Economia

Montenegro: i prezzi in marchi e in euro

15/10/2001 -  Anonymous User

A partire da oggi tutti i locali e i negozi del Montenegro dovranno applicare i prezzi nelle due valute, ovvero in marchi e in euro. I prezzi espressi in due valute fanno parte della decisione che il governo ha preso circa una decina di giorni fa e che da oggi entra in vigore.
La doppia indicazione dei prezzi dei prodotti verrà applicata fino al 31 marzo 2002, quando l'euro diventerà la moneta ufficiale in Montenegro e quando verrà messo fuori corso il marco tedesco.
Il ministro montenegrino per il commercio, Ivan Raicevic, ha detto che tutti devono rispettare la parità che è stata concordata, un marco rispetto a 1,955 euro, e che è stata affermata dal Fondo monetario europeo. Secondo le sue parole, a partire dal 1 di dicembre, anche i registratori di cassa dovranno riportare i prezzi nella doppia valuta.
La conversione dei marchi in euro potrà essere eseguita presso la Banca Centrale del Montenegro e nelle altre banche di servizio. I cittadini potranno cambiare in ogni momento i marchi in euro, fino ad un valore di 10.000 marchi, mentre per conversioni di importo maggiore sarà necessario aprire un conto corrente presso una banca.

Quale turismo nei Balcani?

10/10/2001 -  Anonymous User

A dieci anni dalla sanguinosa disgregazione della ex-Jugoslavia e alle soglie di un nuovo conflitto - quello macedone - il sud-est Europa comincia ad essere nuovamente visitato da viaggiatori stranieri, più o meno coscienti della storia e dell'attuale situazione dei luoghi che attraversano. Questo pare essere l'anno del record di presenze turistiche in Croazia, dei turisti "di transito" in Bosnia Erzegovina, della ricomparsa di un timido "turismo autoctono" sulle coste montenegrine nella Repubblica Federale Jugoslava. Tutto fa credere che agli occhi degli stranieri, la ex-Jugoslavia sia finalmente tornata ad essere terreno fertile per vacanze di totale relax a prezzi stracciati. Ma la realtà possiede anche altre facce.
Dagli approfondimenti realizzati dai collaboratori dell'Osservatorio sul tema del turismo nei Balcani, che oramai vengono citati dai mass-media solo in caso di nuovi conflitti, di nuove liste di candidati al Tribunale de L'Aja oppure di storie eclatanti di corruzione, emerge un quadro più complesso e composito. E questo primo spaccato offre già materiale per una prima riflessione sugli effetti che le modalità con cui questi paesi si stanno aprendo all'arrivo dei visitatori stranieri, possono avere sulla popolazione locale. Un tipo di riflessione generale che qualcuno, nell'ambito dell'associazionismo italiano, si è posto da tempo avviando ora i primi viaggi sperimentali di "turismo responsabile" nell'area. Si tratta dell'Associazione Progetto Prijedor - Onlus e dell'Associazione Tremembé - Onlus, che grazie al loro programma "Vicino e comunque lontano...Alla scoperta del fiume degli smeraldi" nella settimana in corso stanno compiendo un primo viaggio guidato in Bosnia Erzegovina, con l'intento di coniugare turismo con cultura, crescita sociale, cooperazione decentrata e sviluppo umano.

Croazia: luci ed ombre dell'economia croata

09/10/2001 -  Anonymous User

Le autorità croate hanno iniziato a sfoltire i diritti sociali dei dipendenti dei servizi pubblici e delle istituzioni statali. Dal primo gennaio 2002 verrà parificata la situazione tra impiegati permanenti e temporanei ed il costo del lavoro sarà identico per entrambe le categorie. Verranno inoltre tagliati i rimborsi per lo spostamento verso il posto di lavoro ecc. (Vecernji list, 4.10). Dusanka Marinkovic, del sindacato indipendente dell'industria energetica e petrolchimica, ha dichiarato che ora inizieranno le lotte sindacali per preservare e non perdere diritti già acquisiti.
In questo clima il primo ministro Ivica Racan fa sapere che se non andasse in porto la vendita della ditta telefonica croata HT (il governo è in trattativa con la Deutsche Telekom) il bilancio statale si troverebbe in una situazione molto difficile (Jutarnji list, 2.10).
Ma dall'economia croata non arrivano solo segnali negativi. Il dato riguardante la crescita del prodotto nazionale lordo nel secondo trimestre dell'anno, un +4,7%, porta un pò d'ottimismo. Il rialzo è stato trainato soprattutto dalla crescita degli investmimenti che si è attestata al 7,7%.
Le banche croate invece non hanno aumentato, come era invece previsto, i tassi di interesse seguendo le tendenze del mercato finanziario mondiale. Alcune hanno addirittura diminuito quelli corrisposti ai piccoli risparmiatori.

Entro il 2001 un treno collegherà Sarajevo a Belgrado

05/10/2001 -  Anonymous User

Il direttore delle ferrovie bosniache, Faruk Curcic, ha dichiarato che entro la fine del 2001 sarà ristabilito il trasporto ferroviario tra Bosnia-Erzegovina e Repubblica Federale Jugoslava. Si tratta in particolare di due linee, la prima collegherà Sarajevo a Belgrado, la seconda collegherà invece la capitale serba con Banja Luka.
Non appena sarà terminata la ricostruzione del ponte presso Bosanski Samac, ha assicurato Curcic, verrà ristabilito pure il collegamento per treni merci via Zvornik.
A questi risultati si è arrivati dopo la trattativa ed i negoziati tra Dragan Mikerevic, ministro per l'integrazione in europa della BiH, e Miroljub Labus, vicepresidente della Federazione Jugoslava. Per la ricostruzione ed ammodernamento delle necessarie infrastutture ferroviarie la Banca Europea per lo Sviluppo ha già approvato lo stanziamento di 80.000 euro (Nezavisne Novine , 27.09.2001).

RFY: 5 ottobre, un anno dopo

05/10/2001 -  Luka Zanoni

La Serbia ad un anno dalla caduta del regime di Slobodan Milošević. La situazione economica, la politica del nuovo corso e lo shock della transizione. Nostra analisi

Balcani: un altro 'sviluppo' è possibile

01/10/2001 -  Anonymous User

1991: inizia la disgregazione jugoslava e si creano nuovi stati nei Balcani. 1995, Accordi Dayton: si fermano le guerre e inizia la cosiddetta "ricostruzione". 1997, Operazione Alba: anche in Albania, dopo la crisi delle finanziarie e l'uscita di scena del vecchio governo, dovrebbe iniziare un nuovo corso istituzionale. Oggi, 2001, cosa esiste di Stato nei Balcani? E di conseguenza, che sviluppo economico si può immaginare?
Il semplice riferirsi ai dati statistici esistenti offre un'immagine assolutamente deformata del contesto economico del sud-est Europa. Questo sia per effetto dell'incidenza degli aiuti internazionali sull'andamento del PIL - indice che peraltro già di per sé induce ad antichi errori - sia perché tali statistiche molto spesso indicano una verità astratta. Valga per tutti l'esempio dei dati sull'occupazione, che ancora considerano i dipendenti dei grandi combinat statali in agonia già da prima delle guerre. Sfugge perciò ad un approccio superficiale la situazione di grave crisi fiscale in cui versano tutti gli stati dell'area balcanica.
Queste piccole entità nazionali, uscite da un decennio di devastanti conflitti, sono oggi in condizioni di vera e propria paralisi: mancano entrate tributarie stabili, perché non c'è lavoro regolare e l'economia esistente è in gran parte informale o addirittura criminale. Gli unici introiti significativi vengono dalle risorse non ancora privatizzate - molto spesso a scapito dei già precari equilibri ambientali - o dai programmi di aiuto internazionali, delineando così una condizione di dipendenza che rischia di divenire strutturale. È così che pensioni e stipendi pubblici, già di per sé esigui, si ricevono con grave ritardo o non vengono pagati affatto, com'è successo recentemente per gli insegnanti della Bosnia Erzegovina, portando alla chiusura delle scuole per due mesi. Anche gli ospedali riescono a gestire quasi solo le emergenze, i servizi pubblici sono al collasso, le istituzioni di assistenza sociale si trovano abbandonate a se stesse e alla disperata ricerca di qualche donatore.
Tutto ciò crea una fortissima frustrazione, specie in relazione alle aspettative di cambiamento positivo sorte con la fine delle guerre. Addirittura si è raggiunto il paradosso - purtroppo già visto nelle transizioni dell'est europeo - che alla fine dei regimi corrisponde un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita per le componenti sociali estranee ai business. Una situazione che si riverbera anche sulle amministrazioni locali, rendendo ancora più problematico il rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione.
È invece necessario ricostruire un rapporto virtuoso fra cittadini e pubblica amministrazione, fra cittadini e comunità, fra cittadini e territorio, per sfuggire all'assistenzialismo umanitario tanto quanto alle chimere degli investimenti occidentali di rapina. Si tratta di una questione vitale, che investe il rapporto fra aiuti internazionali, risorse locali e approcci culturali.
Il problema è che da quest'altra parte dell'Europa, quella ricca e politicamente definitasi con autosufficienza Unione Europea, si continua a non riflettere sulle tragedie degli anni '90 e a pensare ai paesi balcanici solo come terreno di incursione. Si persevera così nella ricerca -ormai fuori del tempo, ma ancora foriera di effetti disastrosi - di proprie aree di influenza nazionale, senza traccia alcuna di un approccio d'area. Oppure si interviene con una logica puramente emergenziale, per poi affidarsi nella ricostruzione al presunto potere taumaturgico dell'economia di mercato e della sua capacità di autoregolamentazione.
L'assenza di una strategia di fondo delle istituzioni internazionali, di un loro progetto complessivo per l'area che fosse scevro da intenzioni miopi, ha lasciato così mano libera alle forme più perverse dell'economia finanziarizzata. Esse hanno potuto fiorire proprio dentro la guerra, luogo per eccellenza della derogazione estrema, cosi come nel traffico d'armi, nel riciclaggio, nel traffiking, nel mercato della droga e in quello dei rifiuti.
Per ribaltare questa deriva politico-culturale occorre invece un'idea alta, che riempia il vuoto progettuale della diplomazia ufficiale e, a ragion del vero, anche di molta parte del mondo non governativo. Quest'idea può essere l'Europa, ossia l'immagine di come si possono superare e sciogliere gli angusti spazi mono-nazionali in un progetto più ampio e non solo balcanico. Ma per garantire al modello istituzionale un futuro economico e sociale occorre avviare un novo itinerario di ricostruzione economica , sociale, ambientale e democratica di questa parte tanto importante del vecchio continente. Un itinerario che si incardini su due concetti di fondo: l'opzione per uno sviluppo locale autocentrato quale criterio di rinascita economica, e l'autogoverno delle comunità come strada per ricostruire coesione ed identità sociale. Sviluppo locale e autogoverno da non vedere come romantica illusione di uno sviluppo alternativo dolce rispetto al modello occidentale, ma come unica via d'uscita a quell'implosione della statualità di cui si è parlato sopra.
In particolare è necessario ripensare il modello di sviluppo economico di queste aree: quando si propone l'economia di mercato in realtà si continua a guardare al vecchio apparato produttivo pre-bellico. Ma è un modello non più riconvertibile, fortemente centralizzato e piramidale, malato di gigantismo, privo di qualsiasi sensibilità ambientale e modellato su un mercato, quello dell'allora Jugoslavia, che non esiste più.
Riproponendolo si rischia di imboccare una strada priva di prospettive, e funzionale solo all'investimento mordi e fuggi oppure al rilancio dei vecchi apparati di controllo delle grandi aziende di stato.
Le particolari ed inedite condizioni di transizione post comunista e post bellica nelle quali si trovano i paesi dell'area balcanica richiedono invece risposte altrettanto originali. Bisogna far leva sulle potenzialità materiali ed ambientali del territorio ed attivare le risorse umane, che pure esistono, data l'alta scolarità diffusa e per molti l'esperienza formativa all'estero. Si può invertire forse in questo modo il clima esistente di diffusa deresponsabilizzazione individuale e collettiva, principale retaggio culturale del passato. Per far ciò bisogna immaginare un percorso economico fortemente intrecciato ai saperi e alle intelligenze locali, alle tradizioni culturali e alle nuove sensibilità ambientali, disegnando uno sviluppo integrato del territorio su cui far convergere le risorse residue e gli aiuti internazionali. Un disegno fondato da un lato sulle professioni della qualità, ad alta intensità umana e creativa e dall'altro sul settore primario, con progetti partecipati in agricoltura, zootecnia, indotto dei servizi, dell'artigianato e dell'industria di trasformazione, ma anche turismo rurale e termalismo. Al servizio di ciò va costruito un sistema di micro-finanza locale, che dia accesso al credito anche a chi non si è arricchito dai profitti di guerra.
Questo approccio ha come caratteristiche fondamentali di essere endogeno; di contare sulle proprie forze (risorse naturali, umane, finanziarie, organizzative); di prendere come punto
di partenza la logica dei bisogni (salute, istruzione, trasporti, infrastrutture collettive, ecc.); di dedicarsi a promuovere la simbiosi tra le società umane e la natura; di restare aperto al cambiamento istituzionale.
Un altro sviluppo è dunque possibile. Richiede da un lato un contenitore ampio e partecipato, come dovrebbe essere un'Europa allargata fatta dai territori e dalle comunità anziché dai governi e dalle banche. E dall'altro un sistema economico che parta dal locale, e dal positivo che ancora vi si trova. E' una sfida grande che ci riguarda, che riguarda l'insieme dell'Europa, la nostra e quella al di là del mare.

