L'economia armena è dominata da un piccolo gruppo di ricchi imprenditori legati al governo; l'esecutivo gode di enormi prerogative che sfuggono ad ogni controllo democratico; il potere giudiziario non è percepito dai cittadini come indipendente né competente; i media non sono sufficientemente liberi.
L'ex ministro degli Interni e leader del Partito socialista serbo ha ottenuto oggi l'incarico dal presidente della Repubblica per la formazione del nuovo esecutivo
Giovani che ballano al suono di canzoni pop-dance patriottiche, ragazze che fanno ginnastica di fronte a enormi ritratti di Putin e Medvedev, sveglia con l'inno nazionale russo a tutto volume... questo e molto altro avevo raccontato con parole e fotografie sul sito di Osservatorio dopo aver partecipato a campi giovanili patriottici organizzati dal governo russo a Seliger e Mashuk un paio di estati fa.
Nel gennaio di un anno fa il premier turco Erdoğan sfoderava la retorica della fratellanza “turco-siriana” apriva il suo Paese ai profughi siriani che fuggivano dalla repressione violenta di Damasco e si ritagliava un ruolo di mediazione nel conflitto tra opposizione e regime siriano.
Al vertice UE del prossimo 28-29 giugno erano gli ospiti più attesi. E invece il nuovo premier greco Antonis Samaras e il suo ministro delle Finanze, Vassilis Rapanos, non ci saranno. Sono entrambi in ospedale: Samaras per un'operazione alla retina, Rapanos (economista di area PASOK) per un malore che gli ha impedito di prestare giuramento.
Durante il G20 che si tenuto a Mexico City questa settimana, i presidenti di Stati Uniti, Russia e Francia hanno sottoscritto una dichiarazione comune dove si invitano le parti del conflitto in Nagorno Karabakh a prendere al più presto “decisioni importanti necessarie a raggiungere una risoluzione stabile e pacifica del conflitto.” Subito dopo, come riportato dal New York Times , Armenia e Azerbaijan si sono affrettati a incolparsi a vicenda per la situazione di stallo in cui si trovano i negoziati.
Il regista Emir Kusturica ha sollevato critiche e proteste dopo che, per costruire la sua Andrićgrad, ha smantellato un'antica fortezza austriaca a Trebinje
Sabato 16 giugno 2012. Le cinque di pomeriggio. Un gruppetto di turisti vocia di fronte al cancello d'entrata all'acropoli di Atene, il monumento più noto della capitale ellenica e icona della Grecia nel mondo. Il cancello però è chiuso, anche se la targa scintillante all'ingresso riporta che l'orario d'apertura è fino alle otto.
In questi giorni, le tante voci che ho sentito per riflettere sulle elezioni in Grecia erano d'accordo su un punto: esercitare pressioni dall'esterno sugli elettori ellenici è un esercizio sicuramente sterile, e molto probabilmente controproducente. La cosa è tanto più vera se i “consigli elettorali” vengono dalla Germania, paese che al momento non gode di grandi simpatie ad Atene e dintorni.