Sono scesi in 20mila nelle strade di Mitrovica per dire “no” all'accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina. La risposta dei serbi del Kosovo settentrionale all'intesa della settimana scorsa era prevedibile. E infatti, ieri mattina, è arrivata puntuale.
Secondo l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, nel periodo tra il 1991 e il 1995 i serbi che lasciarono la Croazia furono almeno300.000 .
Dopo 14 ore di negoziati a Bruxelles i primi ministri di Kosovo e Serbia, Hashim Thaçi e Ivica Dačić, se ne sono ritornati a casa un'altra volta senza accordo. Belgrado e Pristina si rimandano la responsabilità del fallimento.
“Non possiamo accettare questo accordo, ma vogliamo riaprire subito i negoziati con Pristina”. Il governo serbo, per voce del premier Ivica Dačić, ha rigettato ieri la proposta di accordo sulla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo mediata dall'Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri Catherine Ashton.
“Il divario tra le parti è ora molto stretto, ma resta profondo”. Questa l'istantanea dell'ottavo e inconclusivo round di negoziati sulla normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Serbia e Kosovo fatta da Cahterine Ashton, Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri.
Si incontrano oggi per la settima volta a Bruxelles le delegazioni di Pristina e Belgrado, guidate dai rispettivi premier Hashim Thaçi e Ivica Dačić. Obiettivo: giungere ad un accordo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo.
Lo scorso gennaio il tribunale di Belgrado, giudicando sul ricorso presentato dall'ex internato Mujo Vatreš, ha ordinato per la prima volta il risarcimento di un cittadino bosniaco per la detenzione subita nei campi di internamento creati in Serbia negli anni '90.
Cartelli stradali, cassonetti e i cestini per l'immondizia, tabelle di negozi, taxi e trasporto urbano, forme e linee di tombini e semafori, necrologi affissi sui muri, forma e disposizione delle fermate di tram e autobus, idranti, baracchini dei fast-food ai lati di strade e piazze.
Ieri sera a Bruxelles, alla presenza dell'Alto rappresentate per la politica estera UE Catherine Ashton, i presidenti di Serbia e Kosovo Tomislav Nikolić ed Atifete Jahjaga si sono stretti la mano e hanno dialogato allo stesso tavolo per circa un'ora.
Alla fine, il monumento è andato giù. Anzi su. Ieri mattina, alle prime luci di una livida alba d'inverno, la pala del bulldozer l'ha sollevato di peso, depositando la grossa stele di marmo su un camion parcheggiato pochi metri più in là. Intorno, in un silenzio quasi irreale, decine di agenti della gendarmeria serba armati fino ai denti, e alcune troupe di giornalisti. Il camion è poi partito, uscendo dalla città, destinazione ignota.
Da alcuni giorni l' Europa sud orientale è stata colpita da una forte ondata di maltempo. Pesante la situazione soprattutto in Serbia e Croazia: nei due paesi sono state registrate almeno sei vittime.
Hashim Thaçi e Ivica Dačić, primi ministri di Serbia e Kosovo, si sono incontrati ieri a Bruxelles per la terza volta nell'ambito del dialogo bilaterale facilitato dall'Alto rappresentante europeo per la politica estera Catherine Ashton.
Cosa unisce Belgrado e Città del Messico? Sono entrambe città che hanno statue di Heydar Aliyev, ex presidente dell’Azerbaijan e padre dell’attuale presidente Ilham.
Dopo Turchia, Macedonia, Kosovo, Albania, Croazia e Serbia, negli ultimi mesi è sbarcato in Bosnia, Montenegro, Grecia e Bulgaria. Solimano il Magnifico (Süleyman Kanuni), il più grande tra i sultani discendenti da Osman, è tornato nei Balcani. Stavolta, però, le sue armi di conquista non sono giannizzeri e cannoni, ma cospirazioni di palazzo e intrighi amorosi.
ll 5 ottobre 1992 partì l’iniziativa Telefonski Most nella sede dell’Arci a Milano. Due telefoni e un mixer, un ponte telefonico italiano tra abitanti di Croazia e Serbia che non potevano più comunicare a causa della guerra.
A pochi giorni dalla data ufficiale (6 ottobre) ancora non si sa se il Pride belgradese avrà luogo, nel frattempo non sono mancate polemiche e incoraggiamenti
"Paprike" ovunque. Rosse, splendenti, aromatiche. Appese ad asciugare in lunghe collane sulle pareti esterne delle case, affastellate negli spazi nascosti dei cortili, mosse appena dal vento ancora caldo che, da sud, accarezza la valle ondulata della Morava. Tutta la regione di Leskovac, in Serbia meridionale, è famosa per la qualità e l'abbondanza dei suoi peperoni, dolci o piccanti. Tra settembre e ottobre, stagione della raccolta, il villaggio di Dolna Lokošnica, diventa però il vero regno della "paprika": utilizzata per ripieni di carne, riso e formaggio (sir) oppure tritata per dare vita ad una spezia odorosa e penetrante. "Senza paprika", dicono i suoi abitanti, "a Dolna Lokošnica non c'è vita".
Momento storico? Coraggio? Opportunismo politico? La stretta di mano tra l'ex presidente serbo Tadić e il premier kosovaro Thaçi, avvenuta la scorsa settimana a margine del “Croatia summit” di Dubrovnik, ha scatenato reazioni contrastanti.
L'ex ministro degli Interni e leader del Partito socialista serbo ha ottenuto oggi l'incarico dal presidente della Repubblica per la formazione del nuovo esecutivo
Elezione dell’ex ministro degli Esteri serbo alla presidenza dell’Assemblea generale dell’ONU: una vittoria per la Serbia, non molto gradita nel resto dei Balcani.