di Michele Nardelli

Montenegro: aggiornamenti sul caso 'Nacional'

27/09/2001 -  Luka Zanoni

L'ex partner del controverso businessman Stanko Subotic Cane, Srecko Kestner, ha informato il settimanale croato "Nacional" di essere pronto ad aiutare la commissione parlamentare montenegrina incaricata di far luce su quanto "Nacional" aveva scritto nel maggio di quest'anno. Ci si ricorderà che il settimanale di Zagabria aveva in un lungo articolo (seguito poi da una serie di altri articoli e da un'intervista di venti pagine rilasciata dallo stesso Kestner) spiegato le relazioni tra il presidente del Montenegro Milo Djukanovic e la mafia balcanica impegnata nel traffico di sigarette. Secondo quanto affermato da Srecko Kestner, "Djukanovic è ancora il principale protettore politico del contrabbando di sigarette" che si effettua con i camion della ditta "Zetatrans". Secondo le parole di Kestner il denaro guadagnato con il contrabbando del tabacco si "lava" tramite la Banca di Credito o la banca Atlas di Podgorica, che sono "di proprietà di Milo e di Aco (fratello del presidente. N.d.T.) Djukanovic e di alcuni loro partner". Kestner non solo ha dichiarato di essere stato testimone alla consegna di una borsa piena di denaro portata nel gabinetto di Djukanovic, quando era primo ministro, dal defunto Vanja Bokan, ma ha aggiunto inoltre che la scorsa settimana ha ricevuto una lettera dal gabinetto del consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Djukanovic, Vukasin Maras, nella quale è stato avvertito che con le sue dichiarazioni a Nacional "ha offeso molte persone in Montenegro" e che egli "si deve preoccupare per la propria sicurezza".
La commissione, composta da più partiti politici, si è già riunita diverse volte senza tuttavia ottenere alcun risultato, tranne l'aver constatato che della lista di nomi che la commissione ha invitato alla collaborazione nessuno si è fatto sentire, mentre altri hanno fornito informazioni insufficienti. Il presidente della commissione parlamentare Vuksan Simonovic ha infatti dichiarato che suddetta commissione ha già esplicitamente invitato Kestner, ma egli non ha risposto. Oggi Kestner dichiara di essere pronto a testimoniare se sarà interrogato in Svizzera, dove principalmente vive, oppure in Croazia, ed è anche pronto a dire tutto davanti al tribunale, mentre non ha alcuna intenzione di rilasciare dichiarazioni o prove, di quanto ha precedentemente affermato per Nacional, al MUP (Ministero dell'Interno) montenegrino perché è "sotto l'assoluto controllo di Djukanovic". Simonovic ha aggiunto allora che durante la quarta commissione proporrà che si possa fare anche questo sforzo anche che se Kestner non risponderà per iscritto riguardo le accuse contenute in Nacional, e poi proporrà che un gruppo vada da lui per parlare prescindendo dal fatto che si trovi in Svizzera o a Zagabria. La prossima seduta della commissione parlamentare proseguirà il 16 ottobre.

Croazia: costo della vita in progressiva crescita

21/09/2001 -  Anonymous User

Secondo gli ultimi dati dell'Istituto Nazionale croato di statistica, in agosto nel paese i prezzi sono cresciuti dell'1,8% rispetto a luglio, dato che porterebbe l'inflazione annua nel 2001 al 21,8%. Si tratta di una differenza enorme se confrontata all'inflazione rilevata tra luglio 2000 e luglio 2001, che era soltanto del 5,8%. Nell'ultimo mese, mentre i prezzi dei generi alimentari sono diminuiti (-0,1%), quelli dei servizi sono cresciuti in modo drammatico (8,6%). Principale responsabile è la Telecom croata, che secondo i dati forniti ha aumentato le tariffe delle telefonate del 103,8% (Vecernji list, 11.9). Sul quotidiano Jutarnji list del 12 settembre vengono riportate le iniziative intraprese dalle associazioni per la difesa dei consumatori. Il coordinamento di tali associazioni valuta che gli aumenti menzionati sono in realtà superiori rispetto ai dati statistici pubblicati, e insiste affinché venga abolito il monopolio della Hrvatska Telekom.Rispetto alla situazione economica, vengono fatte valutazioni anche da parte dell'Unione degli studenti di Zagabria, secondo cui la qualità della vita degli studenti si trova in una condizione di drammatica regressione (Slobodna Dalmacija, 10 settembre). Secondo le dichiarazioni dei portavoce dell'Unione, il principale responsabile degli ultimi aumenti dei prezzi dei servizi per studenti - dalle mense agli alloggi - è il Ministro della scienza e della tecnologia, Hrvoje Kraljevic. L'Unione degli studenti conclude anche che se la tendenza attuale si dovesse protrarre, la possibilità di accedere agli studi superiori diverrebbe prerogativa dei pochi studenti abbienti.
Nel frattempo, presso il Sabor (parlamento) è in discussione la nuova legge relativa all'assistenza sanitaria statale, che prevede l'annullamento di molte prestazioni mediche attualmente gratuite. Si prevede che con il nuovo anno i pazienti dovranno compartecipare alle spese in una misura variabile tra il 20 e l'80% del costo del servizio, mentre restano gratuiti solo pochi servizi rivolti a bambini, studenti e donne in stato interessante.

FRY: Serbia e Montenegro si preparano al cambio in Euro

17/09/2001 -  Anonymous User

La campagna "L'Euro è un nuovo Marco tedesco" è iniziata oggi in Serbia e durerà fino al 1 febbraio 2002. Il cambio delle valute correnti nazionali dei paesi della UE inizierà in Serbia il 1 gennaio, e la Banca nazionale di Jugoslavia ha già ottenuto 276,5 milioni di Euro da offrire ai cittadini. Il governatore della banca nazionale Mladjan Dinkic ha affermato che "se necessario la banca centrale sarà pronta a chiamare quantità addizionali della valuta europea". Dinkic ha aggiunto che il cambio potrà essere svolto attraverso 2,500 uffici dislocati nel paese. Un lieve disagio è stato notato nella popolazione durante gli ultimi mesi, da quando si è saputo che la più comune valuta straniera in Serbia, il marco tedesco, sarà fuori corso. Il cambio è atteso con qualche apprensione, grazie anche al fatto che manca una fiducia nel sistema bancario jugoslavo dopo il crollo devastante e le frodi piramidali nel 1990. Una certa apprensione riguardo l'imminente sostituzione del Marco con l'Euro viene riscontrata anche in Montenegro. Dal primo gennaio 2002 infatti anche il Montenegro adotterà l'Euro come moneta ufficiale. Lo ha annunciato il primo ministro montenegrino Zarko Rakcevic. La banca nazionale montenegrina ha dichiarato che attualmente nel paese circolano 200 milioni di marchi tedeschi. In accordo con le tendenze dei 12 dell'Unione Europea, entro marzo tutti i marchi saranno ritirati.
Il Montenegro, a differenza della Serbia, già da circa tre anni adotta come moneta ufficiale il marco tedesco al posto del dinaro. Tuttavia per le medesime ragioni su esposte, ovvero una motivata sfiducia nei confronti del sistema bancario, i cittadini sono disorientati e piuttosto riluttanti nei confronti del nuovo corso. Oltretutto durante le prime dichiarazioni ufficiali sembrava che il cambio da marchi a euro potesse essere fatto senza problemi presso gli sportelli delle banche, e ciò fino ad una somma massima di diecimila marchi senza alcuna provvisione e senza denuncia del proprio capitale. Le ultime notizie, pubblicate la scorsa settimana dai quotidiani montenegrini (Vijesti, Blic Montenegro), accennavano invece ad una riduzione a 5.000 marchi della somma massima di cambio senza provvisioni. Mentre i possessori di somme di denaro più cospicue stanno pensando di investire negli immobili, per non scoprire e denunciare la propria reale posizione di capitale, vendendo le proprietà a cambio avvenuto. Forti sospetti esistono inoltre riguardo la possibilità di ripulire il denaro sporco, accumulato con traffici illegali, dalla locale criminalità organizzata.

Kosovo: elettricità finalmente regolare?

13/09/2001 -  Anonymous User

La KEK, azienda elettrica del Kosovo, ha promesso un'erogazione più stabile e continua di energia elettrica nella provincia a partire da questa settimana. Finora infatti blocchi ed interruzioni anche prolungate nella fornitura erano all'ordine del giorno, evento tra l'altro comune ad altre zone dei Balcani. Il deciso miglioramento dovrebbe realizzarsi grazie alla riparazione di uno dei due blocchi della centrale elettrica Kosovo B, in grado di produrre 300 megawatts/ora di energia. "I tre blocchi attualmente funzionanti della centrale Kosovo A - ha dichiarato Sadaulin Hivolli, portavoce della KEK - producono al momento 250 megawatt/ora, mentre ulteriori 150 MW sono importati da altre aree. Ora perciò l'energia elettrica a disposizione dovrebbe essere sufficiente". Il costo di questa riparazione è stato di 20 milioni di euro (circa 40 miliardi di lire), ma considerando anche le riparazioni al secondo blocco di Kosovo B che si completeranno in ottobre, la spesa finale complessiva sarà di 49 milioni di euro. E si tratta, lo ricordiamo, solo una parte molto relativa dei danni causati nel 1999 dalle incursioni aeree della NATO.

Ricerca del G17+: per i serbi la condizione economica peggiora

13/09/2001 -  Mihailo Antović

A quasi un anno dal nuovo governo in Serbia, i sentimenti della popolazione locale sono di un peggioramento delle proprie condizioni di vita anziché di un miglioramento. E ciò non è poi così paradossale, se pensiamo alla gestione politica dei posti di lavoro avuta dal regime di Milosevic, ai prezzi politici dei beni di prima necessità, etc... Oggi la popolazione serba valuta la propria situazione economica, in un scala da 1 a 5, a malapena di 2.27, per cui il 58 % del campione selezionato considera la propria posizione difficile o addirittura molto difficile. La ricerca è stata fatta da NGO G17+ (del quale alcuni rappresentanti sono membri del governo Federale e Serbo) e ha preso in considerazione il territorio della Serbia, della Voivodina e la città di Belgrado (il campione comprendeva 2006 famiglie). I politici dovrebbero essere preoccupati, Branko Milanovic, esperto della Banca Mondiale e uno dei promotori della ricerca, ha detto:"il 40% della popolazione pensa che la loro condizione si sia deteriorata negli ultimi sei mesi, mentre il 50% pensa che la situazione è la stessa che esisteva durante il regime precedente." Finora il 25% crede che il precedente regime fosse esattamente lo stesso da incolpare per la situazione attuale, ma il numero di quelli che ugualmente incolpano il presente governo è del 40% e sta aumentando. Quando si chiede quanto dovrebbero essere pagati mensilmente per il loro lavoro, il 50% risponde due volte di più e il 29% persino tre volte di più del loro attuale salario. La paura della privatizzazione è ancora forte in più del 90% dei soggetti. Più del 60% dei partecipanti, comunque, crede che il governo dovrebbe procedere a qualsiasi costo nella realizzazione delle riforme, in modo tale da garantire abbastanza presto benefici reali a tutta la popolazione.

