Un immenso casinò, dove si gioca sul presente e sul futuro di un'umanità annichilita dalle macerie del comunismo e delle guerre, comprese quelle "umanitarie", compreso il "circo umanitario" che spesso le segue, altrettanto invasivo ed insostenibile. Pensare che non ci ricada addosso è solamente irresponsabile.
La globalizzazione non è un'astrazione ideologica, è il nostro presente. Capirne gli effetti è importante quanto contestarne le rappresentazioni.

Un giorno lungo una vita

24/05/2001 -  Agostino Zanotti

Il diario di Agostino Zanotti sul viaggio a Travnik per testimoniare al processo contro Paraga, il responsabile del gruppo di militari che il 29 maggio del '93 presso Gornj Vakuf sparò contro i componenti di un convoglio umanitario uccidendo Fabio Moreni, Sergio Lana e Fabio Puletti. Solo Agostino e Christian Penocchio si salvarono. Ora devono testimoniare

Otpor chiede una legge per riabilitazione vittime del comunismo

16/05/2001 -  Anonymous User

Il movimento "Otpor" ha promosso un'iniziativa per emanare una legge sulla riabilitazione di tutte le persone accusate ingiustamente e per il ritorno della proprietà confiscata. La legge comprenderebbe ilperiodo del regime comunista dal 1945 fino ad oggi, ha annunciato Jelena Homen, coordinatrice di questo progetto. Ha dichiarato che tutti i cittadini i cui parenti sono stati condannati in qualsiasi modo dai governi precedenti e hanno le prove documentali sull'espropriazione, possono consegnare questi documenti alla sede di Otpor.

Il tribunale de L'Aja trasloca a Brcko?

11/05/2001 -  Anonymous User

Il destino del Tribunale internazionale per i criminidi guerra commessi in Rwanda ed ex Jugoslavia è sempre
più incerto. Il famoso Tribunale de L`Aja verràsostituito da una nuova Corte Penale Internazionale, mettendo così
in atto le decisioni della Conferenza di Roma svoltasi il 17 luglio 1998. Il nuovo Tribunale è però ancora in fase di organizzazione e nessuno sa quando comincerà a funzionare.

Nel frattempo, per Carla del Ponte - Procuratrice generale del Tribunale de L'Aja -
e per il suo team, il lavoro non manca.
Ultimamente, il processo di cui si parla di più èquello intentato al generale serbo Krstic, mentre
quattro settimane fa si approntava l'arresto diun altro serbo-bosniaco, Dragan Obrenovic, all'epoca
comandante della brigata di Zvornik (RepublikaSrpska).
L'arresto di Obrenovic è legato ad una registrazione
da cui risulta che il generale Krstic ordinò ad Obrenovic di uccidere tutti i musulmani di Srebrenica arrestati. Ad oggi, però, non è ancora stata
confermata l'autenticità della voce registrata.
Intanto in Bosnia si continua a credere che
proprio Obrenovic potrà confermare, o smentire, alcuni fatti riguardanti Srebrenica e le
responsabilità del generale Krstic, ma anche quelle diBiljana Plavsic e Momcilo Krajisnik.
Il processo contro i due ex-leader della Republika
Srpska viene portato avanti dal giudice Marc Harmon, lo stesso che realizzòil processo contro il generale croato Tihomir Blaskic.
Il procuratore generale de L'Aja considera i processi contro
Plavsic e Krajisnik molto importanti. Carla del Ponte ritiene infatti che questi due casi siano molto preziosi per la costruzione della piramide delle
responsabilità di Slobodan Milosevic.
Certo, mancano ancora tantissimi elementi per costruiretale piramide, ma sembra anche che la
stessa signora Del Ponte non sia ancora pronta peravviare il caso, forse anche un po' spaventata dalle
possibili responsabilità che ricadrebbero su di lei se il processo contro Milosevic non dovesse risultare ben fatto.

Intanto, si stanno accelerando i preparativi per l'inizio delle attività della nuova Corte Penale Internazionale. Quest'idea gode
dell'appoggio di Gran Bretagna, Germania, Canada e ultimamente anche di paesi come Francia e Iran.
Secondo alcune informazioni, non confermate, al L'Aja sono
già pronte 200 nuove cause da avviare.
Dato che il nuovo Tribunale Permanente si occuperà di processi relativi non solo a
crimini di guerra, ma anche di quelli legati a terrorismo,crimine organizzato e narcomafia, sembra che all'Aja non
si avrà tempo per risolvere tutti i casi in agenda. Ed èper questo che si parla della possibile organizzazione di
"una piccola Aja" con sede in Bosnia Erzegovina.
Inizialmente è stata proposta la città di Sarajevo ma, dato il parere contrario dichiarato dai serbi, oggi si ipotizza come possibile sede il distretto di
Brcko.
Esperti de L'Aja avrebbero il compito di controllare il funzionamento di questotribunale, così come procuratori e giudici de L'Aja
seguirebbero e controllerebbero tutte le inchieste avviate.

Programmare gli interventi nel Meditteraneo

10/05/2001 -  Anonymous User

L'ICS, il Consorzio Italiano di Solidarietà organizza per i prossimi 18-19-20 maggio, l'Assemblea di programma dal titolo "La sfida della solidarietà" che vede all'ordine del giorno Balcani, Medio Oriente, Mediterraneo, accoglienza dei rifugiati. Per partecipare all'assemblea contattare la segreteria.

Articolo

02/05/2001 -  Anonymous User

Dragoljub Micunovic, presidente della Camera di cittadini del Parlamento Federale ha dichiarato che "alla riunione del Parlamento Federale, che si terrà l'8 maggio, non si discuterà della legge sulla collaborazione con il Tribunale dell'Aja perché la Proposta di legge non è ancora stata accettata dal Governo Federale". "Nel corso di questa riunione verranno concordate alcune nuove leggi e ratificati dei contratti, fra i quali anche la dichiarazione sulla demarcazione dei confini con la Macedonia. Il Parlamento delibererà sulla serie di leggi del Tribunale Costituzionale e si discuterà anche del sistema di leggi monetarie e fiscali emanate del Parlamento Serbo".