Svilanovic: 'la Jugoslavia è uno stato semi-mafioso'

11/09/2001 -  Anonymous User

In Serbia e Montenegro fanno discutere le recenti dichiarazioni del ministro degli esteri federale Goran Svilanovic: durante una conferenza tenutasi ad Alpbach il 27 agosto scorso, Svilanovic ha descritto il suo paese come uno "stato semi-mafioso", dove sono ancora presenti tutte le vecchie strutture di potere. In questa fase anzi si stanno confrontando tre forze di governo parallele e interconnesse: quelle facenti capo al passato regime di Milosevic, quelle del nuovo corso politico e quelle del crimine organizzato. "Queste tre forze - ha aggiunto il ministro - sono così interrelate tra loro, che a volte non sai bene con quale stai trattando". Svilanovic ha poi affermato che la lotta contro il crimine organizzato ha un'importanza vitale per la Jugoslavia, paese che deve passare attraverso un profondo processo di transizione. In ciò dovrebbe essere aiutata dalla comunità internazionale, ma - ha osservato ancora il ministro degli esteri jugoslavo - l'impressione è che in Europa e negli Stati Uniti manchi completamente un pensiero strategico sul futuro dei Balcani.

Quali prospettive per il turismo in Serbia e Montenegro?

11/09/2001 -  Anonymous User

I cittadini di Serbia e Montenegro non possiedono le risorse economiche sufficienti per potersi permettere di trascorrere le vacanze nei loro paesi, che dunque si ritrovano ad accogliere in prevalenza turisti provenienti dall'Europa Occidentale, dagli Stati Uniti e, in qualche caso, dalle regioni più vicine dell'Asia. E' quanto emerge dai due recenti approfondimenti condotti dall'Osservatorio sui Balcani che spiega come i costi per i trasporti ed il soggiorno non siano accessibili per la quasi totalità delle famiglie di Serbia e Montenegro. Le due regioni balcaniche attirano però, e in numero sempre crescente, i visitatori occidentali richiamati dalle straordinarie bellezze naturali: se l'instabilità politica di Serbia e Montenegro ancora oggi rappresenta in qualche caso un deterrente per i turisti europei e statunitensi, è presumibile che con il normalizzarsi della situazione interna il flusso di visitatori subisca incrementi anche consistenti ed apra interessanti prospettive di crescita. I cittadini serbi e montenegrini dovranno invece attendere che si sblocchi la negativa congiuntura economica, e dunque diversi anni, prima di potersi permettere le vacanze sulle superbe montagne e le splendide coste di casa loro. Intanto la Croce Rossa di Belgrado ha organizzato nello scorso mese di agosto una breve vacanza al mare per i bambini più poveri.

Serbia: la povertà non è un brutto ricordo

05/09/2001 -  Mihailo Antović Nis

Dopo qualche tempo di inattività per mancanze di fondi, la mensa per poveri della Croce Rossa di Nis riaprirà i battenti. In passato questa mensa preparava pasti per 2000 cittadini in situazioni di estrema, ma con la nuova apertura - prevista per il 1° ottobre prossimo - si aggiungerà alla lista un altro migliaio di persone. "Inizialmente, tutte le spese verranno coperte dalla Croce Rossa" ha dichiarato Stojan Prokopovic - portavoce dell'organizzazione - "ma nel frattempo cercheremo il supporto di altri donatori, che siano disposti a coprire una parte delle spese fisse - soprattutto i costi di energia elettrica - e l'acquisto di alcuni generi alimentari di base necessari alla preparazione dei pasti". Prokopovic ha anche annunciato che in futuro la Croce Rossa vorrebbe anche avviare un servizio di mensa dietro pagamento di prezzi popolari rivolto a tutti i cittadini di Nis, in modo da assicurare il servizio gratuito a coloro che non alcuna possibilità economica.
La situazione allarmante, emerge anche dai dati resi ufficiali dagli esperti del Gruppo G17+ - tra i quali vi sono anche personaggi che fanno parte del Governo Serbo e Federale - relativi ad una ricerca effettuata a Belgrado e in aree della Serbia e della Vojvodina, su di un campione di circa 2000 famiglie.Come ha sottolineato Branko Milanovic - esperto delle Banca Mondiale e promotore della ricerca - i politici dovrebbero seriamente preoccuparsi dei dati emersi, considerato che "il 40% delle famiglie ha dichiarato che negli ultimi sei mesi le proprie condizioni di vita sono peggiorate, mentre il 50% ha la sensazione che non sia cambiato nulla rispetto alla situazione in cui vivevano nel precedente regime". Inoltre solo il 25% degli intervistati ritiene che la responsabilità della situazione attuale è del precedente regime mentre ben il 40% ne addossa la colpa al governo attuale, ma è emerge un alto livello di insoddisfazione anche dalle risposte date rispetto agli aumenti salariali considerati "minimi". Il 50% ha risposto che per vivere avrebbe la necessità di vedere il proprio salario mensile aumentato del doppio, e il 29% di almeno tre volte l'attuale mensilità percepita. (Glas Javnosti, 1 settembre).

Bosnia: la privatizzazione della 'Aluminijum' e' legale

05/09/2001 -  Anonymous User

"La procedura di privatizzazione seguita è interamente legale e quindi la proprietà della Aluminijum è incontestabile" recita il rapporto presentato dall'Agenzia Federale per la privatizzazione che non molto tempo fa aveva avviato un'indagine di controllo relativa - per l'appunto - alla vendita dell'azienda statale mostarina. Ma il fronte politico bosniaco, in capo l'Alleanza per il cambiamento, ha già presentato le proprie proteste all'Alto Rappresentante - Wolfgang Petritsch - dichiarando che il verdetto dell'indagine è una truffa legalizzata.
L'azienda "Aluminijum" di Mostar, prima della guerra era una delle più grandi fabbriche metallurgiche della Federazione Socialista Jugoslava. Allo scoppio del conflitto, l'attività produttiva dell'azienda venne sospesa, per essere poi riavviata nel 1997. Trovandosi nella parte occidentale della municipalità - la zona a maggioranza croato-bosniaca - riprese a funzionare con operai tutti croati, grazie ad un primo finanziamento proveniente dalla ditta di Sibenik "TLM" e sotto la gestione del precedente direttore - Mijo Brajkovic.
Con la ripresa della produzione, la Aluminijum è lentamente divenuta l'azienda bosniaca con il maggior volume di esportazione in questo settore. Nel frattempo si avviarono battaglie sindacali portate avanti dai lavoratori musulmano-bosniaci, che prima della guerra erano dipendenti dell'azienda e ai quali non è mai stato restituito il posto di lavoro. L'indagine aveva quindi dato ad essi nuove speranze, completamente disattese dal verdetto emesso dalla commissione formata da osservatori locali ed internazionali.
Come riportato da Oslobodjenje del 24 agosto scorso, Safet Halilovic - vice Presidente della Federazione della Bosnia Erzegovina - ha dichiarato che il bilancio iniziale dell'azienda presentato nel 1997 è incredibilmente sottostimato rispetto al valore che l'azienda aveva prima della guerra.
"Il nostro governo non accetterà mai un rapporto del genere" ha dichiarato quindi Halilovic, e anche il Presidente del cantone Herzegovina-Neretva - Sefkija Dziho - ha chiesto spiegazioni sul perché il bilancio presentato corrisponde al 15% del reale valore dell'azienda. Di senso opposto l'opinione del Primo ministro dello stesso cantone - Josip Merdzo - dichiaratosi soddisfatto della relazione finale dell'indagine. Medzo, intervistato il 20 agosto dalla HTV (Televisione bosniaco-croata con sede a Mostar) ha dichiarato che il rapporto non fa che riconoscere l'inesistenza di irregolarità nella procedura di privatizzazione, mentre ha sottolineato il fatto che i procedimenti realizzati all'interno della comunità musulmana, non vengono mai sottoposti a controllo. E' emersa grande soddisfazione anche tra le fila del partito HDZ (Comunità democratica Croata), mentre sono state lanciate pesanti accuse da parte di esponenti del partito di Silajdzic - SbiH - secondo i quali Brajkovic è da mettere sotto indagine al pari di Edhem Bicakcic, ex Primo Ministro accusato di corruzione. (Dnevni Avaz 14 agosto, HTV Mostar 31 agosto, Dani 30 agosto)

Croazia: turismo da record

30/08/2001 -  Anonymous User

La stagione turistica in Croazia ha raggiunto nel mese di agosto il suo culmine di presenze. E' la stagione più riuscita nella storia della neonata Repubblica di Croazia, anche se dai dati che emergono i numeri rimangono inferiori a quelli della stagione in assoluto migliore, quella del 1989 quando la Croazia era ancora membro della Federazione Jugoslava. I risultati si vendono anche sul piano della borsa valutaria. Il valore della valuta croata, la kuna, veniva da anni sopravalutata tramite la politica monetarista del Banco nazionale. Nella seconda metà di agosto invece il valore della moneta locale è diminuito rispetto alle valute europee, tanto che il prezzo di acquisto del marco tedesco è passato da 3.69 a 3.85 kune. Secondo tutti i dati apparsi sui quotidiani dalla metà di luglio in poi, ma anche in base alle informazioni rilasciate dalle agenzie turistiche locali, le strutture di accoglienza turistica della costa sono sfruttate al massimo delle loro capacità.

Turismo non solo europeo

Le caratteristiche della clientela turistica si mantengono fondamentalmente identiche a quelle del passato, anche se con alcune differenze rispetto alla spesa media che i diversi gruppi affrontano. La maggior percentuale dei turisti arrivati quest'anno in Croazia appartengono per la maggior parte ai ceti medio-bassi dei paesi occidentali, provenienti soprattutto dall'Europa centrale. Al primo posto si trovano come sempre gli ospiti tedeschi (circa 20% del totale), ai quali seguono in ordine di percentuale gli austriaci, gli italiani, i cechi e gli ungheresi. Quest'anno si registrano però anche alcuni segni di cambiamento. Per esempio risulta moltiplicato il numero dei turisti britannici, e per la prima volta vi è un numero rilevante di turisti israeliani, anche se questi due gruppi non rientrano numericamente tra i primi dieci nella classifica delle presenze.
Non di poco conto anche il numero dei turisti provenienti da ex-repubbliche jugoslave, come la Slovenia e la Bosnia Erzegovina. I bosniaci frequentano soprattutto la Dalmazia centrale e meridionale, dove molti di loro possiedono case di villeggiatura ancora dal periodo pre-guerra. Non è invece significativo il numero dei turisti provenienti da Serbia, Montenegro e Macedonia. Questo è dovuto sia alle difficoltà burocratiche per l'ottenimento del visto di ingresso, sia per il timore che nelle regioni dalmate possano scoppiare scontri con la destra radicale - tradizionalmente antiserba - nel caso dell'arrivo di un numero rilevante di turisti jugoslavi. Nonostante ciò i cittadini jugoslavi, specialmente coloro ancora proprietari di case di villeggiatura ora liberate o parzialmente liberate dagli occupanti - profughi o ex-militari croati - trovano il modo di passare le proprie vacanze sulla costa adriatica.

Turismo povero e turismo abbiente

I turisti tedeschi e quelli provenienti dai paesi dell'Europa centrale appartengono alla categoria di coloro che per le proprie vacanze spendono di meno, giustificate in parte dagli alti prezzi dei ristoranti e dei servizi come escursioni e gite guidate, in parte dalle condizioni sociali ed economiche medio-basse di questi turisti.
Si nota invece una differenza sostanziale tra questi e i turisti britannici e israeliani, che spendono molto di più, sia per gli alloggi che per i servizi. Un esempio emerge dalle dichiarazioni rilasciate da fonti vicine alla Giunta Regionale di Fiume, da cui risulta che le percentuali dei turisti provenienti da Israele e dalla Svezia - quindi i più ricchi- rientrano tra le prime dieci categorie di stranieri che alloggiano negli alberghi della Costa di Abbazia, conosciuti per il livello lussuoso dei servizi offerti. Ma non si devono dimenticare i russi- anche se statisticamente ancora irrilevanti - appartenenti al ceto dei nuovi ricchi, spesso collegati alla malavita locale ed internazionale e pronti a spendere cifre altissime. La maggior parte della popolazione croata invece non ha possibilità economiche tali da permettersi l'alloggio in albergo. Ma molti di essi possiedono una seconda casa sulla costa o in zone interne del paese - in campagna o in zone montuose - e riescono a trarne un vantaggio economico affittandola in parte ai turisti stranieri.
Un'altra categoria che influenza in positivo l'economia turistica è quella del turismo nautico, in crescita costante come numero di presenze, e di provenienza soprattutto austriaca, tedesca e italiana. La recettività delle marine attrezzate riesce per ora a coprire la domanda, ma se i numeri dovessero aumentare con la linearità di questi ultimi anni, si dovrà certo prevedere la costruzione, o la ristrutturazione, di nuovi spazi adibiti all'accoglienza organizzata delle barche da diporto.

Prezzi elevati rispetto alle aspettative

Rispetto ai costi, i commenti che si raccolgono tra gli ospiti dei luoghi di villeggiatura sono abbastanza simili, con eccezione di alcune categorie comunque avvantaggiate perché provenienti da paesi in cui lo standard di vita è molto elevato.
Mentre la media dei turisti considera i prezzi dei ristoranti molto alti, dove una bottiglia di vino che normalmente si acquista al supermercato per 10-40 kune viene fatta pagare dalle 80 alle 250 kune, coloro che non si lamentano di questo aspetto sono i turisti scandinavi, per i quali tutto costa molto meno che nel proprio paese di residenza. Inoltre la scarsità di produzione interna, obbliga la Croazia ad importare molti prodotti i cui prezzi alla vendita non sono ovviamente bassi.
Rispetto all'inspiegabile lievitare dei prezzi arrivano critiche durissime anche dalla Slovenia. Come scrive un quotidiano di Maribor, la gente della Dalmazia non ha alcun rispetto o interesse reale verso i turisti, anzi - come riporta il titolo dell'articolo menzionato - "se ne frega altamente".
L'interno del paese non presenta un'industria turistica di rilievo. Tra i più conosciuti rientrano il complesso dei Laghi di Plitvice - al confine est con la Bosnia Erzegovina - e alcune terme nella zona di Zagorje, ma in generale i complessi turistici dell'interno ricoprono meno del 5% della recettività turistica complessiva. Alcune aree della Slavonia potrebbero divenire di interesse turistico, sia per cittadine interessanti a livello architettonico sia per centri termali e aree verdi di ampio respiro, ma le devastazioni della guerra sono ancora visibili e la ricostruzione avanza molto lentamente.

Strutture alberghiere e alloggi privati

La struttura dell'industria turistica croata è mista. Gli alberghi appartengono per lo più ad aziende private, una volta statali e con la privatizzazione venduti a realtà locali oppure ad aziende turistiche internazionali. I piccoli proprietari di strutture privatizzate si riferiscono per la maggior parte a dipendenti o ex-dipendenti delle stesse aziende turistiche. Ma a causa di numerosi abusi subiti negli anni passati, parecchi hanno perso la proprietà delle azioni, e la percentuale dei piccoli azionari si è ridotta di molto. Anche vista questa esperienza, in alcune zone esistono oggi associazioni di categoria - soprattutto nell'area di Split e di Sibenik - che si occupano di difendere legalmente gli ex-piccoli azionari e tutelare coloro che lo sono ancora.
Molti dei grandi proprietari privati sono oriundi croati. Tra i più conosciuti vi sono il cileno Andronico Luksic - personaggio già molto vicino a Pinochet e al governo di Tudjman, e Goran Strok - emigrato a Londra nel 1990 e vicino al Partito Socialdemocratico croato (SDP). Mentre Luksic ha acquistato le sue proprietà - presso Parenzo in Istria - durante gli ultimi anni del governo Tudjman e i primi anni della svolta politica, Strok è comparso sulla scena solo quest'anno, acquistando in contanti strutture alberghiere situate in Dalmazia meridionale e nella zona di Dubrovnik.
Esiste poi la categoria dei piccoli alberghi a conduzione familiare, che rappresentano il 50% della recettività turistica totale - se si esclude il settore relativo ai posti letto offerti in appartamenti o stanze. Infatti quasi metà del totale dell'offerta si riferisce ad abitazioni private. I proprietari - ed usufruenti - sono persone residenti nelle stesse località turistiche, ma anche persone residenti in zone interne che utilizzano le proprie case di villeggiature come fonte di introito economico.

Industria turistica ed evasione fiscale

Un problema connesso al "piccolo" commercio turistico è collegato al fatto che una grande parte di esso (si dice non meno del 30% sul totale) non e' registrata presso le autorità turistiche locali. Questo significa che nelle casse del fisco - sia locale che statale - non entrano le imposte a carico di questa fonte di profitto. Il controllo e la prevenzione del turismo clandestino dipende dalla situazione locale: in alcuni casi viene assunto un atteggiamento di "tolleranza", mentre in altri viene usato il meccanismo della corruzione. In ogni caso, sia che si tratti di metodi legali o illegali, sulla costa adriatica guadagnano anche i piccoli imprenditori, e non soltanto le grandi industrie turistiche.
In conclusione si deve dire che una buona stagione turistica non risolve le difficoltà economiche e sociali del paese, ma di certo riesce ad attenuare quelle delle zone costiere, drammatiche soprattutto nelle zone dell'Adriatico meridionale per anni evitate dai turisti perché più prossime ai confini della Bosnia Erzegovina e quindi considerate maggiormente "a rischio".

Summer time in Serbia and Montenegro - 2° parte

15/08/2001 -  Anonymous User

According to the estimates of the Serbian government about one third of citizens in Serbia is living in poverty, and over than 750 000 citizens in their best years are unemployed. On the other hand, it is possible to find the same number of citizens actually employed, who again live on the fringes of existence. There are approximately one and a half million pensioners living in Serbia, and again a little bit more than a million and a half in actual employment. Therefore the estimate is that there are 1,4 employees to one pensioner, a statistic which demonstrates high dependency. Further to this, when we consider the 600 000 refugees, it is not hard to define the social situation in Serbia as unpromising.

Offers

However, a lot of Serbian people somehow manage to afford going to the sea and most often it is the Montenegrin coast which they visit. The largest travel agency in Serbia, Yugoslav Airline Transport, offers many proposals every year where it is possible to pay in dinars even though the official currency in Montenegro is DEM (Deutsche Mark). The cheapest accommodation, in the peak season from 21- 31 July, for one person for 10 days is 269 DEM in Budva, whilst the most expensive is 1125 Dem in Milocer. It is quite a lot of money, when knowing that an average salary in Serbia is not more than 200 DEM. Hence it is much more cheaper for Serbian people to go to private accommodation. A bed in a private accommodation costs 10 to 15 DEM per night. By doing that a lower price for rooms is paid and by arranging their own meals they spend less money (often they eat sandwiches or biscuits. These tourists are called by a common name "tomato tourists").
Still the most common means of transport is the car. Therefore there are a lot of car accidents, because most of the drivers are tired of poverty, and the problems they confront each day. Sometimes they are even hungry, because it is not enough eating sandwiches and tomato and driving at least 600 km. The trauma people still suffer due to the last decade of dictatorship is still present. Some other causes of frequent accidents are overcrowded roads, old cars, routes in very poor condition and bad discipline of the drivers.
There are of course people from Serbia who spend their holidays in Greece or Turkey. Mostly those are young people who come from rich families. One quite strange thing very vivid in Serbian society is that a small group of rich people (businessmen, etc.) does not find the time to rest whereas the poor majority, with financial problems, actually does go on holidays. This is quite a paradoxical situation. In mid-August, for example, it was not possible at all to find any free rooms by going to the agencies. Everything the agencies were offering was full until after August 25. No special programmes for foreign tourists were offered this year by Belgrade tourist agencies. The price was the same for them but they cold not book anything from their country of origin. Notwithstanding all these problems, the Montenegrin coast is full of tourists, which was not the case in the previous few years. Then, people were afraid of conflict, sometimes of NATO, and sometimes of the possibility of sudden civil war emerging in Montenegro.

Destinations

One can also find a small group of people travelling to the Croatian coast. Here it would be good to remind oneself that besides the fact that Milosevic is not ruling any more and Serbia is becoming open to the West and the rest of the world, it is still very hard to get a Croatian visa, because this relationship is still not renewed, and the shadow of the recent war is still present in the minds of the people. These people visiting Croatia are mostly people who have relatives there or have Bosnian or Croatian passports (refugees). Nowadays, besides the fact that the relationship between Serbia and Montenegro, as we know it, is not so friendly as it traditionally used to be, it is not an obstacle for Serbian people to visit the beaches of Herceg Novi, Kotor, Tivat, Budva, Sveti Stefan, Petrovac, and Bar. The situation in Macedonia also helped the number of tourists in Montenegro as it is not possible, at the moment, to travel safely to Greece by car. Since democratic changes in Serbia after October 5 2000 a lot of aid and donations have been coming to Serbia from abroad. This summer there were many projects to help children go to the seaside, the mountains, or somewhere else. One of these projects was run by the Red Cross, Belgrade which organized summer holidays during August for children coming from poorer families. The value for this kind of programme was put at 1.3 million dinars (DEM equals 30 dinars). This summer a lot of foreigners came to Montenegro Riviera. These foreigners, besides Cheks and Slovaks came mostly from the former Yugoslav republics of Slovenia, Macedonia and even Croatia. Ulcinj, the town on the very South of the Montenegrin coast, recorded the best tourist season ever. During July it was recorded that over 100 000 visitors spent their holiday on the Ulcinj Riviera. Employees in tourist services stated that in Ulcinj and its surrounding area there were around 60 000 visitors from Kosovo. Some newspapers published stories that Hasim Taci, one of the Kosovo Albanian leaders, was holidaying on one of Ulcinj' s beaches. Besides the dominant presence of tourists from Kosovo, there are also people from Bosnia and Herzegovina, Albania, Novi Pazar (a town in Sandzak, the southern part of Serbia where the majority of the population is of ethnic Bosniak (Muslim) background). Russians, Checks and Slovaks also visited Ulcinj.Ada Bojana, however, once a famous nature haven, is not any more what it used to be and no more foreign tourists come there. It is actually the first year that people, especially those coming from FRY, are a little bit less tense. A new trend that shows how a residue of war memories are still floating in the air. Pictures of some war criminals, like General Mladic, sunbathing on Budva's Riviera were published, for example. There are some cultural events that bring a little bit of glamour to the picture of the overcrowded Montenegrin coast, with its problems of drinking water among others. Maybe the best example would be the 15th Budva Festival, famous for its numerous performances, theatre plays, concerts, etc. It starts on July 1 lasts for 51 days. It unites artists, not only from Montenegro, but also from Serbia and other foreign countries. Also in Ulcinj, a book fair was held between August 8- 13, which promoted 5000 titles in Albanian. The situation is certainly more optimistic this year than it was in the last decade. The Montenegrin coast was never so full of tourists. However not so many tourists from abroad came. Only foreigners from the former republics of Yugoslavia, who themselves felt nostalgia and now finally lived a moment passing the Croatia- Montenegro border not free of fear. The divisions are still visible however: Albanians and Bosnians stay in Ulcinj, while Serbs, Macedonians and Serbs from Republic of Srpska stay in the northern points of the Montenegrin Riviera.

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Bosnia Erzegovina - turismo in un paese in transizione

10/08/2001 -  Anonymous User

Sembra che in Bosnia sia tutto in transizione, le aziende, le banche, il turismo, lo Stato, il paese intero. Il vecchio sistema del periodo comunista non esiste più ed in questi anni di dopoguerra il paese sta cercando la strada per trovare una soluzione stabile a tanti problemi e così divenire un paese stabile. La Bosnia d'oggi è attraversata da diversi tipi di turisti, tra i quali anche coloro, forse con un misto di sadismo e di gusto dell'orrido, che oggi vengono in Bosnia Erzegovina per cibarsi con avidità dei segni lasciati dalla guerra. E come scritto dal quotidiano Slobodna Bosna il 2 agosto scorso, c'è qualcuno che pare essersi già preparato a soddisfare tale domanda, proponendo la visita ai simboli di guerra di Sarajevo e Pale. Un operatore turistico indipendente che opera nella capitale, organizza per gli stranieri la visita alla casa del latitante Karadzic - ricercato dal Tribunale Internazionale de L'Aja - alla "modica" cifra di 500 marchi tedeschi, un giro di visita al "Tunnel" sotto la pista dell'aeroporto di Sarajevo - che ricordiamo essere stato in guerra unica via di fuga dalla città - e la visita alle fosse comuni di Srebrenica.

Gli "internazionali"

Se vogliamo parlare della presenza di stranieri in Bosnia Erzegovina, si deve sottolineare che sono tantissimi, tra americani, francesi, italiani e tanti altri. Tutti loro appartengono alla stessa categoria, e denominati "internazionali" dalla popolazione locale. Tra questi troviamo gli appartenenti allo SFOR - la Forza Internazionale di Stabilizzazione, ma anche coloro che operano sotto l'egida dell'OHR (Ufficio dell'Alto Rappresentante), delll'UNHCR (Alto Commissariato per Rifugiati delle Nazioni Unite), della CRI (Croce Rossa Internazionale), delle varie ONG e delle ambasciate. Ma li si può inscrivere nella categoria dei turisti? Se consideriamo che tutti loro sono stranieri, vivono temporaneamente in Bosnia e spendono - parecchia - valuta, forse possiamo azzardarci a farlo. In fin dei conti pagano l'affitto di casa - a prezzi salati, comprano nei negozi - soprattutto in quelli che offrono prodotti d'importazione, mangiano nei ristoranti - di qualità e anche molto cari. Sarajevo oggi è una città vivace e grazie a loro possiede uno standard di vita superiore alla media bosniaca. E la stessa cosa avviene, anche se in scala minore, in città come Mostar e Banja Luka. Ma cosa accadrebbe a queste città, se tutti questi stranieri dovessero andare via?

I "turisti per caso"

Se non fosse per la presenza degli "internazionali" d'inverno le città sarebbero ancora più vuote e desolanti di quanto non siano già. D'estate invece avviene come nei paesi di mare, le città si riempiono di gente: profughi scappati all'estero ai tempi della guerra, che ora tornano a trovare i parenti. Se nei primi anni del dopoguerra le loro visite avvenivano quasi in incognito, di cui si aveva notizia solo nell'ambito ristretto del proprio nucleo familiare rimasto a vivere in Bosnia, ora essi vengono considerati dai residenti dei veri turisti. Ormai fuori dal luogo di origine da molti anni, mostrano su di sé i classici segni dell' "integrazione": vestiti come un qualsiasi svedese, tedesco, italiano, girano per le città con cinepresa o macchina fotografica appesa al collo, e portafoglio alla mano per comprare souvenir. Ma alla fine di quello che doveva essere un "ritorno a casa", partono alla volta dei paesi che li hanno accolti con la sensazione di aver fatto la parte dei "turisti per caso".

Il turismo "religioso"

Unico luogo bosniaco dove i "turisti" ci sono sempre stati - anche negli anni del conflitto - è Medjugorje, anche se molti di coloro che frequentano questo luogo Santo pensano di essere in Croazia. Medjugorje, situata in Erzegovina a circa 40 km a sud di Mostar, non tanto tempo fa era solo un paese, ma l'arrivo massiccio e costante di migliaia di pellegrini in visita ai luoghi dove si dice appaia la Madonna, l'ha trasformata in una città. E se i mesi di maggior afflusso sono quelli estivi, i "turisti" di Medjugorje non si arrestano di fronte all'inverno così come non si sono fatti fermare in passato dalla guerra in corso.
Gli introiti derivanti dal passaggio di tantissimi americani, irlandesi, tedeschi, francesi e italiani, ma ultimamente anche di cechi, slovacchi e polacchi, entrano maggiormente nelle tasche di aziende private, anche se numerosi viaggi di pellegrinaggio vengono organizzati direttamente dalla Chiesa Cattolica bosniaca, in diretto contatto con le "consorelle" straniere, soprattutto quella italiana.

Mare e montagna per i più ricchi

La Bosnia Erzegovina presenta, all'interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, 24 km di costa adriatica che interrompono - sulla carta - il tratto meridionale della costa Croata, isolando Dubrovnik dal resto della Dalmazia. Nei fatti le cose sono invece un po' differenti. Infatti Neum, unico grande centro abitato della costa bosniaca, è in realtà considerata croata, come se esistesse ancora l'autoproclamata Repubblica di Herceg-Bosna (link al libretto ICS dove si parla del 1993) Le istituzioni federali e statali della Bosnia Erzegovina non hanno ancora ripreso il controllo su questa cittadina, che continua ad essere "sorvegliata" dall'Autonomia croata. Gli alberghi costruiti prima della guerra da ditte bosniache di Tuzla, Zenica e Sarajevo per essere utilizzate come luoghi di villeggiatura per i propri operai, durante la guerra sono stati "confiscati" da imprenditori croati grazie al forte sostegno della lobby politica di Tudjman.
Ma anche quest'estate, la maggior parte dei bosniaci si è dovuta accontentare di fare brevi visite ai laghi antistanti alle città di residenza, perché la villeggiatura al mare - anche sulle coste montenegrine dove i prezzi sono decisamente più bassi che in Croazia - per il loro standard di vita rappresenta ancora un miraggio. I laghi più famosi, meta dei brevi viaggi di piacere che i locali si concedono, sono il Boracko Jezero nei pressi di Mostar, e il lago di Modrac frequentato soprattutto dai cittadini di Tuzla. Ma secondo i dati resi ufficiali dalla Televisone TPK di Tuzla, quest'anno la presenza negli alberghi antistanti al lago di Modrac è diminuita di molto a causa dell'inquinamento dell'acqua.
Mostar e Sarajevo vengono considerati luoghi turistici "mordi e fuggi". La gente che viene da fuori si ferma per due o tre giorni e poi continua il proprio viaggio. Le zone montagnose che circondano Sarajevo si riempiono di cittadini sarajevesi per la classica gita domenicale con pic-nic a base di "cevapcici", mentre i turisti stranieri - anche se ancora molto pochi - vi fanno visita d'inverno. Essi vengono più che altro per vedere i luoghi e le piste dove si tennero le Olimpiadi invernali del 1984, e la bassa affluenza è in parte dovuto alla scarsità di strutture alberghiere - di cui molte ancora rase al suolo e non ricostruite - ma anche a causa di un certo tipo di messaggio propagandistico che all'estero fa pensare alla Bosnia come ad un paese dove la guerra non è ancora finita.

L'Ente del Turismo è inesistente

Nessuno è in grado di dire quanti turisti visitino la Bosnia Erzegovina nell'arco di un anno. Innanzitutto perché è difficile capire chi è il "vero" turista, e in secondo luogo perché non esiste un ente turistico che funzioni in maniera coordinata su tutto il territorio nazionale. Ecco che la situazione di transizione si nota anche ambito turistico. Alcune realtà locali si sono auto organizzate, come quella di Banja Luka che ha realizzato una guida turistica dei luoghi da visitare in città e dintorni, ma per la quale ci sono voluti due anni di lavoro. Tra le questioni poco chiare e che sfuggono al controllo, sono le modalità di finanziamento di queste programmi cosiddetti turistici e le proprietà delle strutture d'accoglienza turistica. Infatti ono poche le "organizzazioni" del turismo in regola con il fisco, mentre non si comprende chi sia il proprietario della maggior parte degli alberghi della Bosnia Erzegovina. Una parte di essi è statale, altri sono già privatizzati, alcuni vengono affittati a stranieri per essere usati come sedi di ambasciate. In uno Stato in transizione forse non può che essere così.
E come realtà in transizione non esiste lo Stato, un'istituzione che organizzi un programma unitario. Anzi, qui sono fin troppe: una locale, una federale, una della Repubblica Srpska, una Federale, etc. In Bosnia Erzegovina si combatte da anni anche solo per definire quale sia il souvenir tipico. Mentre a Mostar si continua a vendere l'immagine dello "Stari Most" - Ponte Vecchio - distrutto quasi otto anni fa, Sarajevo offre oggetti tipici del periodo turco come kilim e oggetti in rame battuto. Qualcuno ha anche provato a lanciare sul mercato lo "stecak" - stelle sepolcrali dei Bogumili - come souvenir nazionale, ma è stato un tentativo che non ha attecchito.
La comunità internazionale, presa da priorità ben più urgenti, non si è chiaramente occupata di questo settore. Solo quando si supererà questo periodo di transizione, potremo dimenticare il turismo di transito.

New serbian Government wants to keep its promises

11/07/2001 -  Anonymous User

Before winning the elections in September 2000 Democratic Opposition of Serbia (DOS) promised many things, amongst which fighting against the corruption and crime in all segments of society and penalties for those who have suddenly grown rich over the last ten years.Today, when examining the present Serbian financial situation, everyone can notice that, as Finance Minister Bozidar Djelic said in parliament, "Serbia was a blend of methods of robbing the people, none of which was individually original, but the blend was unique...".
The New Serbian Government is on a way to start fulfilling its' promises.
On 20th June, after five days of debates, the Serbian Parliament has a law sanctioning a one-off tax on extra profit and extra property acquired from the beginning of the Milosevic regime (Danas, 21st June). Djelic' s previously mentioned statement therefore finishes as following "... the blend was unique and the law is therefore unique in legal practice in the world".
This law shall not be levied on those who were directly breaking the law, but on those who were in a position to benefit from the laws which previous regime was adopting to approve its mainly illegal actions. For instance, it was very common to buy foreign currencies by the "official exchange rate" much lower than the real one. This "official exchange rate" existed just for the previous government and their associates. In one period of Milosevic's regime for 1DEM one should have paid about 30 dinars on the street and they (the regime and its associates), at the same time were paying only 6 dinars according to their actually non existing "official exchange rate".
This is not the only example of how this "extreme legalist", as journalist of magazine NIN Tanja Jakobi calls them, misused their functions, robbed various founds, got numerous enormously large flats and houses, etc...

How the law on a one-off tax on extra profits will work?
The progressive rate is going to be from 30 to 90 percent on profit acquired from 1st January 1989 to the day on which the law comes into force. The lower end would tax profit of DEM 100.000 and the higher level would be applied to profit in excess of DM 10 million.
Also the tax will be paid for flats/houses bigger than 90 square metres (here it might be interesting to mention that the Serbian Radical Party suggested the limit to be 200 square metres. However this was rejected). Taxpayers are required to submit their tax forms within 30 days after the law comes into force. Special Government Commission will monitor the whole process while at the same time the part of the Republic Parliament will control its monitoring.
Not much time has lapsed since the Law was brought into the light, and already there are a lot of speculations about who are going to be these taxpayers. Among this guesses there are for instance Bogoljub Karic (called "Braca Karic") who has already found time to comment on the Law on extra profits. It is symptomatic that potential taxpayers, as well Bogoljub Karic speak of this law in the same way. Besides explanations that they are not the one who are going to be obliged to pay the tax, none of them is saying anything directly against it, however they do not miss a chance to give some "advice". Of course not one of them is defending themselves because all of them are waiting to see what are they exactly accused of.
For example Bogoljub Karic, in the Weekly magazine NIN (26th June), is giving examples of companies "Mercedes" and "Fiat" which were working under the fascist regime and were not punished afterwards. "They were even helped by new democratic government" explains one of the brothers Karic.
Djordje Antelj ("NIN", 21st June), Director and owner of the firm "Gemax", first commented on numerous accusations that his firm has been building various things without proper permits by saying that he works for every regime as long as he gets money. After that he said that he finds the Law on extra profits unnecessary because nowhere in the world there are retroactive laws.
Nevertheless it is true that this law is retroactive, however American experts for corruption told that in such an extremist situation something extreme need to be done.

It is actually very amusing to listen to these businessmen and ex-politicians during the rule of the former FRY president Slobodan Milosevic, so very untouchable then and now so full of various explanations and compromises. However people are still very sceptical and due to this scepticism it is plenty enough to mention that many people who were the closest associates of the previous regime joined the new streams of a new democratic government as nothing has happened. Probably the best example of such behaviour is Bogoljub Karic. The BK TV the media house that was reporting the same as RTS did during last ten years, and now it acts like it was all the time the greatest enemy of Milosevic.
The central person in the launching and adoption of Law on extra profits is Serbian Finance Minister Bozidar Djelic. In his interview to the weekly magazine Vreme (21st June) he explained that the Law on extra profits is necessary for people to start to trust again in state institutions, and for everyone to know that no one can act any more as it did in Milosevic's era. He also stated in the Parliament that the money gained by taxing the profits will be used for the poorest among the citizens, who paid have the dearest price during the last ten years.
All in all it is again on citizens to wait hoping that the real bad guys will be punished.

Privatisation - The Major Stumbling Block So Far

03/07/2001 -  Mihailo Antović Nis

The sudden rush about extraditing the former president Milosevic to the Hague Tribunal seems to have given another tumult to the political situation in Serbia. Its political, rhetorical, historical and (pseudo) patriotic consequences have unfortunately out-powered the real reason for the last-minute act: we need (a lot of) money, and we need it badly.
The present economic situation in the country is, speaking in terms of European standards, catastrophic. The first thing a foreign visitor would notice upon entering Serbia are the vehicles on the road - the average age of a Serbian car is 15 years. Scarce new Audis and BMWs are there just to remind us we are actually not in the eighties, and that there is a small minority who did quite well during the former regime. Black-market clothing, toiletries with fake labels, unreasonably cheap food and electricity and pirated property (software, movies, music etc.) have kept the population from bursting out in anger for years. However, in the changed conditions after October 2000, the intention to join the European integration processes means we will be forced to accept two principles: the rule of law and market economy. As for the first principle, courts are regaining their authority pretty slowly, although there is substantial consent within the population that they should pay taxes, respect regulations and cease with any illegal or semi-legal activities which helped them survive during the former period. Market economy, however, begins with privatisation.

Privatisation law is currently being discussed in the parliament. It looks like a compromise between what is called here "shock therapy" (meaning - fire everybody you have to, sell state property quickly and then think what to do once you have the money) and status quo from the Milosevic era, known as "buddy privatisation" (meaning - restricted for the 'buddies', i.e. the chosen loyal businessmen who would split up all the property and snatch the profit). As all the Milosevic trademarks, "buddy privatisation" was accompanied by a seductive cover story: no factories would become majority owned by foreigners, which means 51% (or more) would become the property of the workers, since they would all get the initial equal share of the stocks once the privatisation process began. Many ill-informed workers, and even some trade unions, bought this story, which reminded them of the nostalgic years of the former Yugoslavia when the property was 'common' (as they believed, theirs). Of course, the story was just a fairy tale: in reality, most companies were not privatised at all, since Milosevic's cronies were waiting for them to deteriorate as much as possible so that they could be bought off at ridiculous prices in the end. Those that got privatised were in most cases bought by their former state-appointed executives and their next of kin. True, many workers were given stocks - but hardly any of them knew what those pieces of paper actually meant, and they were often willing to sell them to their 'kind' executives at the prices which to them seemed gigantic (a couple of grand) at the time their monthly salaries equalled 20 DEM or even less. Now it is too late to ask for the stocks back.
The new Government has therefore decided to stop this process and initiate a new type of privatisation - tender-based sell-out to foreign companies (up to 70% of the firms privatised). Their main argument is, paradoxically, historical: since Serbia is ten years late compared with the rest of the transition countries, it can at least take advantage of the historical perspective and not repeat the mistakes associated with some of those countries. One of the mistakes, as claimed by the Cabinet, is giving out free stocks to the workers.
Since the opposition has been using this fact to accuse the government of unfairness and even open brutality to the workers' rights, finance minister Djelic and privatisation minister Vlahovic have been at pains lately to explain to Serbian workers that it would be much better for them to become ordinary, but well-paid labour force in foreign-owned stable factories than 'owners' of non-existent property or, even worse, shareholders of factories up to their ears in debt. But the rhetoric of the opposition in the parliament seems to have alarmed the workers of their rights, and many trade unions are unwilling to comply with the total sell-out of the factories to foreign investors.
There is yet another problem behind the grain. Foreign businessmen care about profit, and profit only, regardless of their mild rhetoric assuring the workers they will all be taken care of. This means many will have to be fired. Large industrial complexes, based mostly in Nis (Electronic and Machine Industries, with smaller factories almost 40,000 workers altogether - with their families almost a half of the city population) and in Kragujevac (with Zastava automobile plant, hosting 11,500 workers). With no investment over the last 10 years, with no former Yugoslav or Soviet markets, these plants have been decaying for years. Their workers have got used to the minimal wages, amounting to 10-30 DEM a month, fictitious job positions (since they don't really work at all) and spending most of their spare time either selling smuggled clothing garments at the local flea market or ploughing their village estate and selling food in town. Their official salaries are indeed humiliating, but they believe they are at least socially secure, since they are officially employed, so no one can deny them their pension. Those who work hardly do what they are qualified for - the horrid reality has made the Machine Industry in Nis use one of its formerly most distinguished facilities for growing mushrooms! Similar stories are heard all over the country.

The Government has been trying to convince the workers that "reducing the labour force" does not mean that they are all automatically fired, but that there would be pre-qualification programmes and guaranteed social aid for the expenses. But the figures are unforgiving: out of 11,500 people, only 4,500 will be kept in the Zastava automobile plant. The rest will not be officially fired, but "pre-qualified" - though no one really knows how frightening this word sounds to a 55-year-old worker who has been assembling cars for the last 35 years. No wonder the trade unions of the factory yesterday (25 june) announced a new strike, although they seemed to have reached an agreement with the Government only five days before. On the other hand, the Government is rushing to extradite Milosevic and others, hoping it would get about $1 billion at the Donor's Conference Friday, and use the money obtained primarily for stifling expected social blows during the autumn.

Finally, some blows have come already. Although "shock therapy" is too tough a phrase, the Government has already carried out some unpopular decisions, such as allowing the prices of food, petrol and electricity to go up. The remaining unpleasant pill to be swallowed is the price of stable and mobile telephony, which was to rise for 60%, but the figure allowed by the Government yesterday stopped at 35%. Finance minister Djelic said earlier this was an important step for many reasons: first, this convinced the IMF that we were serious about the reform, including its less popular sides, such as allowing reasonable prices of basic articles and services; second, these prices have reached their limit for this year, and they cannot go any higher, whereas salaries are expected to continue (?) growing throughout the year, which means truly better standard of the population.
But the population is anxious. Along with these, other prices are also going up, and average monthly salaries of 150 DEM, even though twice higher than those of the previous year, are simply too low to cover even the most basic expenses.
The Serbian Government is therefore in a very delicate position. The latest polls have shown about 50% of the population still firmly in favour of the reform and the new cabinet. But the underlying message was: "do something that will make us feel at least small benefits of what you are doing, and do it quickly, or else..." Premiere Djindjic and his staff know this, and this is why they are rushing towards the Donor's Conference in Brussels and privatisation law.

Istria: terra di brava gente (slogan per le elezioni locali del maggio 2001)

02/07/2001 -  Anonymous User

L'uscita dell'Ids (Dieta democratica istriana) dalla coalizione di governo modifica per la prima volta dopo un anno e mezzo gli equilibri politici in Croazia. I risultati delle elezioni locali di maggio rappresentano il momento di disgregazione e di conflitto più esplicito tra il partito istriano e gli altri membri della coalizione di centro-sinistra.
Articolo di Emilio Cocco.

Montenegro: un viaggio da odissea

01/07/2001 -  Anonymous User

Il viaggio che dal nord Italia ci ha portato in Montenegro è stato qualcosa di catastrofico, con oltre trenta ore tra ritardi, attese e quant'altro. A dire il vero l'odissea è iniziata già al porto di Ancona. Davanti all'ufficio della questura locale ci aspettava una coda interminabile di persone, in attesa del controllo passaporti. Dopo circa mezz'ora di coda la fila si è divisa in due: da un lato i cittadini UE e dall'altro tutti gli altri. Purtroppo non mi sono accorto subito del fatto, e senza farci caso mi sono incolonnato nella fila dei cittadini UE. Mi sono ritrovato davanti al poliziotto, arrogantemente chiuso nel suo gabbiotto, con due passaporti in mano, uno UE (il mio) e uno non UE (di mia moglie). Ha accettato il mio passaporto italiano e ha rimandato mia moglie a rifare un'ora e mezza di coda, facendoci constatare che le difficoltà affrontate negli anni passati per poter viaggiare insieme esistono ancora, e confermando ciò che il Sindaco di Sarajevo aveva dichiarato pochi mesi fa nel suo intervento a "Civitas", sull'esistenza in Europa di cittadini di serie A e cittadini di serie B.
All'arrivo al porto di Bar, dopo un'attesa di circa quattro ore, fermi, immobili, sotto un sole cocente, un uomo in abito bianco - un ufficiale sanitario - ha invita tutti a disinfettarsi le mani e piedi con una sostanza viscosa. Chiediamo spiegazioni, e ci viene risposto che si tratta di una normale profilassi contro alcune forme virali. In particolare si tratterebbe di alcune malattie trasmesse dagli animali, tra le quali ha nominato Afta e altre malattie di cui non ho mai sentito parlare.
Sia alla discesa dalla nave, sia durante il tragitto in macchina verso nord, ho notato che quest'anno la polizia è più tranquilla e permissiva, e lungo la strada non abbiamo trovato alcun posto di blocco. Finalmente, verso le nove di sera siamo arrivati a Kotor. La città era completamente al buio, a causa di un black out che ha lasciato tutti senza energia elettrica per una manciata di ore. Qui ormai la gente non ci bada più di tanto, perché rimanere senza energia elettrica è diventata parte della routine quotidiana. Non va molto meglio nemmeno con l'acqua, che manca regolarmente dalle undici del mattino alle tre del pomeriggio, per poi essere riconcessa fino alle sette di sera e nuovamente tolta fino alla mattina successiva. Ma non ci si deve sorprendere, perché in Montenegro tutto questo fa parte della norma. Anche la situazione dell'agricoltura è pessima a causa della siccità. Non piove da circa due mesi e la vegetazione è completamente secca, grazie al sole che batte feroce portando la temperatura a 40 gradi durante il giorno e di notte non scende mai al di sotto dei 30 gradi.
Tuttavia sembra che la stagione turistica proceda molto bene, erano anni che non si registrava una presenza così alta di turisti, come risulta anche dalle dichiarazioni di uno dei più grandi proprietari alberghieri della zona - Nenad Bjelobrkovic. Molti sono arrivati anche dall'Albania, ed è la prima volta in dieci anni che si vedono numerose automobili con la targa "AL", sigla automobilistica internazionale di quel paese. Anche sulla nave in partenza da Ancona si notava la forte presenza di albanesi - il 90% del totale dei passeggeri - anche se molti di loro possedevano passaporto Jugoslavo. Quasi tutti gli albanesi sbarcati con noi si sono diretti a Ulcinj - città montenegrina al confine con l'Albania - dove c'è una forte presenza della minoranza albanese del Montenegro, da cui si capisce il motivo delle indicazioni bilingue usate dalla maggior parte degli esercizi commerciali.
Secondo dati emersi dalle agenzie turistiche tutti gli alberghi della costa montenegrina hanno raggiunto il pieno grazie anche all'arrivo di turisti dalla Serbia, dalla Bosnia Erzegovina, dall'Ungheria, dalla Cecoslovacchia e dalla Slovenia.

Crisi in Macedonia: l'etnia non c'entra

28/06/2001 -  Anonymous User

Non sono conflitti etnici quelli che scuotono la Macedonia e l'Albania e che presto potrebbero lacerare il Montenegro. Sono conflitti politici ed economici. Uomini politici la cui identità etnica è posticcia legittimano politiche servili verso Fondo Monetario, Banca Mondiale e USA tramite appelli etnici. Cartelli multietnici si formano per il controllo dei flussi di risorse che traversano i Balcani, destinate ai mercati europei: i conflitti "etnici" servono solo per ampliarne lo spazio di manovra. Questi cartelli governano la transizione dei Balcani verso un'economia di mercato. Ne hanno già definito i contorni mediando i propri interessi con quelli dei poteri globali. Questi interessi si concentrano su alcuni nodi, quelli che permettono il controllo dei flussi di merci dall'Asia verso l'Europa.

Privatizzazione e corruzione

25/06/2001 -  Anonymous User

Privatizzazione selvaggia o privatizzazione diretta?

A differenza dalla maggior parte dei paesi dell'Europa centrale ed orientale, paesi della cosiddetta transizione, la privatizzazione in Croazia non è stata ne' selvaggia ne' equa. E' stata concepita in chiave di 'rinnovamento nazionale' pianificato o, meglio, sognato, da parte di Franjo Tudjman.
Primo passo del processo di privatizzazione è stato trovare uno o più soggetti titolari della proprietà. Nella ex-Jugoslavia la proprietà sulle fabbriche, sugli istituti bancari ecc. non era definita 'statale', come nei paesi del Patto di Varsavia, ma 'sociale', sulla base dell'idea di autogestione.
La Slovenia ha, per esempio, risolto il problema della proprietà astratta, distribuendo - con il sistema dei vaucher - una parte delle azioni ai cittadini, inclusi anche i neonati, e il resto ai dipendenti delle ditte ex-sociali. Qualcosa di simile (ma con la preferenza assoluta per i lavoratori, attuali ed ex) ha pensato di fare anche l'ultimo presidente jugoslavo, il riformista Ante Markovic. Ma non c'è stato il tempo di realizzare queste idee, a causa del crollo della Federazione Jugoslava, della guerra, ecc. Tudjman ha invece prima statalizzato, nazionalizzato, la proprietà sociale, in modo tale che lo Stato diventasse titolare e proprietario. Una parte di questa nuova proprietà statale e' stata poi destinata alla privatizzazione. Ma non si è trattato di una vendita secondo criteri di mercato. L'Agenzia statale per la privatizzazione (al cui vertice è stato per un certo periodo il futuro primo ministro Zlatko Matesa, presidente dell'ultimo governo dell'Unione Democratica Croata (HDZ), e dopo di lui Ivan Penic, ultimo ministro degli interni nel governo di Matesa) doveva seguire i criteri definiti da Tudjman stesso. La vendita era controllata. Il criterio centrale era 'l'interesse nazionale': "la Croazia non può essere ricca, se non sono ricchi i Croati"; a partire da questo slogan si è giustificato il progetto tudjmaniano di affidare a duecento famiglie, croate e cattoliche, la proprietà della maggior parte della ricchezza nazionale per rassicurare e garantire lo sviluppo del paese. Non era lecito, ad esempio, vendere la proprietà agli stranieri nè ai Croati che non godevano la fiducia di Tudjman. Coloro i quali avevano appoggiato finanziariamente la costituzione dell'HDZ, o avevano comprato armi per la Croazia, diventata nel frattempo uno stato indipendente, potevano invece diventare proprietari o anche azionisti maggioritari delle ditte economicamente sane, a basso costo o, in alcuni casi, addirittura gratuitamente. Un esempio su tutti: Andronico Luksic, uomo d'affari cileno di origini croate, già molto vicino al regime di Pinochet, ha potuto comprare la birreria di Karlovac, alberghi istriani, ecc. pagando somme quasi simboliche; in questo modo Tudjman ha compensato l'aiuto finanziario che Luksic aveva concesso all'HDZ e all'esercito croato.
Ci sono moltissimi esempi di questa privatizzazione diretta dall'alto. Il metodo usato era il seguente: un certo candidato, legato per parte paterna ad una tra le duecento famiglie elette, non possedeva il denaro per l'acquisto, ma era stato designato da Tudjman come acquirente di una proprietà. Chiedeva dunque all'agenzia di comprare una fabbrica, che pagava con credito ottenuto ad hoc da un istituto bancario di proprietà statale. Il pagamento regolare del debito era garantito con l'ipoteca sulla fabbrica. A questo punto poteva scegliere: o intensificare la produzione, o vendere pezzo per pezzo la proprietà della fabbrica (macchine, proprietà del terreno, edifici...) al capitale estero, unico a disporre di mezzi finanziari, e trasferire il denaro a Malta, in Svizzera, e specialmente alle Isole delle Vergini nei Caraibi (molto ambite dai nuovi ricchi croati).

L'impatto sociale

La maggior parte dei nuovi proprietari ha scelto la seconda via. L'esempio più eccellente e' quello del famoso Miroslav Kutle, proprietario formale nel 1997 di quasi un terzo della ricchezza nazionale. Proprietario formale perché proprietari erano in realtà cinque soci, quattro conosciuti, un quinto sconosciuto (sembra che si trattasse di Ivic Pasalic, ma non vi sono tracce che lo confermino: tutti i contratti e i documenti rilevanti sono spariti durante un furto nell'ufficio di un notaio, a Zagabria, prima del 3 gennaio 2000, data del tracollo dell'HDZ). Molto denaro è sparito alle Isole delle vergini o in qualche altro luogo, alcune solide ditte sono fallite (tra le altre, la 'Diona', la rete di negozi più grande in Croazia, la 'Tisak', rete di distribuzione di tabacchi e giornali) e migliaia di dipendenti sono diventati disoccupati.
Ma ci sono anche esempi diversi (piuttosto rari). Uno dei personaggi preferiti da Tudjman, Ivan Todoric, e' diventato, in base alla prassi descritta, proprietario d'una parte rilevante dell'industria alimentare, inclusa la rete commerciale per gli alimenti 'Konzum'. Ma ha stabilizzato e rafforzato il lavoro fino all'indipendenza dall'HDZ, stabilendo con i sindacati un accordo a livello europeo. La sua impresa è ancora oggi funzionante senza difficoltà di rilievo e si trova in costante espansione. L'industria farmaceutica 'Pliva' di Zagabria e l'industria alimentare e cosmetica 'Podravka' di Koprivnica sono diventate vere multinazionali, tramite contratti di collaborazione commerciale e finanziaria con diversi partner esteri (come scrive il Jutarnji list, la 'Podravka' si trova negli ultimi giorni in difficoltà, ma senza timore di un crollo). Il 15 giugno e' stata pubblicata la notizia che la 'Pliva' è stata comprata da un'industria farmaceutica tedesca. Il direttore generale della 'Pliva' ha risposto all'accusa che la ditta non e' piu' una ditta croata, dicendo: ''Pliva' e' una ditta croata nella misura in cui 'Nokia' e' una ditta finlandese, o 'Nestlé una ditta svizzera".
Negli ultimi anni di governo dell'HDZ quasi ogni imprenditore che comprava una ditta doveva regolarmente sottoscrivere un contratto, sulla base del quale si impegnava a non diminuire il numero del personale impiegato. Questo contratto restava però senza effetti reali nel caso di fallimento della ditta, provocato dalla trasformazione della produzione in denaro trasferito alle Isole delle vergini o altrove. Così, il numero dei disoccupati è aumentato di giorno in giorno e la società si è spaccata in una minoranza di ricchi e benestanti e in una maggioranza di disoccupati, mal pagati e lavoratori in nero.
Grazie alle pressioni internazionali, e specialmente grazie al crollo o alle difficoltà molto serie dei diversi istituti bancari, negli ultimi anni di governo dell'HDZ in Croazia si e' intensificata l'entrata di capitale finanziario estero, che ha comprato quasi tutte le banche sopravissute (in primo luogo si tratta di capitale tedesco e specialmente proveniente dal nord Italia). Con una politica monetaria rigida il governo è riuscito a ristabilire il corso della moneta nazionale, ma a farne le spese è stata l'esportazione, diventata quasi impossibile, e soprattutto il livello di vita della maggior parte della popolazione. Questi fatti possono contribuire a spiegare il crollo dell'HDZ.

Nuovo corso in difficoltà

La promessa elettorale della nuova coalizione vincente era in primo luogo la seguente: fare subito una revisione radicale della privatizzazione e iniziare la lotta contro la corruzione, una tra le caratteristiche principali del periodo precedente. Kutle e' stato arrestato e con lui più di venti nuovi ricchi (ma la maggior parte di loro godono ancora oggi i frutti di una privatizzazione vantaggiosa: nonostante sia senza ogni proprietà, Kutle stesso, dopo 15 mesi di reclusione, in libertà provvisoria, ha dichiarato che un giorno continuerà la carriera di imprenditore). L'economia nazionale e' stata rilevata dal nuovo governo in condizioni di devastazione senza precedenti e cosi è stato necessario proseguire con i licenziamenti e con le chiusure (più precisamente: con le bancarotte) delle imprese, private delle potenzialità per una ristrutturazione. Nel 2000 si sono registrate, secondo l'ammissione del nuovo presidente dell'Agenzia statale per la privatizzazione Hrvoje Vojkovic (HSLS Partito Social Liberale), più di 300 casi di bancarotta.
D'altra parte non c'era consenso politico tra le componenti della nuova coalizione governativa sulla necessità di realizzare la promessa elettorale principale. La legge sulla revisione della privatizzazione e' stata messa nell'agenda parlamentare soltanto negli ultimi giorni, ed e' tutto tranne che una legge che apra uno spazio per una revisione radicale; piuttosto si potrebbe dire che rappresenta un compromesso tra lo status quo e l'urgenza di fare qualche cosa in direzione della promessa elettorale.

Privatizzazione oggi

La privatizzazione oggi procede in modo ancor più intensivo che nel periodo di Tudjman. Ora vigono criteri economici e commerciali. Si vende talvolta senza garanzie per i dipendenti. E così accade, come in un caso recente, che il nuovo proprietario della Istarska Banka di Pola, Regent Fond, licenzi trenta lavoratori definiti 'manodopera superflua'. Secondo Novi list dal 20 maggio, sembra che in questo caso tutti siano soddisfatti perché i licenziati percepiscono una liquidazione di dieci stipendi mensili. Ci sono però, riguardo alla privatizzazione e gli effetti che essa produce, controversie molto acute. Alcuni esempi.
Ci sono le polemiche aspre riguardo alla vendita agli stranieri degli alberghi sulla costa adriatica. Il governo ha deciso di privatizzare tutte le risorse turistiche possibili, nel periodo più breve possibile. Precisamente, nell' arco di due mesi. Ci sono due principali pretendenti alla privatizzazione dell'industria turistica, ambedue croati. Uno e' il già menzionato Andronico Luksic, vicino alla destra radicale; l'altro è Goran Strok, imprenditore di Londra, vicino all'SDP (Partito Social Democratico). L'IDS (Dieta Democratica Istriana) ha contestato questa idea di privatizzazione aggressiva e questo sarebbe il motivo principale per cui il partito ha deciso di passare all'opposizione. In questo senso, i funzionari dell'IDS Damir Kajin e Marino Folo hanno severamente accusato la politica che trasforma la costa istriana in una zona praticamente extraterritoriale.
La fabbrica di tabacco di Rovigno (TDR), per citare un altro esempio, si è appropriata, tramite una sua ditta turistica (la 'Jadran-turist'), di 200 ettari di terreno presso Rovigno, e ha intenzione di appropriarsi di terreni a Versaro e Cittanova. Tra l'altro, la TDR possiede anche due isole istriane: San Giovanni e Strugaro. Una polemica molto dura riguarda la cosiddetta 'guerra delle sigarette'. TDR ha chiesto al governo di proibire la vendita della fabbrica di tabacco zaratina alla multinazionale BAT, definendo gli investimenti della multinazionale superflui e distruttivi. TDR vuole comprare la fabbrica zaratina, evidentemente per ottenere il monopolio nel paese e nella regione. Un commento molto significativo arriva dal cronista del Jutarnji list, Ratko Boskovic: "TDR parla degli interessi del popolo croato, ma produce superprofitti con i quali i suoi proprietari comprano ogni anno una parte della riviera adriatica." Vojkovic risponde che le accuse dell'IDS non si reggono su fondamenti economici, ma sono ispirate dalla politica. Il presidente del Sonaewest Shopping, Ted Kupchevski (che in questo momento dice di non avere nessun interesse a comprare risorse turistiche croate) dichiara che gli investitori esteri ora hanno interesse esclusivamente per la costa adriatica, ma nel futuro potrebbero acquistare anche all'interno; e aggiunge: "la Croazia deve cambiare le leggi per facilitare l'ingresso del capitale estero nel paese, se vuole essere integrata in Europa" (Jutarnji list, 25 maggio).
C'è in corso anche una guerra tra banchieri italiani, sul mercato croato. Alessandro Profumo di UniCredito ha contatti spesso diretti con il governatore della Banca nazionale croata, Zeljko Rohatinski. UniCredito possiede già la Splitska Banka ed ora vuole comprare anche la Zagrebacka Banka. Il concorrente più forte e' la Banca Commerciale Italiana che già possiede la Privredna Banka di Zagabria, l'istituto bancario più forte nel paese. Il capitale estero possiede in questo momento circa l'85% del capitale bancario croato.
C'è l'intenzione di vendere il porto fiumano alla ditta italiana Contship. Il 30 maggio i rappresentanti del porto e della ditta italiana (che tra l'altro possiede il porto di Gioia Tauro) hanno controfirmato un contratto sulla collaborazione tecnico-commerciale, che potrebbe segnare l'inizio della privatizzazione del piu' grande porto croato. Molti temono che queste vendite, effettuate rapidamente per guadagnare il denaro necessario al normale funzionamento dell'apparato statale, producano per il governo croato difficoltà ancora più grosse di quelle già registrate. Come dice Nada Kolega Gril (Jutarnji list, 27 maggio), c'e quasi unanime consenso tra gli economisti e tra moltissimi manager nel definire il processo in corso come un processo di perdita delle infrastrutture nazionali e come l'inizio della trasformazione della Croazia in un paese dipendente in senso neocoloniale.
La linea politica seguita dal vice primo ministro Goran Granic (HSLS) conduce ora alla vendita della compagnia petrolifera nazionale INA e del distributore nazionale monopolista dell'energia elettrica HEP. Tramite questa vendita, il capitale straniero controllerebbe, oltre al sistema bancario, anche le infrastrutture. Così pensa la Presidente del sindacato maggioritario della INA, Dubravka Corak.

Una delle conseguenze di questa accelerata privatizzazione e' il venir meno dei diritti dei lavoratori. Il presidente Stipe Mesic ha recentemente criticato in modo molto duro la politica governativa: invece di diminuire i diritti sindacali, il governo dovrebbe insistere sul congelamento dei conti bancari delle persone che hanno trasformato la proprietà produttiva privatizzata in denaro trasferito al estero. Ma sembra che il governo croato non vi badi troppo.

Articolo

21/06/2001 -  Anonymous User

"Le indagini dureranno molto tempo, ed io sono preoccupata per il destino della Hercegovacka Banka". Lo dice Toby Robinson - americana, direttrice temporanea dell'HB, imposta dall'Alto rappresentante Wolfgang Petrisch - in un'intervista rilasciata a Slobodna Bosna, il 14 giugno scorso.
Non possiamo ancora dimenticare gli incidenti alla Hercegovacka Banka
del 6 aprile scorso, quando
la signora Robinson dovette letteralmente fuggire dalla
banca, sotto le minacce e le pietre lanciate dagli
estremisti croati. In quell'occasione alcuni carabinieri italiani furono presi in ostaggio ed
alcuni di loro vennero gravemente feriti.

Dopo un periodo di silenzio, l'Alto rappresentante, con
l'aiuto dello SFOR, ha organizzato un'ulteriore incursione nella
Banka, riguadagnando il controllo della situazione E' da allora che
comincia il duro lavoro della signora Robinson, che
ha il compito di controllare la situazione nella banca e
scoprire tutti i conti irregolari.
La Robinson ha alle spalle una carriera analoga
nei Stati Uniti: "Per lungo tempo ho operato in
banche che avevano molti problemi, soprattutto in
Texas, negli anni Ottanta. Adesso vivo e lavoro tra
Sarajevo e Mostar. E' importante concludere questa fase di controllo
della contabilità il più presto possibile".

Riguardo alla collaborazione da parte degli impiegati della
Herzegovacka Banka di Mostar, la Robinson dichiara che, su 275, soltanto un paio le stanno
dando una mano, mentre gli altri sono occupati a garantire il funzionamento tecnico della banca.

I documenti da controllare sono 1,1 milione e l'operazione è soltanto all'inizio.
Una delle anomalie scoperte riguarda un
conto di 54 milioni di marchi tedeschi, denaro della Repubblica
croata. Considerando che il
capitale della Hercegovacka Banka è di 20 milioni di marchi
tedeschi, questo conto è sospettato essere una transazione illegale. E' prematuro dire se e quando vi sarà un procedimento legale.
Si tratta probabilmente di una delle ragioni per cui Petrisch ha ordinato di effettuare i controlli.

L'attuale problema è, poi, stabilire priorità nell'erogare il denaro. La
soluzione che si prospetta sembra essere quella di bloccare tutti i conti. La
Hercegovacka Banka, banca centrale della Bosnia Erzegovina, dispone infatti di 20 milioni
di marchi tedeschi: il Ministero delle Finanze ne chiede 17, al contempo il Fondo pensionati
ne chiede 14. A chi dare il denaro? Forse, una pensionata di Mostar ha bisogno davvero di poco, per sopravvivere.

La revisione delle privatizzazioni

21/06/2001 -  Anonymous User

Slobodna Dalmacija (16.06) informa che la Commissione Governativa per la revisione della privatizzazione ha ricevuto fin'ora soltanto 89 richieste di revisione. La portavoce della Commisione, Biserka Coh Mikulec, ha dichiarato che le prime informazioni sulla revisione si potranno avere sulla base della legge che definisce la materia e gli standard internazionali, che saranno applicati al procedimento di revisione soltanto a partire dal 24 novembre. Ma il Presidente dell'Ufficio Statale per la Privatizzazione Hrvoje Vojkovic insiste sulla revisione totale dell'ultimo ciclo della privatizzazione; l'Ufficio ha in proposito iniziato anche alcuni processi giudiziari, scrive Andrea Koscec (Jutarnji list, 19.06).

Articolo

20/06/2001 -  Anonymous User

Secondo le ultime statistiche delle istituzioni
bosniache il debito estero del paese è di 2 miliardi e
239 milioni di dollari. Il vecchio debito, cioè quello
ricevuto in eredità dell'ex Jugoslavia è di 1,258
milioni di dollari, mentre quello postbellico è di 'soli' 718
milioni di dollari. Il debito ereditato ammonta quindi al 64%
del debito totale e secondo statistiche abbastanza
precise sembra che, di conseguenza, ogni abitante della Bosnia Erzegovina sia già
indebitato per 629 dollari.
La Bosnia ha inoltre un rapporto sfavorevole
tra il debito estero e il prodotto nazionale: il budget annuale della Bosnia è di circa 1,3 miliardi di dollari, un miliardo di
dollari inferiore al debito estero totale.
Unica attenuante è che la maggior parte dei debiti
della Bosnia sono crediti a lungo termine, a 30 o
40 anni, con un tasso d'interesse minimo di
0,75% l'anno.

La situazione è veramente difficile, ma i bosniaci si
consolano con il fatto che i loro vicini di
casa hanno un debito superiore. Ad esempio, il debito
della Croazia è di 10,8 miliardi di dollari e quello
della Jugoslavia attuale di 12,2 miliardi.

La scalata di Unicredito-Allianz a Zagrebakca

18/06/2001 -  Anonymous User

Durante quest'ultimo mese, molti giornali italiani, croati ed europei hanno parlato della "scalata" da parte di Unicredito, in consorzio con l'Allianz AG, alla Zagrebacka banka. Inizialmente la scalata era prevista - in attesa del "via libera" da parte delle banche centrali croata e italiana - per il prossimo luglio, ma è stata "rinviata" dopo che il 6 giugno la Banca centrale croata ha comunicato "con le buone", cioè senza un aperto rifiuto, che stava "valutando le garanzie sull'indipendenza monetaria e valutaria della Croazia".
Articolo di Aleksandra Sasa Sukur.

Articolo

18/06/2001 -  Anonymous User

L'8 giugno, mentre a Valona si stava svolgendo una conferenza importante con un nome altrettanto significativo, "Valona, la porta dei Balcani", organizzata dall'Associazione degli imprenditori italiani in Albania, dalla magistratura italiana viene emesso un ordine internazionale d'arresto per la presidentessa di questa associazione, Cristina Busi. La Busi, oltre ad avere questo incarico, e' anche la principale azionista di Coca Cola Bottling Enterprise Tirana, uno dei primi investimenti stranieri in Albania. Lei viene accusata di evasione fiscale tramite l'emissione di fatture false di un valore estimabile in circa 40 miliardi di lire, fatta ad aziende di Catania. Alla conferenza partecipava tra gli altri anche l'Ambasciatore italiano in Albania, Mario Bova. Dopo essere stati informati sull'ordine d'arresto, l'Ambasciatore e i rappresentanti della Guardia di Finanza Italiana in Albania si sono allontanati dalla Conferenza. L'imprenditrice Busi ha rilasciato una dichiarazione pubblica, nella quale affermava che si sarebbe presentata al tribunale di Catania il giorno dopo. Invece e' stata arrestata l'indomani dalla polizia Albanese mentre stava cercando di andare in Montenegro.
Se questo avvenimento sta creando notevoli problemi ai latitanti italiani che non vedono più l'Albania come un rifugio sicuro, andando quindi a spostare le proprie basi verso il Montenegro, c'e' anche il rovescio della medaglia, ovvero il fatto che 3 milioni di albanesi hanno visto crollare davanti ai loro occhi il mito della Coca Cola e quello dell'imprenditoria italiana. Ora c'e' quindi il rischio che, con Cristina Busi, si impersonifichino tutti gli investitori stranieri che intervengono in Albania e tra gli albanesi tira aria di sfiducia. Questo sconforto e' stato accelerato anche dal fatto che nello stesso tempo della notizia dell'arresto, il nuovo vice premier italiano, Gianfranco Fini, ha dichiarato che se non viene fermato il flusso degli scafisti, l'Italia bloccherà i rapporti diplomatici con l'Albania, e che solo due giorni dopo sono stati espulsi 60 immigranti clandestini albanesi residenti in Italia. E' risaputo che le rimesse degli emigranti e purtroppo anche i traffici illeciti sono le maggiori voci di entrata dell'economia nazionale, per cui gli albanesi vivono con una certa apprensione il nuovo corso delle vicende italiane.

Ordinaria globalizzazione

16/06/2001 -  Michele Nardelli

C'è un luogo dove le dinamiche della globalizzazione si esprimono in forme anticipatorie tanto da farne uno snodo emblematico di indagine sulla post modernità. E che si tende ad ignorare, un po' perché la rimozione è il tratto caratteristico del nostro rapporto con questa parte d'Europa tanto diversa e ricca di civiltà e intrecci culturali, un po' perché non rientra negli schemi semplificati ai quali ci ha abituato il '900.

La lettura degli avvenimenti balcanici degli ultimi dieci anni come il prodotto di arcaici risentimenti nazionali ed etnici, quanto meno superficiale, ha contribuito a non far cogliere appieno il segno di questa moderna tragedia nel cuore dell'Europa. Certo, dieci anni di guerre non si spiegano senza una base ampia di consenso ed il richiamo nazionalistico ha avuto esattamente questa funzione. Così il disegno di una nomenklatura che decide di succedere a se stessa, può anche essere considerato il colpo di coda nell'agonia dei vecchi regimi, ma questa semplificazione non aiuta certo a capire.

C'è qualcosa di terribilmente moderno nelle vicende che hanno segnato i Balcani degli anni '90, che ha a che vedere con le dinamiche della globalizzazione nella crisi degli stati, nel prevalere della dimensione finanziaria dell'economia, nel controllo dei corridoi strategici fra l'Europa, il Caucaso e l'Oriente, nella sperimentazione dei più sofisticati sistemi d'arma e nell'intreccio fra deregolazione e neoliberismo. Uno scenario nel quale non possiamo non rispecchiarci.

Anche le maschere di questo tragico giuoco, che hanno interpretato al meglio il ruolo loro assegnato di croupier di un'immensa area off shore dove l'unica regola è la corruzione, assomigliano in maniera inquietante a certe maschere di casa nostra. Come dovrebbe far riflettere che a certe cancellerie occidentali personaggi come Milosevic fossero più funzionali di Kostunica, Karadzic di Dodik o di Ivanic, Tudjman di Racan, e così via.

È come se con la fine del bipolarismo si fosse aperta un'enorme voragine in grado di funzionare come fattore di attrazione di illimitati traffici ed affari, dove allocare i santuari dell'accumulazione finanziaria. Il che dovrebbe far riflettere sulla natura di chi ha vinto la partita del secolo scorso, come del resto sull'annebbiamento delle coscienze lasciato in eredità dai regimi.

Non è affatto casuale che gli industriali del nord est si riuniscano non a Treviso ma a Timisoara, in Romania, laddove 7203 imprese italiane imperversano nello sfruttamento di manodopera a costo zero, nell'assenza di regole né ambientali, né tanto meno sociali. O che i Balcani siano diventati lo snodo dei traffici più criminali, armi, droga, sigarette, per non parlare del traffiking di donne e bambini, del riciclaggio del denaro sporco, in un intreccio fra economia legale ed illegale dai contorni sempre più sfumati.

Così come non è per nulla casuale che i paesi dell'est europeo stiano diventando la pattumiera di un modello di sviluppo immorale, dissipativo ed insostenibile. All'eclatante decisione del parlamento russo di trasformare la Siberia in un'immensa discarica nucleare, corrispondono i mille episodi, solo in minima parte conosciuti, di trasformazione dei vecchi siti minerari di quella che un tempo era la Jugoslavia in altrettanti depositi di scorie tossiche e radioattive provenienti da ogni parte del mondo.

Deregolazione e povertà, poteri mafiosi e corruzione, sono gli ingredienti attraverso i quali l'altra metà dell'Europa viene inclusa ed esclusa al tempo stesso. Un immenso casinò, dove si gioca sul presente e sul futuro di un'umanità annichilita dalle macerie del comunismo e delle guerre, comprese quelle "umanitarie", compreso il "circo umanitario" che spesso le segue, altrettanto invasivo ed insostenibile. Pensare che non ci ricada addosso è solamente irresponsabile.
La globalizzazione non è un'astrazione ideologica, è il nostro presente. Capirne gli effetti è importante quanto contestarne le rappresentazioni.